LA NORMA SALVA NAZARENO – RENZIE VUOLE CAMBIARE IL DECRETO FISCALE CON DENTRO LA “SALVA SILVIO” MA È UN GRAN CASINO: LE IMPOSTE EVASE DAL BANANA SONO LO 0,76%, QUINDI IL TETTO DEL 3% ANDREBBE DRASTICAMENTE RIDOTTO “AD PERSONAM” – MEGLIO INTERVENIRE SUI REATI


Liana Milella per “la Repubblica

 

MATTEO RENZI

È una partita difficile, quella del governo, per cambiare la delega fiscale nel capitolo salva Silvio, quel 3% di bonus agli evasori che ha fatto gridare allo scandalo e che tuttora agita il Pd. La soluzione allo studio del governo è di tenere fuori i reati gravi come la frode fiscale, altrimenti il rischio di far saltare processi resta sempre. Leggendo gli atti del caso Mediaset, si scopre poi che il tetto dell’ex premier si attesta all’1,2% per il 2002 e allo 0,76 per il 2003. I riflettori ormai sono puntati sull’inchiesta che è costata all’ex Cavaliere una condanna per frode fiscale a 4 anni e sulla possibilità che possa fruire di un beneficio.

 

Sta qui, nell’evasione dell’ex Cavaliere e nel peso che ha rispetto al suo patrimonio, il principale busillis di una storia che mantiene tuttora zone d’ombra. Tant’è che in Parlamento lo scontro politico è forte, la sinistra del Pd, M5S, Sel e Lega chiedono che Renzi vada in aula a spiegare che è successo, ma tocca al ministro Maria Elena Boschi dire che un’informativa è impossibile su un atto del governo non ancora portato a termine.

 

silvio berlusconi (9)

Tutti continuano a chiedersi le ragioni di un rinvio della delega fiscale fino al 20 febbraio, al punto da rendere necessario perfino un emendamento nel Milleproroghe per spostare più in là la scadenza della delega stessa. Oltre il voto per il Quirinale dunque. Perché? Qui si torna a Berlusconi, al suo processo, alla fine dei servizi sociali che dovrebbe scadere proprio in quei giorni. Una spiegazione la si può trovare nelle imposte evase dall’ex premier negli anni 2002-2003, che hanno poi prodotto l’imputazione di frode fiscale e la condanna per Mediaset. Sentenza del Tribunale di Milano del 20 ottobre 2012, firmata dal presidente Edoardo D’Avossa, confermata da quella d’Appello.

 

maria elena boschi otto e mezzo

A pagina 5 ecco una tabellina, un documento inoppugnabile. Risulta che l’ex patron della Fininvest nel 2002 ha dichiarato un imponibile di 397 milioni di euro, ma gli accertamenti rivelano che il suo reddito effettivo era di 410 milioni, per cui l’evasione risulta essere di 4,9 milioni. Fin troppo facile calcolare che siamo fermi su una percentuale dell’1,2. Sorpresa anche con l’anno successivo, il 2003, quando Berlusconi dichiara 312 milioni sui 320 effettivi, con un’evasione di 2,4 milioni, pari allo 0,76%. Negli anni precedenti, dove il reato di frode fiscale è caduto in prescrizione, la situazione è identica. Nel 2000 Berlusconi dichiara 841 milioni sugli 880 effettivi, con un’evasione di 17,5 milioni. Nel 2001 sono 503 i milioni dichiarati e 522 quelli effettivi, con un’evasione pari a 6,6 milioni.

 

Massimo Mucchetti

Quelle due percentuali — 0,76 nel 2002 e 1,2 nel 2003 — abbassano la soglia del possibile sconto che nel decreto legislativo del 24 dicembre veniva posta al 3%. Ma la via che si sta ipotizzando nel governo è quella di una soglia ragionevole, ma con la rigida esclusione, per evitare un colpo di spugna sui processi, dei reati più gravi come la frode fiscale e le false fatture.

 

In Parlamento le conseguenze politiche dell’affaire si fanno sentire. Attacca la sinistra del Pd, con Mucchetti al Senato e Civati alla Camera. Polemica a titolo personale, rimbrotta Tonini a Mucchetti. Voce grossa da Sel (De Petris), dalla Lega, da M5S. Anche l’alfaniano Sacconi chiede chiarimenti, ma poi Alfano parla di «legge giusta divenuta sbagliata se applicata a Berlusconi».