UN JEB PER LO “SQUALO” - LE PRIMARIE DEI REPUBBLICANI USA E MURDOCH IN VERSIONE KINGMAKER: “ROMNEY TERRIBILE, JEB BUSH MI PIACE MOLTO, RAND PAUL NON VINCERÀ MAI. CHRISTIE NON È ANCORA FUORI DAI GIOCHI, PAUL RYAN? HA SOLO 44 ANNI, C’È TEMPO”


Mattia Ferraresi per “il Foglio”

 

rupert murdoch

Durante le ultime presidenziali americane si parlava di “Fox primaries”, sottogenere elettorale in cui si fronteggiano candidati repubblicani che sono anche anchorman o ospiti fissi di Fox News, la grande macchina del consenso conservatore. Per quel che ne sappiamo ora, il prossimo anno non ci saranno “Fox primaries”, ma Fox continuerà a essere una forza determinante nel modellare le sorti della contesa.

 

E l’anchorman vero del dibattito, quello che non ha palco e studio perché tutto per lui è palco e studio, è sempre lui, Rupert Murdoch, che del mondo conservatore è kingmaker in surplace, azionista di maggioranza che esercita con astuzia il suo potere decisionale. L’altra sera al Manhattan Institute gli hanno chiesto se avesse un candidato preferito fra i repubblicani che con diversi gradi di ufficialità hanno detto di essere interessati alla presidenza.

Romney hopes to get a head of Obama

 

 

“No”, ha detto lui un attimo prima di esprimere un’opinione chiara e distinta, a volte tranchant, su chiunque abbia anche solo vagamente lasciato intendere un’anticchia d’interesse. Jeb Bush “mi piace molto”, ha detto. Rand Paul “mi piace molto e sono molto colpito dalla sua mente”, dal fatto che “fa campagna sull’idea che Washington è troppo ‘big’”.

 

Governatore del New Jersey Chris Christie

Certo, la politica estera isolazionista del beniamino libertario è preoccupante, ma fino a un certo punto: “Non vincerà mai”, il suo ruolo consiste nel “muovere il dibattito” a destra, non nell’elaborare una ragionata agenda di governo. Lo Squalo era molto d’accordo con l’editoriale del suo Wall Street Journal che ha preventivamente devastato Mitt Romney, l’uomo che è riuscito a fare una gaffe elettorale prima ancora che le squadre entrassero in campo.

 

Il senatore Rand Paul chiama Clinton un predatore

Ha detto che Jeb Bush è fuori dalla politica da molto, troppo tempo. E dire che Romney dovrebbe ricordarselo bene: il suo mandato in Massachusetts è scaduto quando Jeb ha lasciato il governo della Florida. Un candidato “protean”, cioè ondivago e incoerente, lo chiama il Wall Street Journal, guidato da un team “che si è distinto per mediocrità”; per Murdoch è un candidato “terribile” che “ha distrutto tutti gli altri candidati con i suoi soldi”, che così si evitano i fraintendimenti.

 

Tre anni fa, quando si stava faticosamente componendo il fronte repubblicano per soffiare la Casa Bianca a un presidente in crisi – questa era la percezione, ma uno slogan pubblicitario che era ovunque a New York aveva capito tutto: “Romney? Non riuscirebbe nemmeno a battere Obama” – Murdoch era sbarcato su Twitter sostanzialmente per comunicare senza mediazione giornalistica la sua preferenza. Tifava Rick Santorum, “l’unico candidato con una visione”.

Joe Biden e Paul Ryan

 

Con quell’endorsement è morta la teoria del complotto secondo cui Murdoch, per mezzo di Roger Ailes e dei suoi sgherri di Fox News, telecomanda le sorti elettorali d’America, o almeno quelle dei conservatori. Una legge non proprio ferrea, evidentemente. E allo stesso tempo Santorum, candidato minoritario e squattrinato, cattolico ma non della specie addomesticata al liberalismo che hanno sdoganato i Kennedy, è stato assai più tignoso e penetrante del previsto. Ha perso le primarie alla grande, il candidato dello Squalo.

 

PAUL RYAN CON LA MADRE BETTY

Di Chris Christie, il governatore del New Jersey che ha più d’un tratto murdochiano, “non è ancora fuori dai giochi”, Paul Ryan non correrà “ma ha solo 44 anni, c’è tempo”, il governatore del Wisconsin, Scott Walker, sarebbe un “candidato interessante” benché in deficit di doti carismatiche. E’ il Wall Street Journal che da anni tira la volata nazionale di Walker e degli altri governatori repubblicani della Rust Belt che scuotono economie depresse rovesciando vecchie logiche corporative e sindacali. “Sarà una sfida vivace”, ha concluso. E fortuna che non aveva un candidato preferito.