CAFONALINO DEL FIGLIUOLO PRODIGO - IL GENERALE SI PREPARA A LASCIARE IL SUO INCARICO DA COMMISSARIO ANTI-COVID MA INTANTO SI GODE LA POPOLARITÀ COME UN EGO-NARCISO QUALUNQUE - VENERDÌ ALL'AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA DI ROMA HA PRESENTATO IL SUO LIBRO-INTERVISTA “UN ITALIANO” , SCRITTO A QUATTRO MANI CON LA COFANA BIANCA DI SEVERGNINI, DI FRONTE A UNA PLATEA DI ANZIANI TRIVACCINATI - IL COMMOVENTE INCIPIT: “SONO UN RAGAZZO MERIDIONALE DI PERIFERIA CHE SOGNAVA DI DIVENTARE UN ALPINO” E LE BATTUTE SULL’AUTOSTIMA: “HO UNA CERTA CONSIDERAZIONE DI ME STESSO. E SONO VANITOSO: LA STIMA E L'AMMIRAZIONE PER IL LAVORO BEN FATTO MI GRATIFICANO”
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Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
COVID: FIGLIUOLO, IL 31 MARZO PASSO LA MANO, HO FATTO LA MIA PARTE
Da www.ansa.it
"Io il 31 comunque voglio passare la mano perché ho un incarico importante come comandante del Covi e mi voglio dedicare a quello.
Penso di aver fatto la mia parte, ho visto cose belle e cose meno belle ma basta così.
Sono un tecnico e voglio rimanere un tecnico". Lo ha detto il commissario straordinario all'emergenza coronavirus e comandante del Covi, Francesco Paolo Figliuolo, nel corso della presentazione del libro scritto con Beppe Severgnini 'Un italiano', edito da Rizzoli, a 'Libri Come', all'Auditorium Parco della Musica di Roma.
"Perché ho scritto questo libro? Per lasciare traccia di quello che sono", ha aggiunto Figliuolo, durante la presentazione del suo libro "Un italiano", scritto con Beppe Severgnini, alla rassegna 'Libri Come' all'Auditorium di Roma. "Poi metà del libro parla di questa incredibile avventura che mi è capitata di fare, come commissario straordinario per l'emergenza Covid - ha aggiunto Figliuolo -. Così, se avrò dei nipotini, magari un giorno leggeranno cosa ha fatto il nonno".
DOPO I TELE-VIROLOGI, ABBIAMO CREATO UN ALTRO EGO-NARCISO: IL GENERALE FIGLIUOLO! “HO UNA CERTA CONSIDERAZIONE DI ME STESSO. E SONO VANITOSO: LA STIMA E L'AMMIRAZIONE PER IL LAVORO BEN FATTO MI GRATIFICANO - SONO MEDIAMENTE PERMALOSO, MI ARRABBIO FACILMENTE MA MI PASSA. A MENO CHE QUALCUNO SI SIA DIMOSTRATO SLEALE: ALLORA NON DIMENTICO. TENDO A REAGIRE D'IMPULSO, MAGARI TIRO UN URLO – SONO ABBASTANZA SEVERO, CRUDELE MAI – VINCENZO DE LUCA HA SEMPRE PARLATO DI ME COME DI UNA PERSONA INUTILE. QUESTO È INACCETTABILE. ANZI, PEGGIO: DELUDENTE” - IL SUO LIBRO, SCRITTO CON SEVERGNINI, HA IRRITATO PALAZZO CHIGI
FIGLIUOLO, UN BRANO DA 'UN ITALIANO' CONVERSAZIONE SEVERGNINI
Da www.ansa.it
Per gentile concessione della casa editrice Rizzoli pubblichiamo un estratto da 'Un italiano' (pp 304, euro 19.00) di Francesco Paolo Figliuolo. Conversazione con Beppe Severgnini, in libreria dall'8 marzo, che saranno a Libri Come sabato 12 marzo.
Ecco il brano dedicato allo spirito degli alpini:
"Se dovesse spiegare a qualcuno che conosce poco l'Italia chi è un alpino, cosa direbbe? Be', per cominciare l'alpino ha un cappello buffo. Adesso guai a chi me lo tocca, il cappello con la penna, ma all'inizio pensavo: «Cos'è?». Poi ho capito che questo cappello ha una storia. Chi lo porta è una persona seria. Come disse e scrisse Egisto Corradi, non è un furbo, nel senso italico del termine.
