SESSANTA SECONDINI PER UNA MINUTILLO - L’EX SEGRETARIA DI GALAN: “POTEVAMO CORROMPERE POLITICI E GIUDICI E MOLTI NOMI NON USCIRANNO MAI. GIRAVANO COSÌ TANTE TANGENTI CHE GALAN FACEVA CONFUSIONE ” - IL RIESAME DICE NO: NIENTE SCARCERAZIONE PER GALAN - -

“Baita, Buson e Mazzacurati sono stati pagati milioni di euro per corrompere e per pagare investigatori privati che potessero in qualche modo controllare le indagini. Eravamo arrivati a un punto che non ci si fidava più di nessuno. Non sapevi più con chi parlare: arrestandomi mi hanno liberata”... -

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claudia minutillo claudia minutillo

1 - LA DOGARESSA DELLO SCANDALO MOSE «MOLTI NOMI NON USCIRANNO MAI»

Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera”

 

Quando lo incontrerà gli tirerà due ceffoni, se lui non l’avrà stesa prima. E garantisce che glielo dirà in faccia: «Per salvare te stesso e i tuoi soldi hai infamato una donna con falsità e cattiverie. Io i peccati li ho confessati, tu no». Oggi lo detesta almeno quanto lo sosteneva negli anni ruggenti, quando lavoravano fianco a fianco per intere giornate. Lei a gestire la fitta agenda del governatore, lui a dettarla.

 

Era l’età della forte ascesa di Claudia Minutillo, formalmente la segretaria di Giancarlo Galan, di fatto vicepresidente della Regione Veneto. Il doge e la dogaressa oggi si trattano a pesci in faccia. È partita lei confessando fondi neri e denunciandolo. «Era lei a rubare», è insorto lui creando così le premesse di questa intervista indignata e fumantina.

claudia minutillo giancarlo galan claudia minutillo giancarlo galan

 

Abito elegante nero, la gonna due dita sopra il ginocchio, un filo di trucco, un filo di tacco, della battagliera Claudia Minutillo sorprende la fragilità che di tanto in tanto esce allo scoperto bagnandole gli occhi di commozione, quando ricorda suo padre, sua madre o alcune persone semplici nelle quali si scioglie. Ma quando si parla del doge torna inflessibile.

 

Galan sostiene che lei ha trattenuto i soldi di due contributi elettorali in nero, 500 mila euro, e che si faceva dare una sorta di ticket da chi chiedeva un appuntamento col governatore.

«Dico che io quei soldi non solo non li ho trattenuti ma neppure li ho ricevuti. Dei contributi cash destinati a lui non ho mai intascato nulla, pur vivendo in quella realtà corrotta e pur avendo confessato fondi neri. Figuriamoci poi se facevo pagare un ticket».

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Lussi, case, macchine, il cappotto da 18 mila euro. Il vecchio capo punta il dito sul suo patrimonio che non sembra quello di una segretaria.

«Galan si difende attaccando chi lo accusa per cercare di salvarsi colpendo i testimoni: non ci sono solo io, anche Baita e Mazzacurati. Con me è particolarmente violento, forse perché sono stata la prima a confessare. Guardi, io le dico una cosa: giravano così tante tangenti che Galan faceva pure confusione fra questo o quell’imprenditore, questa è la verità. In ogni caso non ho mai avuto un cappotto da 18 mila euro».

 

Lei sta dicendo che è venuta a galla solo una parte di verità?

«Il sistema era quello. Molti nomi non usciranno mai perché ci vorrebbe un esercito di inquirenti per provare le accuse prima della prescrizione. Eravamo in grado di corrompere molte persone, politici, magistrati, generali, al punto che quando decisi di parlare temevo che qualcuno dei finanzieri potesse fare il doppio gioco. Quando sei dentro a un sistema malato pensi che tutto sia malato».

 

Poi ha cambiato idea?

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«Pensi che a farmela cambiare sono stati proprio i miei accusatori, quei magistrati, Ancilotto, la Tonini, e il gruppetto di finanzieri della Tributaria di Venezia che hanno saputo lavorare in un ambiente difficilissimo, per il fatto che noi cercavamo di inquinarlo. Guadagnano quel che guadagnano ma nulla può tentarli. Mi hanno incastrato, certo, ma alla fine è come se mi avessero liberato».

