ALTRO CHE BRITNEY SPEARS, SALVIAMO GIANLUCA GRIGNANI! - MOLLATO DALLA MOGLIE VUOLE METTERE IN VENDITA LA CASA-STUDIO, TUTTO PUR DI PUBBLICARE UN MASTODONTICO TRIPLO ALBUM. MA INTORNO HA IL VUOTO: CHIUSO LO STORICO FUN CLUB, VITTIMA DI UNA COMUNICAZIONE NON PROFESSIONALE, LA DISORGANIZZAZIONE DEI LIVE E LA POCA TUTELA DELLA SUA IMMAGINE, ORMAI ASSOCIATA A QUELLE SERATE UN PO' SU DI GIRI - L’APPELLO PER SALVARE QUELLO CHE VASCO HA DEFINITO “IL JOHN LENNON ITALIANO” PRIMA CHE...
Gianmarco Aimi per https://mowmag.com/
Un giorno eravamo a pranzo e parlando, dal nulla, se ne uscì con questa frase: «Nella storia ci sono state tre rivoluzioni: di Gesù, dei Beatles e di Internet».
Grignani è Grignani, nonostante Grignani. Potrà sembrare un ossimoro, ma l’autore di Destinazione Paradiso è sempre stato una contraddizione vivente.
Talento da vendere, che piuttosto di vendersi al mercato ha mandato tutti a quel paese dopo il primo e fortunatissimo album, sfornando Fabbrica di Plastica, un disco epocale per la discografia italiana che vendette un decimo dell’esordio. In grado in ogni brano di far scorrere testi romantici perfetti nell’imperfezione delle storie descritte su armonie agrodolci alla Battisti e di uscirsene con Ti rasero l’aiuola, su un riff di chitarre “alla Vasco” senza scimmiottare la rockstar di Zocca, come omaggio al lato più guascone e amante del gentil sesso.
Gianluca Grignani canta e Pierluigi Diaco lo accompagna con la chitarra
Non a caso lo stesso Rossi lo definì “il John Lennon italiano”. In più, dotato da madre natura di una bellezza folgorante in grado di far cadere ai suoi piedi frotte di ragazze adoranti, si è permesso il lusso di autodistruggersi riuscendo comunque ad arrivare a 48 anni con un aspetto più intrigante (chiedete alle donne) di tanti suoi colleghi astemi, che seguono diete vegane o praticano pilates.
A volte esagero, non è solo il titolo di uno dei suoi album. Gianluca ha nell’eccesso – anche di sensibilità – un tratto caratteristico del carattere. È un rocker di quelli autentici, che pratica uno strano equilibrismo tra successo e fallimento che soltanto i veri artisti sanno percorrere. Eppure, ci sono momenti in cui, anche per chi è baciato dal “sacro fuoco”, arriva il momento di fermarsi e chiedere aiuto. Alcuni ci riescono, come recentemente Morgan (consigliamo il suo libro La casa gialla) con il quale sembra condividere ben più del genio e della sregolatezza. Altri no, e sappiamo come va a finire.
Forse quella soglia è stata varcata. In particolare, dopo le dichiarazioni che ha rilasciato a Rtl durante una ospitata nella quale ha presentato il triplo album in uscita Verde smeraldo: «Parte dalla morte di una mia amica, Stefania, quando aveva 10 o 12 anni, eravamo coetanei. È morta dove io vivo adesso. Andavo a trovare i miei zii, frequentavo anche lei ed ero innamorato di questa bambina… io abito lì, per assurdo la mia casa è lì, anche se adesso la dovrò vendere per ovvi motivi…».
E uno si chiede: mette in vendita la villa di San Colombano al Lambro, dove da anni vive recluso (tutte le foto sui social vengono da lì) e nella quale ha appena costruito uno studio di registrazione investendo un patrimonio? Strano, benché sia libero di cambiare abitazione senza dover rendere conto a nessuno. Solo che in un altro passaggio appare tutto più chiaro e desolante.
