SBANCATI AL CENTRO - IL CROLLO BANCARIO IN TOSCANA, MARCHE E UMBRIA TRA PRESTITI AZZARDATI E AFFARI DI FAMIGLIA

Camilla Conti per "l'Espresso"

Monte Paschi, Banca Marche, Popolare di Spoleto e Tercas: quattro banche travolte da un insolito destino nel mare d'agosto in cui rischia di affondare il sistema del credito locale. Ostaggio degli errori di un passato fatto di interessi di bottega, inciuci immobiliari, crediti offerti con esagerata disinvoltura agli amici degli amici e di interferenze da parte dei potentati di campanile anche attraverso le Fondazioni di riferimento oggi rimaste senza soldi. Due, la Spoleto e Tercas, sono state già commissariate.

L'istituto marchigiano rischia di subire la stessa sorte se non trova presto nuovi soci per risanare i conti. Mentre il Monte resta appeso al paracadute degli aiuti statali ancora al vaglio della Commissione europea e alle conseguenze imprevedibili dell'inchiesta giudiziaria su Antonveneta. Quattro banche a rischio ma anche quattro città sull'orlo di una crisi di nervi: Siena, Ancona, Spoleto e Teramo. Nel cuore dell'Italia e di quelle amministrazioni in gran parte feudi della sinistra.

Di certo il filo rosso che le unisce è quel legame patologico tra il credito e la politica locale che ne ha minato le fondamenta passando da un'invadenza eccessiva all'incapacità di mettere un freno agli appetiti di potere. Destini e affari incrociati che da anni uniscono le quattro banche del centro d'Italia. Dove ancora c'è chi difende la senesità del Monte dei Paschi, la marchigianità della Banca delle Marche, o la spoletinità della Popolare. Alcuni in buona fede. Altri, per non rompere il bancomat.

Cosa è capitato a Siena è storia nota. Il copione ora rischia di ripetersi anche per Banca Marche: l'ultimo bilancio è stato chiuso con circa 520 milioni di perdite ed entro settembre servono 300 milioni per evitare il tracollo. La miscela esplosiva che ora rischia di far saltare l'istituto è molto simile a quella senese. Perché anche Banca Marche un tempo era una delle più solide banche italiane e polmone finanziario di una regione industriosa, roccaforte prima del Pci, poi dei Ds e infine del Pd che nel 2008 ha ottenuto il 37 per cento dei voti.

Come per Mps il gruppo marchigiano è stato oggetto di ripetute verifiche da parte della Banca d'Italia, che negli anni ha più volte alzato il cartellino giallo contro i vertici dell'istituto ottenendo però solo girandole di nomine e dimissioni. Nel 2010 la Vigilanza aveva raccomandato di rafforzare i controlli interni.

«Alcune di quelle misure sono state prese, ma ormai i grossi crediti erano già stati erogati», ha detto di recente il nuovo direttore generale dell'istituto Luciano Goffi. Il problema della banca era principalmente uno: la concentrazione degli impieghi sull'immobiliare, con progetti basati su valori di mercato stratosferici, in cui gli imprenditori non si assumevano alcun rischio, che cadeva interamente sull'istituto. Tanto da far scattare l'allarme sugli impieghi della banca, largamente superiori alla raccolta da clientela.

Bankitalia aveva puntato il dito su «profili di opacità non coerenti con la deontologia professionale che deve connotare l'operato dell'alta dirigenza di una banca». E in particolare su alcune operazioni immobiliari fatte dal direttore generale Massimo Bianconi con la moglie Anna Rita Mattia: l'acquisto per 7 milioni di una palazzina ai Parioli dall'immobiliarista Vittorio Casale, ottimo cliente dell'istituto finito poi in dissesto con il suo gruppo Operae. Chi è Casale? Legato al Pci bolognese degli anni Sessanta, nel 2006 il suo nome finisce nelle indagini sulla scalata Antonveneta quando il braccio destro di Gianpiero Fiorani, Giancarlo Boni, lo definisce immobiliarista di fiducia di Giovanni Consorte, allora capo di Unipol.