 

Come cercavate di inquinare?

«Con Baita, Buson e Mazzacurati sono stati pagati milioni di euro per corrompere e per pagare investigatori privati che potessero in qualche modo controllare le indagini. Ricordo che una volta, quando ci fu la richiesta di ulteriori due milioni di euro, Buson che era il responsabile finanziario del gruppo Mantovani, mi disse: pazzesco, ma tu sai quanti dipendenti pagherei io con tutti questi soldi».

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In quel mondo lei ci ha sguazzato a lungo, giusto?

«Sì ma non ne potevo più. Eravamo arrivati a un punto che non ci si fidava più di nessuno. Non sapevi più con chi parlare, dove, avevo sempre il sospetto di essere spiata, indagata. Era diventata una vita grama. Ho confessato anche per questo».

 

Dopo la confessione com’è cambiata la sua vita?

«Forse sono più sola di prima ma più in pace con me stessa. Ho dovuto fare i conti con varie minacce, anche a persone a me vicine. Ma alla fine è come se mi fossi tolta una grande peso».

 

Cosa fa ora dei suoi giorni?

«Mi sto dedicando a un nuovo progetto imprenditoriale che non ha nulla anche fare con la Pubblica amministrazione».

 

PIERGIORGIO BAITA PIERGIORGIO BAITA

Come vede il suo futuro?

«Non lo vedo ancora ma sarà certamente migliore del mio passato. Il mio passato e il mio futuro sono divisi da un arresto che mi ha liberato».

 

2 - «IL PRESIDENTE MI DICEVA: LA POLITICA VA AIUTATA»

G.Fas. per il “Corriere della Sera”

 

Una cattiva notizia dopo l’altra per Giancarlo Galan . Il tribunale del Riesame di Venezia ha respinto ieri la richiesta di scarcerazione presentata dagli avvocati Nicolò Ghedini e Antonio Franchini. E anche se, come spiegano gli stessi legali, i giudici hanno riconosciuto la prescrizione «per l’80% dei fatti contestati» (compreso il finanziamento della ristrutturazione della casa) non sono stati concessi gli arresti domiciliari.

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La difesa pensa ora al ricorso in Cassazione sapendo bene che la posizione del deputato di Forza Italia si è complicata con il deposito di nuovi atti. Fra quelle carte ci sono le accuse di due imprenditori: Pierluigi Alessandri, amministratore della Sacaim costruzioni, e Andrea Mevorach. Dice Alessandri in un interrogatorio: «Fra il 2006 e il 2007 ho dato a Galan, in tutto, 115 mila euro (...) eravamo estromessi dai lavori importanti in Veneto.

 

Io ho parlato con Galan delle difficoltà della mia impresa e lui mi disse che aveva saputo che noi eravamo una delle imprese di riferimento dei Ds. Io replicai che il mio interesse principale era far lavorare la mia impresa e lui rispose che avrebbe visto cosa fare purché io fossi stato disponibile a entrare nella cerchia degli imprenditori a lui vicini (...) amici, con ciò intendendo imprenditori disponibili a elargire somme di denaro e favori di altro genere».

 

E ancora: «Mi mise in contatto con l’assessore alle infrastrutture Renato Chisso (arrestato per la stessa inchiesta sul Mose, ndr ) consigliandomi di mostrarmi generoso nelle elargizioni (...) mi suggerì esplicitamente di corrispondere delle somme a Chisso».

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L’altra nuova spina nel fianco dell’ex governatore è l’imprenditore Andrea Mevorach. Anche lui ha riempito un verbale di accuse contro Galan il quale, per fargli capire che avrebbe lavorato solo pagando e consigliando anche a lui di «mettersi d’accordo» con Chisso, gli avrebbe detto: «Non fare il furbo, sai bene di cosa parlo, la politica va aiutata...». Racconta Mevorach: «Non ho mai pagato e per questo lui mi ha più volte apostrofato in modo poco simpatico».

 

 

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