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NOTTE PRIMA DELL’OSCAR-DABAGNO - A HOLLYWOOD A FARE COMPAGNIA A SORRENTINO C’È TUTTO IL CLAN DEGLI ITALIANI (DA SERVILLO A GIAMPAOLO LETTA) - ASSENTI LA FERILLONA E CARLO VERDONE
Fulvia Caprara per "la Stampa"
La domanda ricorrente è una sola: «Ma tu, stanotte, sei riuscito a dormire?». Per il resto le poche ore che ormai precedono la cerimonia degli Oscar sono un infinito rosario di incontri, scontri, appuntamenti, telefonate, cellulari che non prendono, autoscatti traballanti, strane contaminazioni e improbabili duetti.
Intorno al candidato Paolo Sorrentino, portabandiera dell'italica speranza di risalire la china, almeno sul piano del cinema e dello spettacolo, si aggira la squadra degli italiani a Los Angeles, diversa da tutte quelle che ruotano intorno agli altri film, perchè da noi ognuno fa come gli pare e la grande bellezza è pure questa. Basta guardare l'elenco degli arrivi, autonomo e autogestito per ogni partecipante all'evento, compresi gli imprevedibili colpi di genio.
Prima è sbarcato il regista con famiglia, poi i produttori di «Indigo» Francesca Cima e Nicola Giuliano che, come in un racconto biblico, negli ultimi mesi, ha già attraversato l'oceano sette volte per preparare il terreno della possibile vittoria. Dopo di lui, sempre alla spicciolata, Giampaolo Letta di Medusa, lo sceneggiatore Umberto Contarello che, dopo aver rischiato di non partire causa assenza visto, ha raccontato al suo regista di aver usato una sedia a rotelle all'aeroporto di Londra pur di non perdere la coincidenza per Los Angeles, infine il protagonista Toni Servillo, impegnatissimo sul fronte teatrale, e quindi arrivato qui all'ultimo momento. Una toccata e fuga, il più possibile concisa e silenziosa, accompagnata dalla proiezione del documentario di Massimiliano Pacifico
394 Trilogia nel mondo. Come per dire che, prima di tutto, c'è, sempre e solo, il nobile teatro.
Dell'immenso cast della Grande bellezza, tutto made in Italy, nessun'altra traccia, se si eccettua Anita Kravos, protagonista, nella pellicola, di un'ardita performance d'avanguardia (è Talia Concept, la ragazza, senza costume di scena, che all'alba si lancia contro le mura dell'Acquedotto davanti a un'assorta audience di estimatori), e che a Hollywood, invece, appare trasformata, a sorpresa, in neo-cronista televisiva. Certe volte l'importante è esserci, in ogni modo.
Oppure non esserci per niente, seguendo l'adagio morettiano (...mi si nota di più se non vado...), come hanno fatto Carlo Verdone, lo scrittore in crisi amico di Gambardella, e Sabrina Ferilli, la malinconica spogliarellista Ramona. Sulla carta l'attrice sarebbe assente giustificata perchè in tournée con lo spettacolo di Pino Quartullo.
Ma il gossip impazza e naturalmente attraversa l'oceano. Sarebbe venuta, si racconta, anche a spese sue, se solo avesse avuto la possibilità di sedere accanto all'autore, o almeno di rientrare nell'inquadratura tv che, da stanotte, comunque vada, farà il giro del mondo.
Invece niente, il protocollo Oscar è rigidissimo, i nominati dispongono solo di quattro posti in platea, generalmente parenti e produttori. Insomma, c'era il pericolo che, dopo aver volato fin qui, la morbida Ferilli si ritrovasse in piccionaia e questo no, non andava bene, anche se un film agli Oscar non è proprio cosa da tutti i giorni.
D'altra parte, i sostenitori non mancano. Al party Armani, l'altra sera, nell'atelier di Rodeo Drive addobbato in chiave «Grande bellezza», con immense foto del film alle pareti, circolavano Serena Dandini con il compagno Lele Marchitelli, autore delle musiche dell'opera, l'attore Thomas Arana, che ospita nella sua villa Sorrentino con moglie e figli, lo sceneggiatore, regista e scrittore Ivan Cotroneo, la coppia Valeria Golino- Riccardo Scamarcio.
La formazione si muove compatta, a testuggine, e diventa impenetrabile nel momento in cui alla festa arriva il maestro venerato, Martin Scorsese, che, con il regista napoletano, ha stretto grande amicizia, anche dopo aver condiviso, a dicembre, l'esperienza nella giuria del Festival di Marrakesh.
Cresciuto nella comunità italo-americana di Little Italy, l'autore del Lupo di Wall Street dà l'impressione di trovarsi benissimo in mezzo ai rappresentanti del clan romano-napoletano, e infatti fioccano sorrisi, abbracci, carezze e buffetti ai bambini. Con gli italiani, si sa, è un'altra cosa, l'intesa è diversa, c'è subito aria di famiglia, e non importa se, poco più in là , i fotografi si scatenano sullo statuario Samuel Lee Jackson e su Cate Blanchett che risplende di luce propria, nella tuta bluette tempestata di pietre colorate.
Nell notte il tour continua con la cerimonia in cui i candidati alla statuetta vengono a sapere dalle mani di chi (eventualmente) riceveranno il premio. Momento emozionante, la tensione è alle stelle, ma il fuso bastona e dopo non c'è più tempo né forza per altre comparsate, nemmeno sul tappeto rosso di «Los Angeles Italia Film, fashion and art fest», la manifestazione di Pascal Vicedomini che, ieri sera, ha chiuso i battenti, proprio mentre il Chinese Theatre si trasformava in una fortezza inespugnabile, imbottita di security.
Sotto i riflettori si danno il cambio gli ultimi invitati, tutti pronti per il tifo di stanotte, da Franco Nero con il codino appuntato sulla nuca a Nastassjia Kinski che annuncia a destra e a manca il proposito di trasformarsi in intervistatrice di star, dal regista Paolo Genovese alla premiatissima Anjelica Huston che dice di avere con l'Italia un rapporto di speciale amicizia. Per questo, prima che l'Oscar cominci, le ultime note che riecheggiano nella sala adiacente diventano quelle del brano di Domenico Modugno Meraviglioso. La squadra italiana, fiaccata dagli impegni, si perde sotto il cielo piovoso e le palme frustate dal vento, in mezzo agli Spiderman e ai Darth Vader che affollano la «Walk of fame».
Se si vince sarà bellissimo, sennò si torna a casa, e tornare a Roma, si sa, non è mai un dispiacere. Lo dicono anche i tassisti, nigeriani, greci e iraniani che, appena sentono di un film italiano candidato all'Oscar, gioiscono e fanno gli auguri manco si parlasse di casa loro. Ma perchè? A tutti quelli che, in questi mesi, hanno chiesto se c'erano collegamenti tra la Dolce vita di Federico Fellini e il suo film, Sorrentino e Servillo hanno risposto ricordando che il primo titolo, poi accantonato, del vecchio capolavoro era «La bella confusione». Dev'essere quell'unica, impareggiabile, confusione italiana che, oltre a tutto il resto, ci rende ancora popolari, nonostante tutto.
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