Negli anni della direzione generale di Bianconi, dal 2004, anche la Banca delle Marche aveva abbondantemente finanziato Casale. E non solo lui: fra gli imprenditori che ricevono i prestiti più corposi ci sono il gruppo di costruzioni Lanari di Ancona, su cui è stata avviata un'indagine fiscale, e la società pugliese dei fiori, Ciccolella, finita in un'inchiesta per truffa sui finanziamenti europei. Anche lo scrigno della Cricca che si spartiva i contratti delle grandi opere per il G8 è stato individuato dai magistrati di Firenze e Perugia nella Banca delle Marche dove Balducci, Anemone e la loro corte di amici avrebbero goduto di percorsi facilitati per muovere denaro.

L'attivismo di Bianconi e il suo pallino per gli immobili non sembrano destare sospetti al consiglio di amministrazione della banca che gli rinnova fiducia e lo ricopre di soldini. Nel giugno 2011 il cda però delibera di chiudere il rapporto di lavoro con lui, che incassa una liquidazione di 1,5 milioni. Poche settimane e la banca lo riassume per lo stesso incarico fino a maggio 2014. Perché questa interruzione?

Forse per aggirare le disposizioni che Banca d'Italia aveva emanato nel frattempo: un tetto alla buonuscita dei dirigenti. Così Bianconi intasca un acconto sulla liquidazione finale, e si potrà portare a casa altri 2,3 milioni quando viene definitivamente mandato via dalla banca. Nel gennaio 2012 arriva infatti l'affondo di Bankitalia con una dura lettera in cui la Vigilanza impone la discontinuità nel consiglio di amministrazione. Da quel momento cominciano a emergere le pesanti rettifiche sui crediti e le perdite di bilancio, dopo che il 2011 si era chiuso con un utile di 133 milioni.

Possibile che la politica locale non si sia mai accorta di niente? E i consiglieri di amministrazione? E le tre Fondazioni azioniste? Jesi, Pesaro e Macerata detengono infatti la maggioranza del capitale e hanno fatto da stanza di compensazione della politica locale e regionale. «Pesaro e Jesi erano pro Bianconi, Macerata gli faceva la guerra», racconta una fonte a "l'Espresso".

Di certo all'ultima assemblea di aprile l'ente maceratese ha chiesto di promuovere un'azione di responsabilità nei confronti dei componenti del cda e del Collegio sindacale in carica al 31 dicembre 2011, nonché dell'ex direttore generale.

Ora i tre enti non riescono più a rispondere alle esigenze di capitale ma, se anche avessero i soldi per farlo, non potrebbero partecipare al salvataggio: la Vigilanza vuole che riducano la loro quota e ha preteso la revoca di alcuni consiglieri tra cui Federico Tardioli, ex presidente della Fondazione Cassa di Jesi e poi vicepresidente di Banca Marche. La relazione della Banca d'Italia deve ancora essere completata perché l'ultima ispezione è tuttora in corso, nonostante sia iniziata nel novembre del 2012.

Intanto, come a Siena, la politica locale continua ad alzare la voce affinché la banca non venga strappata al territorio. Il governatore marchigiano del Pd, Gian Mario Spacca, ha chiesto che Banca Marche resti a capitale locale perché è un patrimonio della regione. E ha convocato un centinaio di imprenditori chiedendo un milione a testa per contribuire a chiudere il buco. Appello raccolto, pare, dal gruppo Guzzini e da Francesco Merloni che della banca è già stato socio. Il rischio commissariamento è alto: il 9 luglio è arrivato al timone della banca Rainer Masera, nome gradito ai vertici di Via Nazionale. Segno che di fatto le tutele sono già scattate.

Banca Tercas, la cassa di Risparmio della Provincia di Teramo oggi commissariata, con i cugini marchigiani ha intrecciato destini e affari grazie al rapporto di amicizia fra Bianconi e il collega abruzzese Antonio Di Matteo. Tanto che è la stessa Tercas a finanziare la moglie di Bianconi per l'acquisto della villa romana comprata da Casale. Insieme i due facevano anche affari offshore insieme alla San Marino International Bank (la ex Banca del Titano fallita nel 2006 con un buco di 16 milioni).

