GHE RENZI MI - DOPO IL TRIONFO (E CON NCD E FI IN AFFANNO) IL PREMIER PREPARA LA MOSSA DEL CAVALLO E PENSA A UN POSSIBILE ALLARGAMENTO DELLA MAGGIORANZA AD EX GRILLINI, EX SEL E SOCIALISTI - ‘GRILLO? SE AVESSIMO ANCORA LO STESSO GOVERNO, SAREBBE INARRESTABILE’


Maria Teresa Meli per ‘Il Corriere della Sera'

«Ora non parlo più di rottamazione, ora la pratico. Ma non riguarda le persone riguarda le lungaggini, le cose che non vanno in Italia, e sono tante», accolto nella sede del Pd di via del Nazareno da applausi e grida da stadio, che, ovviamente, gli hanno fatto piacere, ma che ha preferito stoppare, Matteo Renzi, camicia bianca e blue jeans si è sistemato nella sua stanza da segretario. Stanza assai poco frequentata, a dire il vero, ma sempre aperta.

MATTEO RENZI IN CONFERENZA STAMPA A PALAZZO CHIGI FOTO LAPRESSE

Tant'è vero che per tutta la notte, da quando si è spostato da palazzo Chigi a lì, collaboratori e fedelissimi sono andati a trovarlo per fargli complimenti e proporgli strategie future per questa maggioranza sostanzialmente monocolore che sembra stagliarsi all'orizzonte.

Amici e fedelissimi gli suggeriscono «la mossa del cavallo». Cioè, dopo questo voto non propongono al presidente del Consiglio di limitarsi a rilanciare l'azione di governo lungo i binari finora conosciuti e gli accordi costituzionali finora siglati. Secondo loro l'effetto Renzi così si perderebbe per strada, appresso a Forza Italia che arranca e Ncd che ha il fiato grosso. Renzi, per ora, aspetta. Vuole conoscere le cifre definitive. Vuole sapere quali siano i numeri veri della sua maggioranza, che tale non è nel Paese - e lui lo sa, benché sappia, con altrettanta certezza, che il suo partito è l'asso pigliatutto della coalizione.
«A prescindere dal risultato - è il ritornello del premier - bisognerà fare qualcosa».

MATTEO RENZI IN CONFERENZA STAMPA A PALAZZO CHIGI FOTO LAPRESSE

Quindi aggiunge, perché sia chiaro a tutti. Agli amici. Ma soprattutto agli avversari interni e agli alleati: «Io non mi rassegno, continuo a voler mutare l'Italia, perciò le riforme si faranno, anche se ho dovuto rallentare i tempi. Mi sembra chiaro che la strada tracciata sia stata premiata. E dopo questo voto non credo proprio che sia possibile per me essere frenato dalla burocrazia, da Berlusconi, o da chi nel mio partito inneggia alla conservazione».

Non può fare a meno, il premier, di restare soddisfatto per il risultato ottenuto, anzi «commosso»: «Quando si governa si assumono anche delle responsabilità. È chiaro che è più facile prendere dei voti stando all'opposizione. Quando invece guidi un Paese, paghi sempre un prezzo. Io sapevo che la burocrazia, o, meglio, una certa burocrazia, me la voleva far pagare. E non solo lei. Eppure non ci è riuscita».

Inutile dire che il presidente del Consiglio, nonostante dica di voler dividere la vittoria con tutti, sa bene che una gran parte del merito spetta a lui. Agli altri compagni di partito non lo ha detto. Ai giornali nemmeno, perché gli sembrava fuori luogo. Però lui sa bene com'è andata, con gli amici di antica data, con i fedelissimi che non raccontano le confidenze del premier in giro, si è lasciato andare in questi giorni, sia nei momenti di esaltazione, che in quelli di sconforto: «In pratica, la campagna elettorale la sto facendo solo io».

Lorenzo Guerini e Guglielmo Epifani

Per fortuna, hanno chiosato in molti suoi interlocutori, perché così, aggiungono, potrà dare la linea solo lui, organizzando una segreteria che accolga tutte le componenti, ma affidandola nelle mani di due fedelissimi come Guerini e Serracchiani. Sarà il modo per allargare i vertici del Pd alle altre correnti. Perché con quel risultato elettorale, il leader non avrà problemi: potrà chiamare al partito Roberto Speranza per affidargli un ruolo importante in segreteria e dare il posto di capogruppo alla Camera a un suo fedelissimo, in modo da avere il pieno controllo dei deputati.

Com'è suo costume, viaggia alla stregua di un carrarmato. Con l'aria sorridente di sempre, ma con la determinazione che gli è abituale quando vuole tenere lontani i cronisti. La mattina, a Pontassieve, si presenta con la moglie, in jeans e camicia bianca per votare, poi, rivolto ai giornalisti, si lascia sfuggire uno «Starei meglio senza di voi». Desiderio esaudito. E partenza per Roma, dove a palazzo Chigi si mette a contatto con i fedelissimi. Si parla del possibile allargamento della maggioranza. Della nascita di un intergruppo con ex grillini, ex Sel e socialisti.

Si continua a ragionare di Grillo, che non si prende comunque sotto gamba. E si torna, immediatamente, alla «mossa del cavallo». Però, nonostante sia della Fiorentina, Renzi preferisce un altro tipo di azione. Chiude gli occhi, pensa alla semifinale degli Europei del 2000 contro l'Olanda, quando Totti si rivolse a Maldini, dicendogli: «Mo' je faccio er cucchiaio». Glielo fece e la Nazionale vinse ai rigori. «Ecco - riflette ad alta voce il premier - se avessimo ancora lo stesso governo Grillo sarebbe inarrestabile. Lo abbiamo fermato. E freneremo ancora la sua espansione facendogli "er cucchiaio"»..

 

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