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Silvio Berlusconi fu «ideatore del meccanismo del giro dei diritti che a distanza di anni continuava a produrre effetti (illeciti) di riduzione fiscale per le aziende a lui facenti capo in vario modo». Lo scrive la Cassazione nella motivazioni della sentenza Mediaset, confermando le impostazioni dei giudici di merito.
antonio espositoIL GIUDICE ESPOSITO A TAVOLA CON AMEDEO FRANCO PRIMA DELLA SENTENZA SU BERLUSCONITutto il collegio dei giudici della Cassazione che ha confermato la condanna a quattro anni per Berlusconi per frode fiscale nel processo Mediaset figura come estensore della sentenza, e non il solo relatore, come d'uso. I personaggi chiave della vicenda Mediaset sono stati «mantenuti sostanzialmente nelle posizioni cruciali anche dopo la dismissione delle cariche sociali da parte di Berlusconi e in continuativo contatto diretto con lui» scrivono i giudici. Per cui «la mancanza in capo a Berlusconi di poteri gestori e di posizione di garanzia nella società non è dato ostativo al riconoscimento della sua responsabilità».
I giudici della Suprema Corte che fanno proprie le conclusioni relative a un'imponente evasione fiscale a cui pervengono i giudici di merito, sottolineano anche come questi ultimi «attraverso l'analisi del cosiddetto `giro dei diritti´ ne hanno individuato le caratteristiche di meccanismo riservato direttamente promanante in origine da Berlusconi e avente, sin dal principio, valenza strategia per l'intero apparato dell'impresa a lui facente capo».
Sempre rifacendosi ai giudici di merito la Suprema Corte ripercorre il meccanismo illecito, «un gioco di specchi sistematico» relativo all'acquisizione dei diritti tv, che «rifletteva una serie di passaggi privi di giustificazione commerciale». E «ad ogni passaggio, la lievitazione di costi era (a dir poco) imponente».
Il nodo Giunta
Superato lo scoglio Imu, per il Cavaliere ce n'è subito un altro. Come preannunciato, ieri, i legali hanno presentato in Giunta delle elezioni del Senato la memoria difensiva con 6 pareri pro-veritate elaborati da 8 esperti tra costituzionalisti e giuristi. Tutti concordi nel sollevare di fronte alla Consulta, la questione di costituzionalità sulla controversa legge Severino, quella che prevede la decadenza immediata per chi ha subito una condanna definitiva.
Contestuale e scontata la richiesta di sospendere i lavori della Giunta (e quindi la rovente pratica-Berlusconi) in attesa del pronunciamento dell'Alta Corte. Il «grimaldello» giudiziario congegnato dai legali di Berlusconi e consegnato in Giunta non chiude però il cerchio: se tutto questo non bastasse per `salvare Berlusconi, tra le carte è stato inserito un «dispositivo di sicurezza», ovvero una lettera dello Stesso Berlusconi nella quale si preannuncia (con toni rispettosi ma fermi), una ulteriore mossa: il ricorso alla Corte Europea dei diritti dell'Uomo di Strasburgo contro la retroattività della legge Severino sulla base del principio «nulla poena sine lege», quello stesso che permea i sei pareri pro-veritate.
Il muro del Pdl
Il prossimo 9 settembre la Giunta del Senato dovrà «decidere» sulla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi, perché «non è un atto dovuto, ma una decisione da assumere». Lo ha detto il vicepresidente del Consiglio Angelino Alfano, che intervistato dal Tg5, ha rivolto al Pd un «invito molto fermo, senza nessuna protervia e arroganza: riflettete e approfondite. Perché vi sono numerosi ex presidenti della costituzionale, ordinari di diritto costituzionali, insigni giuristi di provenienza di non di centrodestra, che dicono che le che le norme afflittive non si possono applicare al passato e sono dunque non retroattive».
«Se tutto questo non è infondato - ha aggiunto Alfano - pensiamo che il Pd debba spogliarsi dall'abito di chi ha combattuto Berlusconi come il peggiore nemico e valutare le carte per vedere se davvero come crediamo che questa norma non sia applicabile al passato, perché Berlusconi è diventato senatore ben prima che la norma venisse approvata».
DAVANTI LA CASSAZIONEcassazione