Gli ispettori di via Nazionale in visita alla Tercas hanno infatti scoperto un giro di compravendite immobiliari anche all'estero con protagonisti Bianconi, la moglie e appunto la banca di San Marino che fra i proprietari contava un'altra compagna: quella di Di Matteo. Il vizio del mattone costa caro sia a Di Matteo sia alla banca abruzzese, coinvolta anche in un procedimento penale della Procura di Roma per il crack da 800 milioni della Di.Ma Costruzioni, il gruppo dell'immobiliarista romano Raffaele Di Mario.

A lui Di Matteo aveva prestato una ventina milioni della Tercas, che come Banca Marche diventa un crocevia per i raider del Monopoli immobiliare del centro Italia. Anche perché, quando le casse di Teramo e Ancona non bastano, il gruppo può sempre bussare alla porta di altri istituti: come la Popolare di Spoleto dove Di Matteo sponsorizza la Finsud del Gruppo Sarni per un prestito di 31 milioni presso il presidente della Popolare Giovannino Antonini.

Anche quest'ultimo ha qualche problema con Banca d'Italia per il ruolo troppo pervasivo nella gestione dell'istituto negli ultimi dieci anni. Antonini, che della banca è anche azionista di maggioranza attraverso la holding cooperativa Scs, sale sulle barricate e grida al complotto. Ma il braccio di ferro con Bankitalia finisce male per la Popolare, commissariata dal febbraio di quest'anno. E anche per Antonini, arrestato il 22 luglio con l'accusa di corruzione nei confronti di un giudice del Tar del Lazio dove sono pendenti i ricorsi presentati con il commissariamento.

Prima del commissariamento è stato per pochi giorni presidente della banca umbra Alberto Brandani ex manager Mps, democristiano e noto agli ambienti politici senesi dove è sempre stato considerato il "console" dell'Udc in città (è anche consigliere dell'Anas e delle Ferrovie): eppure nel '93 era stato indagato e poi arrestato con l'accusa di aver preteso una tangente da un imprenditore che chiedeva un prestito al Monte. A Spoleto si chiedono come si sia andati a cercare proprio lui.

 

 

logo banca marche tercas sede teramo BANCA TERCAS CASSA RISPARMIO TERAMO banca marche POPOLARE DI SPOLETO banca tercas banco popolare spoletomonte-dei-paschi-di-siena-sedeALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA Alessandro Profumo Fabrizio ViolaLOGO ANTONVENETA

Ultimi Dagoreport

donna sarda sardegna elly schlein

DAGOREPORT – ALLA DIREZIONE DEL PD, I RIFORMISTI DEM SONO SOBBALZATI SULLA SEDIA ALLE PAROLE DI ELLY SCHLEIN SULLA GUERRA UCRAINA: “NON SIAMO PER IL FINTO PACIFISMO DI TRUMP MA NEMMENO SIAMO CON L’EUROPA CHE VUOLE CONTINUARE LA GUERRA” - IL CLOU: QUANDO ELLY HA ATTACCATO LE INIZIATIVE SINGOLE DI MACRON E DI STARMER PER LA PACE, HA DETTO, TESTUALE: "ALL'EUROPA SERVE UN SALTO QUANTICO" (MA CHE CAZZO STAI A DI'?) - PICIERNO, PIERO DE LUCA, FASSINO NON CREDEVANO ALLE PROPRIE ORECCHIE: “QUINDI LA PACE SONO LE CONDIZIONI DETTATE DA PUTIN? LA SMETTI DI GIOCARE A NASCONDINO?” – ALTRO SCAZZO SUL REFERENDUM DELLA CGIL SUL JOBS ACT E SULL’ESERCITO COMUNE UE - (TRANQUILLIZZATE LA DUCETTA: CON QUESTA SINISTRA ALTRI 20 ANNI A PALAZZO CHIGI SONO SICURI…)

marina pier silvio berlusconi forza italia tajani barelli gasparri martusciello bertolaso