Questo è un anno importante, per voi.
Sì, il 2022 segna una tappa significativa nella storia degli alpini, che festeggiano i centocinquant'anni di fondazione del corpo. Il 15 ottobre 1872, a Napoli, Vittorio Emanuele II firmava il decreto che sanciva la nascita delle prime compagnie montanare del Regio Esercito, destinate a difendere le vallate sui confini d'Italia.
Per celebrare la ricorrenza, l'Associazione Nazionale Alpini e il Comando Truppe Alpine dell'Esercito hanno promosso una serie di eventi e attività che accompagneranno le penne nere in servizio e in congedo in un percorso che si concluderà il 15 ottobre, giorno dell'anniversario, con una manifestazione nazionale proprio a Napoli. La aspettiamo!
- Lei ha citato l'alpino Egisto Corradi, classe 1914. Quando sono tornato da Londra nel 1988, Indro Montanelli mi ha messo in stanza con lui, al «Giornale» in via Negri. A Egisto piaceva insegnare ai giovani, fingendo di chiederci aiuto.
Non l'ho mai conosciuto di persona, purtroppo. Ma ho letto La ritirata di Russia, gran libro. L'eroismo spiegato con parole semplici.
- Un ricordo del primo campo? Un passo falso. Primo giorno, ora di pranzo, mi lancio verso la mensa. Il capitano: «Che stai facendo?». Rispondo: «Non si va in mensa?». E lui: «Ma tu sei un ufficiale». E io: «Appunto!».
Allora mi spiega: «L'ufficiale mangia per ultimo». Pensai: vabbe', che strana consuetudine. Poi ho capito. Mangio per ultimo perché vuol dire che i soldati sicuramente hanno mangiato. Quando si va in montagna, ci si deve nutrire per avere le energie.
Poi ho imparato il controllo: per comandare non bisogna solo dare ordini, bisogna verificare che gli ordini siano eseguibili. Ho capito l'importanza dell'esempio. Chi esegue gli ordini - in combattimento potrebbero comportare la perdita della vita - deve essere sicuro che chi li ha impartiti abbia preso la migliore decisione possibile, valutando tutte le informazioni a disposizione.
- La vita di un alpino, vista da fuori, appare faticosa.
Le racconto un altro episodio di quel primo campo. Marcia con pernottamento in quota. Saliamo, carichi come muli. Oltre allo zaino, portiamo una tenda biposto con i carichi divisi tra due alpini. Ufficiali compresi, ovviamente. Nel pomeriggio, dopo aver scarpinato nella neve per ore, arriviamo nei pressi di alcune malghe disabitate. Era già buio. Il capitano ordina di preparare l'accampamento.
Poi mangiamo il cibo scaldato con la cucina someggiabile. Prima di andare in tenda a riposare - ormai si era fatto tardi - domando al capitano l'ora della sveglia per il giorno dopo. Risponde: «Sveglia all'una e trenta, poi andiamo in cima».
Stupito, chiedo: «Non è tardi partire dopo mezzogiorno?». Ahimè, la sveglia era all'una e trenta del mattino. In pratica, mancavano poche ore. Bella la montagna quando sei in cima, ma per arrivarci...
- Degli alpini, per chi alpino non è, colpisce lo spirito di corpo, che resiste nel tempo. Non è il posto giusto per gli individualisti. Corretto?
Gli alpini si confrontano con un ambiente oggettivamente difficile, che è la montagna. Non bisogna lasciare mai indietro nessuno, occorre lavorare assieme, tutti portano lo zaino, anche i comandanti, gli ufficiali. Normalmente il passo si cadenza sul più lento, non sul più forte e veloce. Questo significa voler arrivare tutti, vuol dire sacrificio, solidarietà, senso di responsabilità. Ecco perché i reparti alpini sono molto coesi.
Lo spirito di corpo viene alimentato anche dall'Associazione Nazionale Alpini, in Italia non c'è niente del genere, come numeri e come entusiasmo. Io mi sono spesso chiesto perché. La risposta: chi s'impegna lì dentro vuole fare, non cerca una carica o un rango..."