1971: L’ANNO IN CUI LA MUSICA HA CAMBIATO TUTTO – LA NUOVA DOCU-SERIE DI APPLE TV+ È UN AFFRESCO POTENTISSIMO, FATTO DI IMMAGINI E DI PAROLE, E SOPRATTUTTO PIENO DI MELODIE SENZA TEMPO: DAI ROLLING STONES AI DOORS, DA DAVID BOWIE A ELTON JOHN E JOHN LENNON – IL PRODUTTORE JAMES GAY-REES: “SONO STATE COMPOSTE DELLE CANZONI INCREDIBILI, E NON È STATA UNA COINCIDENZA. IL 1971 È STATO UN ANNO DI TRANSIZIONE E…” - VIDEO
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Gianmaria Tammaro per “La Stampa”
Dice James Gay-Rees, produttore esecutivo della nuova docu-serie di Apple tv+, disponibile da oggi in streaming, che il 1971 è stato un anno diverso: «Sono state composte delle canzoni incredibili, e non è stata una coincidenza. Il 1971 è stato un anno di transizione, di passaggio. E la musica ha risposto alle novità dell' epoca.
Molta di quella musica viene ancora ascoltata, e viene riproposta, condivisa e consigliata. Alcuni brani parlavano di protesta, altri volevano essere una via di fuga».
1971: l' anno in cui la musica ha cambiato tutto è un affresco enorme, potentissimo, fatto di immagini e di parole, e soprattutto pieno di melodie senza tempo: dai Rolling Stones ai Doors, da David Bowie a Elton John e John Lennon. Nasce dal libro di David Hepworth (in Italia edito da SUR), circa quattro anni fa. «Quando abbiamo trovato i primi materiali - spiega Gay-Rees - abbiamo anche scelto i temi principali.
Abbiamo fatto molte ricerche. Volevamo avere un altro approccio. Ci interessava riuscire a raccontare l' atmosfera di quel periodo: la fine degli anni Sessanta e l' inizio di una nuova era; l' ottimismo improvvisamente sostituito dalla paranoia, e il radicale cambiamento nel modo di pensare».
Secondo Danielle Peck, regista e produttrice di 1971, «alla fine sono sopravvissute le canzoni e la loro capacità di emozionare. Le manifestazioni, l' attivismo, il succedersi tumultuoso dei presidenti: tutte queste cose, in un certo senso, ci sono ancora oggi. Volevamo creare un punto di contatto tra le persone e quel periodo».
Ogni episodio è come il capitolo di un saggio e allo stesso tempo è differente: c' è uno studio profondo della narrazione; i toni tengono insieme il racconto, e lo spettatore viene trasportato da un punto all' altro, in continuazione. È un viaggio lineare, velocissimo, a tratti frenetico, ricco di voci e di protagonisti, di colori e di suoni. È il ritratto di un altro mondo e di un' altra sensibilità.
«Volevamo usare la musica per parlare di altri argomenti - continua Gay-Rees -, volevamo ripercorrere la storia recente. Molti dei problemi di quegli anni sono estremamente simili, a volte addirittura uguali, ai problemi che stiamo affrontando adesso. Il nostro obiettivo era sottolineare la necessità del progresso, di andare avanti, di migliorarci. I musicisti di quell' epoca parlavano di attualità e di politica, e il pubblico finiva per reagire e per riflettere».
Quando si lavora a una serie o a un film, interviene Asif Kapadia, regista Premio Oscar, «bisogna metabolizzare il materiale di partenza e creare qualcosa di nuovo. Tutto, in questo modo, diventa più appassionante. La lista degli artisti e la lista degli album sono un punto di partenza, un riferimento piuttosto chiaro e costante.
Ma abbiamo provato ad andare oltre il libro. Io sono nato nel 1972. Da bambino sono stato influenzato dai gusti della mia famiglia. E per molto tempo, ho ascoltato pochissimi artisti bianchi».
Uno dei momenti più importanti nella realizzazione di 1971 è stato sicuramente il montaggio. «Perché - dice Peck - non finisce mai davvero. Continui ad aggiungere cose, a rivederle. Inizi immediatamente a montare, dal primo istante, e poi vai avanti e indietro. Avevamo tantissimi contenuti, e imparare a utilizzarli è stato fondamentale. Siamo sempre stati molto collaborativi: ci siamo confrontati, abbiamo messo insieme una mappa tematica; e ci siamo sempre ritrovati». 1971 è una docu-serie con una visione precisa e coerente.
Una delle sfide più difficili, ricorda Gay-Rees, è stata convincere gli artisti, gli eredi, le etichette e gli agenti. «Alcuni ci dicevano di no, di non essere interessati, di non voler partecipare. I lavori che abbiamo fatto nel passato ci hanno dato una certa credibilità. Ma noi abbiamo provato a essere sempre audaci, a non accontentarci». 1971 è straordinaria proprio per questo: non si ferma, insiste; è feroce, carica ed entusiasta.