DAGOREPORT - PESSIME NOTIZIE PER LA “BANDA BASSOTTI” DI FORZA ITALIA (TAJANI-BARELLI-GASPARRI-MARTUSCIELLO) - OLTRE AL VILE DENARO (I FIGLI DI BERLUSCONI HANNO EREDITATO ANCHE LE FIDEIUSSIONI PER CIRCA 100 MILIONI DI EURO), C’È UN’ALTRA QUESTIONE FONDAMENTALE: LA FAMIGLIA DI ARCORE POSSIEDE IL SIMBOLO DEL PARTITO. UN SIMBOLO NEL QUALE CAMPEGGIA, A CARATTERI CUBITALI, LA SCRITTA “BERLUSCONI” - A DUE ANNI DALLA SCOMPARSA, IN CHE MISURA IL FANTASMA DEL CAV PESA SULLE PREFERENZE ELETTORALI? FONTI AUTOREVOLI HANNO SPIFFERATO A DAGOSPIA CHE LA PAROLA “BERLUSCONI” VALE IL 3,5% DEI VOTI. MICA BRUSCOLINI: SE SI TOGLIE AL 9,2% DI FORZA ITALIA (SONDAGGIO SWG) LA QUOTA “BERLUSCONI” (3,5%), COSA RESTA? UN PARTITO CHE POTREBBE FAR CONCORRENZA A VERDI & SINISTRA AL 6,5%

donald trump giorgia meloni keir starmer emmanuel macron

L'OSTACOLO PIU' DURO PER GIORGIA DEI DUE MONDI E' ARRIVATO: DEVE DECIDERE SE ESSERE LA RAGAZZA PON-PON DI TRUMP O STARE AL FIANCO DELL'UNIONE EUROPEA CONTRO LE TRUMPATE - DI FRONTE AI DAZI DEL 25%, APPENA ANNUNCIATI DAL TRUMPONE, BATTERÀ FINALMENTE UN COLPO? AVRÀ MAI LA LEADERSHIP DI UN MACRON, CHE SI È DIVINCOLATO DALLA STRETTA DI MANO DI TRUMP RIBATTENDO ALLE SUE CONTINUE MENZOGNE – IN ASSENZA DI UNA DECENTE OPPOSIZIONE, L'UNICO RISCHIO CHE CORRE IL GOVERNO MELONI E' DI IMPLODERE SULLA POLITICA ESTERA, TRA FRATELLINI D’ITALIA SEMPRE PIU' MALMOSTOSI VERSO L'EUROPA E  SALVINI IN ANSIA DA PRESTAZIONE TRUMPIANA (OGGI HA INCONTRATO PAOLO ZAMPOLLI, "COMMISSARIO" DEL TYCOON GIUNTO IN ITALIA PER ASSICURARSI DELLA FEDELTA' DI GIORGIA AL VERBO "MAGA") – I "PIZZINI" DELLA SANTADECHE' E L'INSOFFERENZA VERSO LA RUSSA - L’INCAZZATURA PER L’INTERVISTA DI MARINA BERLUSCONI E L’ATTACCO DI JOHN BOLTON: “DOPO IL SALUTO NAZISTA DI BANNON, MELONI NON AVREBBE DOVUTO PARTECIPARE ALLA CPAC”