«Non dirò il tuo nome – terzo singolo pubblicato in queste settimane - è nato in un periodo storico, in un momento mio particolare dal punto di vista sentimentale molto forte. Diciamo che c’è un muro. Un muro e da qui la mia vita cambierà. Anzitutto per i miei figli, che saluto tantissimo. L’ho scritta in una notte con quella sensazione che provavo, ma non l’ho scritta per la persona con cui sto, o stavo, ma per la persona che mi dava quello che lei non mi dà più». Insomma, a quanto pare, il cantautore ha confermato tra le righe la rottura con la moglie Francesca Dall’Olio, che evidentemente se ne è andata ha portando con sé i quattro figli avuti in oltre 20 anni di relazione.
GIANLUCA GRIGNANI OSPITE DI DIACO A IO E TE NOTTE
A questo punto, sarebbe facile speculare sulla vicenda costruendo un articolo infarcito di vecchie dichiarazioni d’amore tra i due coniugi e per i figli, considerati – a ragione - “quattro diamanti splendidi”. Il nostro intento, però, non è fare gossip dei loro affari di coppia, ma lanciare un appello con l’hashtag #SaveGrignani. Se lo merita Britney Spears, perché non lui che artisticamente è diverse spanne sopra? In fin dei conti, se non se la passa bene, non è per mancanza di ispirazione - ascoltate i suoi pezzi, ancora di gran lunga superiori alla media - ma per aver totalmente sbagliato la scelta di chi avrebbe dovuto gestirne l’immagine e la promozione.
Non è un mistero nell’ambiente, che da qualche anno (almeno il 2014) abbia azzerato il precedente staff per decidere di affidarsi, di volta in volta, a persone con poca o nessuna esperienza nell’ambito della musica e della comunicazione. Basta seguire i social per accorgersene, con le foto che via via diventano meno professionali, i video decisamente sbilenchi, le grafiche simili a quelle prodotte artigianalmente per una festa della birra e abbondano gli errori grammaticali nei post non proprio da social media manager e ancor meno qualificanti per un cantautore del suo livello.
Parallelamente, le esibizioni live si diradano, così come le ospitate in tv o in radio, finché un giorno non hanno cominciato a circolare i video mentre si aggira per le vie di San Colombano al Lambro in accappatoio e ciabatte in stato confusionale. Viene fermato, caricato a forza su una ambulanza e portato in ospedale.
È il 2016 e ciò avviene il giorno dopo la presentazione dell’album per il ventennale di carriera Una strada in mezzo al cielo (in realtà già arrivato in ritardo, visto che Destinazione Paradiso è del 1995) infarcito di collaborazioni importanti tra le quali Ligabue, Elisa, Carmen Consoli, Max Pezzali, Luca Carboni, Fabrizio Moro e Federico Zampaglione. Sfumerà l’intero lancio, così come il tour (a parte due concerti recuperati a Milano e Roma). Ne seguirà qualche giorno di riabilitazione, la giustificazione alla stampa in cui spiega che è colpa di una «ansia cattiva che non passa mai» e che lui quelle «crisi di panico prova a quietarle e vincerle con i tranquillanti, il bere e altri rimedi deboli e provvisori». Nel 2014 gli era già successo e andò peggio: a Rimini diede in escandescenza e venne arrestato per resistenza e lesioni nei confronti di due carabinieri (a processo patteggerà, risarcendo le parti lese).
