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PSICO-FOLLIA DEL CONSUMO - SIAMO BERSAGLIO DI CONTINUI MESSAGGI CHE CI SUGGERISCONO DI COMPRARE VERSIONI MIGLIORATE DEI PRODOTTI CHE GIÀ ABBIAMO, ANCHE SE QUESTI FUNZIONANO ANCORA - ECCO L’ESCAMOTAGE MENTALE PER GIUSTIFICARE I NOSTRI CONSUMI
Giuliano Aluffi per “la Repubblica”
Nella mente dei consumatori, tra esigenze reali e bisogni artificiosi che ci spingono a comprare l'ultimo modello di automobile o di smartphone, anche se quello vecchio funziona benissimo. Il viaggio, a metà tra psicologia e marketing, lo ha compiuto la ricercatrice italiana Silvia Bellezza.
In uno studio che sta per uscire sul Journal of Marketing Research dimostra come, per esempio, poco prima del rilascio dei nuovi modelli di cellulari si impenni il numero di incidenti che ci "obbligano" a comprare l'ultima versione.
Bellezza, 37 anni, laureata in economia alla Luiss, poi marketing manager per due grossi brand internazionali, si è infine resa conto che la psicologia del consumo l' attraeva più di ogni altra cosa: «Voglio capire perché compriamo, e se nel farlo cerchiamo di veicolare qualche messaggio a noi stessi o al prossimo». Un percorso che l' ha portata oggi a essere docente di marketing alla Columbia Business School di New York.
Come è nata la sua ultima ricerca?
«Un docente del Mit, Joshua Ackerman, stava studiando le ragioni psicologiche per cui distruggiamo gli oggetti. Così mi sono chiesta: "Può succedere che lo si faccia di proposito? E se sì, ne siamo consci? Abbiamo innanzitutto notato che chi perde un telefono è meno propenso a cercarlo se sta per uscire il modello nuovo. Il sito Imei Detective aiuta a ritrovare i cellulari persi o rubati.
Abbiamo avuto accesso al database del sito e focalizzato la nostra attenzione sugli iPhone. Risultato: proprio poche settimane prima del rilascio annunciato dei nuovi modelli, calano le ricerche per quelli persi o sottratti. Poi abbiamo sottoposto un questionario a 602 persone, con domande come: "Se il tuo cellulare si danneggiasse, lo faresti riparare o lo rimpiazzeresti?". Ebbene la disponibilità sul mercato di un nuovo modello fa cambiare queste risposte, rendendo chi risponde più disposto a buttare via il vecchio. Infine abbiamo fatto un vero esperimento».
Ce lo descrive?
«Abbiamo regalato a 92 studenti del Mit una tazza da caffè di ceramica, bianca e molto ordinaria. Poi abbiamo mostrato, a metà di loro, due tazze più decorate e attraenti, dicendo: "A esperimento finito, potrete acquistare a un prezzo speciale quella che preferite".
Quindi abbiamo fatto giocare tutti a Jenga, il gioco in cui, dopo aver impilato blocchi di legno formando una torre, bisogna sottrarre un blocco per volta sperando che non sia quello che fa crollare tutto. In cima alle torri abbiamo messo le tazze bianche.
Risultato? Quelli che sapevano di poter avere a prezzo di favore una tazza più bella, hanno fatto crollare la torre il doppio delle volte degli altri. Una goffaggine molto sospetta».
Perché ci comportiamo così? E, soprattutto, ne siamo consci?
«Siamo bersaglio di continui messaggi che ci suggeriscono di comprare versioni migliorate dei prodotti che già abbiamo, anche se questi funzionano ancora benissimo. Per cedere a queste lusinghe, sentiamo il bisogno di una giustificazione. Ma bistrattare ciò che possediamo, se funziona bene, sarebbe troppo irrazionale per essere accettabile.
Così diventiamo più distratti e negligenti, e ciò ci aiuta a salvare la nostra autostima nel momento in cui l' oggetto vecchio dovesse subire un incidente. Nonostante tutto, non vogliamo sentirci consumisti, anche se siamo molto sensibili al piacere del consumo. È quello che io e Francesca Gino, docente alla Harvard Business School, abbiamo definito "effetto upgrade"».
Quali sono i motivi profondi di questo senso di colpa?
«Quando compriamo un bene si forma nella nostra mente l' idea di quale sarà la sua durata. Violare questa previsione iniziale ci fa sentire in difetto. Ma un "infortunio" può risolvere il conflitto interno. Però abbiamo anche riscontrato che il pensiero "Potrei passare il mio vecchio modello a un familiare, oppure a un amico" riesce ad attenuare il comportamento negligente».
Ci sono differenze tra consumatori americani e italiani?
«In uno studio comparativo appena pubblicato abbiamo mostrato che il lamentarsi sui social media di non avere mai tempo libero negli Usa sta diventando uno status symbol, mentre in Italia è l' opposto: si giudica come più ricco chi mostra di avere tanto tempo libero.
La spiegazione è che l' americano associa l' indaffaratezza con l' essere molto richiesto, e quindi prezioso. Inoltre, in Italia chi vuole acquistare una bici per la pedalata domenicale opta per modelli economici. Negli Usa è più facile che il ciclista o il tennista della domenica acquistino equipaggiamenti molto tecnici e costosi. Il consumo in Italia è più graduale, in America è gonfiato da una specie di effetto placebo: come se fosse la mia bici a pedalare, al posto mio».