MONDAZZOLI – FACCI: “LA VERITÀ È CHE NOI ITALIANI NON LEGGIAMO UN TUBO, E RIZZOLI AVEVA UN ROSSO DA PAURA” – MANCUSO: “NESSUNO FA RIFERIMENTO A QUEL CHE DAVVERO GLI SCRITTORI PERDONO: IL PASSAGGIO DA UN GRUPPO ALL’ALTRO, CON ANTICIPI SEMPRE PIÙ GENEROSI” - E ORA COME FACCIAMO LO STREGA?

Su Repubblica Sandro Veronesi si preoccupa della piccola editoria sempre più in difficoltà: è più nobile non lamentarsi per la propria sigla – Bompiani, nel caso – ma per la sorte dei “bambini meno fortunati di noi”, come si diceva raccogliendo carta stagnola per le missioni e i piccini neri....

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1. DEPRESSO CHI LEGGE

Filippo Facci per “Libero Quotidiano”

 

marina mondadori marina mondadori

Mondadori ha comprato Rizzoli: che cosa chiedono i sindacati? "Garanzie". Che cosa esprime la Cgil? "Preoccupazione". Che cosa esprime Franceschini, ministro della Cultura? "Preoccupazione". Anche lui. Bene, ora possiamo andare a pranzo. Prima però Franceschini vuole aggiungere che "il governo non può e non deve intervenire" (ci mancherebbe, e comunque Franceschini l'aveva già detto) e poi che "valuterà l'Antitrust" (lo sapevamo, aveva già detto anche questo).

 

BENNI FRANCESCHINI BENNI FRANCESCHINI

Benissimo, possiamo pranzare: c'è finalmente silenzio e neanche l'eco (Umberto) di stanchi appelli di mobilitazione intellettuale. Forse hanno capito che una "Mondazzoli" che anche avesse il 40 per cento del mercato, in Italia, resterebbe un nano di fronte a un'Hachette che in Francia ha solo il 25 per cento ma è grande tre volte Mondadori: perché la verità, depressiva, è che noi Italiani non leggiamo un tubo, e Rizzoli aveva un rosso da paura.

DE LUCA, FRANCESCHINI A POMPEI DE LUCA, FRANCESCHINI A POMPEI

 

Ministro, se è così preoccupato può comprarla lei, o trovare degli acquirenti. L'operazione Mondazzoli non piace neanche a me, che avevo lasciato Mondadori per pubblicare con Rizzoli: ma in una logica di mercato è persino prevedibile. Un grande editore che voglia mantenere i margini ottenuti dalla concorrenza internazionale ha solo due strade: o vende o rilancia. Rizzoli vende. Mondadori rilancia. E' tutto. Lo Stato dirigista, quello che fa l'arbitro e il giocatore, quello che si mette a concorrere coi privati anziché agevolarli - vedi canone Rai - faccia il favore di restare a guardare.

 

2. E ORA COME FACCIAMO LA STREGA?

Mariarosa Mancuso per “il Foglio”

 

franceschini si fotografa i piedi franceschini si fotografa i piedi

Raccontava uno scrittore bravo di cui non faremo il nome, a differenza di molti colleghi non beneficato da cospicui anticipi: “I premi letterari servono per le spese extra dei figli, c’è sempre bisogno dell’apparecchio ai denti”. “Servono anche per un po’ di turismo a costo zero”, aggiunge senza farsi troppo sentire il Romanziere Collettivo. Quello che d’estate va di amena località in amena località a ritirare targhe e pergamene, in genere corredate da opere di artisti locali.

 

FILIPPO FACCI - copyright Pizzi FILIPPO FACCI - copyright Pizzi

Roba che subito pone il problema dello smaltimento: portarla a casa imbarazza, come le brutture in plexiglas che Woody Allen, durante la sua tournée italiana al clarinetto, tenne da parte per la mamma rimasta a New York. Indelicato disfarsene a poca distanza dal palco dove, complice l’assessorato, è avvenuta la cerimonia: troppi occhi indiscreti, meglio non lasciare tracce. Magari l’anno dopo, quando è stagione, ti invitano di nuovo a fare lo spoglio delle schede.

 

Mariarosa Mancuso Mariarosa Mancuso

Tra le pagine di “Il cretino in sintesi”, Carlo Fruttero racconta che una volta, assieme al socio Franco Lucentini, ricevette il (ricco) premio Hemingway. Regola vuole che i premiati debbano essere presenti – la ridente località in questione era Lignano Sabbiadoro. Siccome Fruttero si trovava in Canada, Lucentini ricevette metà del riconoscimento, che diventò – nel lessico familiare dei due – il premio Hemi (lo Ngway restò al comune).

pericoli fruttero lucentini pericoli fruttero lucentini

 

Un simile destino attende gli aventi diritto ai numerosissimi premi letterari italici: per effetto dell’acquisizione della Rizzoli Libri da parte del gruppo Mondadori risultano dimezzati, quanto a possibilità. Una volta c’era posto in gara per uno scrittore targato Rizzoli e uno targato Mondadori. Il Premio Strega – dicevano i maligni – era spartito sul lungo periodo tra l’uno e l’altro gruppo (sul breve periodo, l’alternanza non era sempre perfetta).

nicola lagioia riceve il premio strega nicola lagioia riceve il premio strega

 

I bei tempi son finiti, e vale a maggior ragione per la miriade di competizioni minori che attirano in provincia lo scrittore famoso, cosicché il premio assegnato all’erudito, al romanziere, al poeta locale brilli di luce riflessa epperò nazionale. “La Fondazione Bellonci che organizza lo Strega dovrà aguzzare l’ingegno e inventare contromosse per arginare il monopolio”, dichiara a Repubblica Nicola Lagioia, ultimo vincitore del premio organizzato dal liquore giallo a case editrici non ancora unificate.

 

Meno catastrofica la dichiarazione riportata da La Stampa: “Non credo ci siano pericoli per l’indipendenza delle sigle editoriali, sarebbe antieconomico”. Certo è che per ogni premio partirà uno scrittore solo del gruppone, mentre si apriranno spazi per l’Adelphi – scorporata dal gruppo – e per il Gruppo editoriale Mauri Spagnol, con la sigla GeMS e i suoi marchi Guanda, Longanesi, Corbaccio, Garzanti. Anche gli scrittori feltrinelliani potranno sperare.

Sandro Veronesi Sandro Veronesi

 

“Gli scrittori che avevano protestato ora tacciono”, fa notare con un pizzico di perfidia Mario Baudino, sempre su La Stampa. Su Repubblica Sandro Veronesi si preoccupa della piccola editoria sempre più in difficoltà: è più nobile non lamentarsi per la propria sigla – Bompiani, nel caso – ma per la sorte dei “bambini meno fortunati di noi”, come si diceva raccogliendo carta stagnola per le missioni e i piccini neri.

 

Umberto Eco disse la sua tempo fa, invocando l’Antitrust anche a difesa dei premi letterari. Nessuno fa riferimento a quel che davvero gli scrittori perdono, e che negli anni passati ha contraddistinto – e parecchio viziato – l’editoria italiana: il passaggio da un gruppo all’altro, con anticipi sempre più generosi. Mossa giusta e sacrosanta, di cui nessuno però sembra conservar memoria.

 

 

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