NEL BUNKERINO CON MARINO! - IL SINDACO CHE DOVEVA ANNUNCIARE IL RITIRO DELLE DIMISSIONI, NON LO FA: STA TRATTANDO LA RESA - HA UNA FORZA: SERVONO 25 CONSIGLIERI PER FARLO DECADERE, E IL PD NE HA SOLO 19 - LA MEDIAZIONE DI BERSANI: ''ALLA FINE IL PESCE TI SCAPPA DI MENO''. STIAMO A POSTO


1. ROMA: BERSANI, MARINO? SOLO PARLANDONE SI TROVA STRADA

ignazio marino pierluigi bersani

 (ANSA) - "Nella storia dei partiti della sinistra ci sono stati anche passaggi drammatici, per i motivi più vari, e li si è sempre affrontati riunendo il collettivo e mettendoci tutte le notti che ci volevano per trovare una strada. Sarebbe questo il metodo giusto". Lo dice Pier Luigi Bersani, interpellato sull'impasse Pd sul 'caso Marino'.

 

 

2. ROMA:PUCCI,IO IN OGNI CASO DA LUNEDÌ NON SARÒ PIÙ ASSESSORE

 (ANSA) - "Lunedì in ogni caso tornerò al mio lavoro che non sarà quello di assessore". Lo dice l'assessore ai Lavori Pubblici di Roma Maurizio Pucci a chi gli chiede se il sindaco di Roma Ignazio Marino avesse intenzione di ritirare le dimissioni.

 

 

3. MARINO PRENDE TEMPO E NON SCIOGLIE LE RISERVE SULLE DIMISSIONI

Da www.lastampa.it

 

MARINO E BERSANI

Ignazio Marino è pronto a ritirare le dimissioni, ma per ora prende tempo. L’annuncio era atteso durante la riunione della giunta convocata stamane ma - fa sapere l’ufficio stampa del sindaco dimissionario - è stata una riunione tecnica e non sono stati affrontati temi politici. 

 

«Lavoriamo e e guardiamo oltre, Roma deve andare avanti», aveva detto ieri il sindaco. Un cambio di passo evidente che sembrava nascondere l’intenzione di andare alla resa dei conti. E che oggi potesse essere una giornata chiave lo aveva confermato lo strappo di Esposito. «Oggi non sarò in giunta» aveva fatto sapere di prima mattina l’assessore ai Trasporti. Ai giornalisti che lo incalzavano al suo arrivo in Campidoglio, Marino ha risposto: «Oggi abbiamo una giunta molto, molto importante. Densa di decisioni».

franceschini-bersani-marino

 

I rumors degli ultimi giorni hanno trovato conferme questa mattina in Campidoglio. Per la “fedelissima” Alessandra Cattoi la retromarcia del sindaco «è l’unica strada». «Marino è tentato di ritirare le dimissioni», ha spiegato l’assessore al Patrimonio, perché «da alcuni giorni è stato tentato un dialogo molto complicato con i vertici del Pd, ma non essendoci altre vie di confronto aperte, l’unica che rimane è quella istituzionale di ritirare le dimissioni».

 

RENZI NON CEDE, BERSANI TENTA LA MEDIAZIONE 

Nel Pd a prevalere è sempre la linea della fermezza: nessun arretramento, il sindaco se ne deve andare. Forza Italia chiede un passaggio in aula e la votazione della sfiducia, varie opposizioni sono pronte a dimettersi, ma i grillini vogliono stanare il Pd: «Per cacciare Marino c’è la nostra mozione, presentata nei tempi stabiliti», dice Roberta Lombardi. «Basta che le altre forze politiche la sottoscrivano».

 

RENZI MARINO

Nel Pd scendono in campo pure i big della vecchia guardia: Bersani, che nei giorni scorsi ha avuto modo di parlare con Marino, suggerisce a tutti di evitare «il muro contro muro», perché «anche in passato abbiamo avuto problemi con sindaci e amministratori locali; e discutendo, anche litigando, ne siamo sempre venuti fuori. La soluzione va cercata insieme, cercando di tenere dentro tutti. Altrimenti» e qui l’ex segretario butta lì una delle sue immagini a effetto, «alla fine il pesce ti scappa di mano...». 

 

LA SFIDUCIA E I NUMERI 

Per far decadere la giunta servono le firme in calce a dimissioni contestuali di ben 25 consiglieri: il Pd ne somma solo 19 e non tutti pare siano tutti pronti a gettare la spugna. Dunque bisognerebbe far dimettere non solo tutti quelli del Pd, ma anche altri sei consiglieri delle opposizioni, visto che Sel non è di questo avviso.

MAURIZIO PUCCI

 

Anche votare la sfiducia in aula consiliare, che resta lo sbocco più lacerante ma più probabile, non solo sarebbe un enorme boccone amaro da far digerire a quelli del Pd, che dovrebbero votare contro il loro sindaco insieme ai 5stelle: ma sotto il profilo formale la sfiducia deve essere richiesta da almeno 19 consiglieri e viene messa in calendario dal presidente del consiglio comunale non prima di 10 giorni e non dopo 30, quindi passerebbe altro tempo.

 

Ma la sfiducia, voto palese e chiamata nominale, diventa cogente solo se ottiene 25 voti su 48. Se il Pd capitolino, che non vuole votare insieme alle opposizioni, uscisse dall’aula non confermando la fiducia al sindaco, ma non votando la sfiducia (uno degli escamotage ipotizzati per non lacerare gli animi), questa non passerebbe: perché sommati, i 19 voti delle opposizioni non sarebbero sufficienti a farlo cadere. Insomma, un caos totale...