IL GIORNALE DI VIA SOLFERINO FA FLOP - L'ITALIA POTRA' ANCHE FARCELA, MA RCS, FORSE ANCHE PER COLPA DELLE POSTE, NON E’ RIUSCITO A RECAPITARE A TUTTI GLI ITALIANI IL NUMERO SPECIALE DEL "CORRIERE DELLA SERA". E GLI INSERZIONISTI, TRA CUI LA SOCIA-FINANZIATRICE INTESA, SI SONO INALBERATI


Carlotta Scozzari per Dagospia

"L'Italia che ce la fa". Sull'onda di questo motto, beneaugurante e che sprizza ottimismo da tutti i pori, entro il 21 maggio, cioè entro mercoledì scorso, 20 milioni di famiglie italiane, praticamente tutte, avrebbero dovuto ricevere a casa un numero speciale del "Corriere della Sera". Il condizionale è d'obbligo, perché, dal mini sondaggio condotto da Dagospia, è emerso che ben poche persone si sono viste recapitare nella cassetta delle lettere la copia del quotidiano: su dieci interpellate, residenti a Milano e altrove, giusto un paio.

SEDE CORRIERE DELLA SERA

Certo, esiste la possibilità che Dagospia abbia contattato le uniche persone che in Italia non hanno ricevuto la copia speciale del "Corsera". Ma esiste anche l'eventualità, sia pure remota, che il numero di potenziali lettori non raggiunti effettivamente sia stato molto elevato e superiore alle aspettative.

Se non fosse così, non si spiegherebbe perché qualcuno racconta che si sia diffuso un po' di malcontento tra gli sponsor dell'edizione speciale de "L'Italia che ce la fa", vale a dire l'Enel, l'Eni, Intesa Sanpaolo (tra l'altro anche socia di riferimento e finanziatrice del gruppo Rcs), Nutella, Telecom Italia e Vodafone.

Tant'è che tra inserzionisti e investitori pubblicitari starebbe già serpeggiando il panico in vista dell'analoga iniziativa che dovrebbe partire a giugno con "La Gazzetta dello Sport", prima del calcio di inizio dei Mondiali in Brasile. Anche se, in questo caso, la cerchia di lettori da raggiungere direttamente a casa sembra sia più ristretta.

FERRUCCIO DE BORTOLI

Così, in via Rizzoli e dintorni, c'è chi inveisce contro l'ennesima iniziativa che Rcs non è stata in grado di gestire alla perfezione e chi, invece, punta il dito contro la distribuzione. E, in particolare, fa notare che il gruppo guidato da Pietro Scott Jovane avrebbe siglato un accordo con le Poste Italiane (del valore di qualche milione di euro?) per consentire all'ambizioso progetto di andare in porto e dunque a 20 milioni di famiglie di ricevere una copia cartacea del numero speciale del "Corriere della Sera".

Un numero, spiega un comunicato pubblicato sul sito di Rcs Pubblicità, "realizzato dalle firme del giornale, dai più importanti collaboratori e dai blogger". Basti pensare a Beppe Severgnigni, una delle firme di punta di via Solferino, che ha elencato i suoi 100 motivi di orgoglio del nostro paese.

"L'Italia che ce la fa - scrive nell'editoriale il direttore del quotidiano Ferruccio de Bortoli - non è un progetto artificialmente patriottico o puramente consolatorio ma il racconto di uno straordinario paese che nonostante tutto studia, lavora, produce e innova. Forse la materia prima che più ci manca è la fiducia, fiducia in noi stessi, nelle nostre qualità, nella possibilità di farcela, nella caparbietà di rinascere e ritagliarci un ruolo diverso nel mondo globale".

LUIGI ABETE ALESSANDRO PROFUMO FEDERICO GHIZZONI GIOVANNI BAZOLI FOTO LAPRESSE

Il direttore del "Corsera" Flebuccio de Bortoli ha ragione al punto tale che, considerato quanto di questi tempi stia vacillando la sua poltrona, potrebbe essere presto costretto lui stesso a ritagliarsi un nuovo ruolo, forse lontano da via Solferino.

JOHN ELKANN ANDREA CECCHERINI PIETRO SCOTT JOVANE A BAGNAIA

"La diffusione del Corriere della Sera nelle case degli italiani - aggiunge invece la vicedirettrice Barbara Stefanelli - sarà un passaggio fondamentale, ma non l'unico, nella costruzione di una grande inchiesta che il giornale desidera realizzare con le sue lettrici e i suoi lettori, un ritratto collettivo fatto di piccole e grandi esperienze".

E meno male che la diffusione del numero speciale "L'Italia che ce la fa" del "Corriere della Sera" non era considerata un "passaggio fondamentale nella costruzione di una grande inchiesta". Altrimenti il progetto avrebbe già seriamente rischiato di saltare.

barbara stefanelli