donald trump volodymyr zelensky

DAGOREPORT – A CHE PUNTO È L’ACCORDO SULLE RICCHE RISORSE MINERARIE UCRAINE TRA TRUMP E ZELENSKY? IN ALTO MARE - LA CASA BIANCA CONTINUA A FORZARE LA MANO: “SE ZELENSKY DICE CHE L'ACCORDO NON È CHIUSO, ALLORA LA SUA VISITA DI VENERDI'  A WASHINGTON È "INUTILE" - IL LEADER UCRAINO INSISTE SULLE “GARANZIE DI SICUREZZA”, VALE A DIRE: LA PRESENZA DI TRUPPE  USA AI CONFINI CON LA RUSSIA (NON BASTANO LE FORZE EUROPEE O NATO) – E SULLE ''TERRE RARE", IL TRUMPONE DOVREBBE ACCONTENTARSI DI UN FONDO GESTITO AL 50% TRA USA E UCRAINA – LA MOTOSEGA DI MUSK TAGLIA I CONSENSI: IL 70% DEGLI AMERICANI NON APPROVA L’OPERATO DI MR. TESLA, CHE NESSUNO HA VOTATO MA FA CIO' CHE VUOLE - CHE ACCORDO (D'AFFARI) HA FATTO CON TRUMP? PERCHÉ NESSUNO DENUNCIA L’ENORME CONFLITTO DI INTERESSI DI MUSK? A CAPO DEL ''DOGE'', FIRMA CONTRATTI MILIARDARI CON IL PENTAGONO...

elon musk steve bannon village people donald trump

KITSCH BUSSA ALLA NOSTRA PORTA? – LA MOTOSEGA DI MUSK, I SALUTI ROMANI DI BANNON, IL BALLO DI TRUMP COI VILLAGE PEOPLE: FARSA O TRAGEDIA? - VINCENZO SUSCA: ‘’LA CIFRA ESTETICA DELLA TECNOCRAZIA È IL KITSCH PIÙ SFOLGORANTE, LOGORO E OSCENO, IN QUANTO SPETTACOLARIZZAZIONE BECERA E GIOCOSA DEL MALE IN POLITICA - MAI COME OGGI, LA STORIA SI FONDA SULL’IMMAGINARIO. POCO IMPORTANO I PROGRAMMI POLITICI, I CALCOLI ECONOMICI, LE QUESTIONI MORALI. CIÒ CHE IMPORTA E PORTA VOTI, PER L’ELETTORE DELUSO DALLA DEMOCRAZIA, TRASCURATO DALL’INTELLIGHÈNZIA, GETTATO NELLE BRACCIA DI TIK TOK, X, FOX NEWS, È EVOCARE NEL MODO PIÙ BRUTALE POSSIBILE LA MORTE DEL SISTEMA CHE L'HA INGANNATO”

friedrich merz ursula von der leyen manfred weber giorgia meloni

DAGOREPORT - CON LA VITTORIA IN GERMANIA DELL’ANTI-TRUMPIANO MERZ E IL CONTENIMENTO DEI NAZI DI AFD NELLE FILE DELL’OPPOSIZIONE, TUTTO È CAMBIATO - E DAVANTI A UN’EUROPA DI NUOVO IN PIEDI, DOPO IL KNOCKOUT SUBITO DAL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA, PER LA ‘DUCETTA’ SI PREPARANO GIORNI ALL’INSEGNA DELLE INVERSIONI A U – L’ITALIA HA VOTATO CON L'EUROPA LA RISOLUZIONE SULL'INTEGRITÀ TERRITORIALE DI KIEV, CONTRO GLI STATI UNITI – CHI HA CAPITO L’ARIA NUOVA CHE TIRA, E' QUEL “GENIO” DI FAZZOLARI: “LA VOGLIA DI LIBERTÀ DEL POPOLO UCRAINO CHE È STATA PIÙ FORTE DELLE MIRE NEO IMPERIALI DELLE ÉLITE RUSSE” - SE NON AVESSE DAVANTI QUELL’ANIMALE FERITO,  QUINDI PERICOLOSO, DI SALVINI, LA STATISTA DELLA GARBATELLA FAREBBE L’EUROPEISTA, MAGARI ALL’ITALIANA, CON UNA MANINA APPOGGIATA SUL TRUMPONE – MA ANCHE IN CASA FDI, C’È MARETTA. IL VICEMINISTRO DEGLI ESTERI EDMONDO CIRIELLI HA IMPLORATO MERZ DI FARE IL GOVERNO CON I POST-NAZI DI AFD…