Nello stesso anno, farà discutere l’ospitata durante il concerto di Omar Pedrini, dove si presentò decisamente alterato e si distinse, scrive il Corriere “per una performance vocal-canora che ha sfiorato il teatro dell’assurdo”. Lo stesso Pedrini, riporterà nella sua biografia Cane sciolto, che nei camerini venne sfiorata la rissa tra Gianluca e il batterista dei Timoria, reo di averlo invitato a scendere dal palco. Tornando al 2016, ma prima del ricovero in ospedale per l’attacco di panico, divenne virale con i meme circolati sul web tratti dalla partecipazione al Capodanno di Bari in cui apparve con un atteggiamento sopra le righe – per usare un eufemismo – e mise in imbarazzo Gigi D’Alessio, che comunque lo difese:
“Era solo un po’ euforico”. I giornali e i siti, però, scriveranno che era ubriaco. Un dettaglio, che gli precluderà in seguito, nel 2017, il concerto già annunciato a Montefiascone (Viterbo) organizzato in occasione della Fiera del Vino, dopo i tanti post ironici degli utenti sostenuti da quello velenosissimo di Selvaggia Lucarelli, che commenterà così l’accostamento tra il rocker e la rassegna: “A occhio, non mi sembra una buona idea”. La giustificazione per la cancellazione della data apparì la classica toppa peggio del buco: “Mi vedo costretto ad annullare il concerto a Montefiascone, perché c'è stata una disinformazione generale sull'evento stesso, sulla location cambiata quasi all'ultimo minuto, dettagli dei quali io sono venuto a conoscenza poche ore fa!!!”.
Da quel momento si susseguono le date annullate con poche ore di preavviso o che per la natura stessa dell’evento non sembrano all’altezza della sua fama e lo portano a gesti di insofferenza. Come quando definì “una pagliacciata” l’allestimento a Borgetto (Palermo), dove gli diedero uno sgabello instabile che scagliò a terra con un calcio, per poi lasciare il palco a causa della ballerina spuntata alle sue spalle che, in abiti discinti, cercava di raffigurare con movenze sensuali Una donna così e lui la interpretò come “una presa per il culo”.
Potremmo andare avanti a lungo nel ricordare gli incidenti di percorso e le intemperanze e se siete curiosi di conoscere quelle dei vent’anni antecedenti (alcune davvero spassose) potete leggere la biografia non autorizzata Rockstar a metà scritta dal precedente manager Massimiliano Longo, ora direttore di All Music Italia. Il punto, però, non sta nel voler stigmatizzare il suo stile di vita – la storia della musica si è nutrita di questa mitologia -, ma che nonostante ciò riesca a mettere a frutto il suo talento e nel contempo capitalizzare il proprio lavoro. E questo aspetto risulta in saldo palesemente negativo, non tanto a causa delle brutte canzoni, quanto di uno staff non all’altezza di un personaggio così complesso, ma ancora in grado di scaldare i cuori di milioni di persone.
Mentre avvenivano gli episodi descritti – che già danno l’idea della disorganizzazione e della poca tutela della sua figura – coloro che sono stati arruolati sulla fiducia dal cantautore, invece di ricercare un contatto con il pubblico, hanno compiuto una rapida demolizione del rapporto artista-supporters. Un lungo periodo di inattività sui social, da un giorno all’altro, si interruppe con la chiusura dello storico Fun club, cancellato dall’ultima manager.
Fuori quelli che si azzardavano a chiedere che fine avesse fatto, così come coloro che facevano notare le comunicazioni contraddittorie, le promesse disattese di lancio di singoli, dischi e progetti poi spariti nel nulla. E in un battibaleno, le decine di pagine che celebravano “The Joker”, così viene soprannominato dagli estimatori più fedeli, vengono bandite attraverso un post dal profilo ufficiale che gli intima di non ficcare il naso nei suoi affari personali. Come se chiedere come sta il proprio beniamino o il rispetto di un annuncio – da chi paga dischi, biglietti dei concerti, merchandising e sostanzialmente contribuisce alle sue fortune - fosse un delitto di lesa maestà.
A seguire, anche i live vengono trasformati. Dopo i due ottimi concerti all’Alcatraz di Milano e all’Atlantico di Roma, via la band di supporto e viene scelto un Acoustic tour, dove si esibisce in giro per l’Italia – spesso in situazioni poco consone a chi ha venduto 5 milioni di dischi - da solo e con la propria chitarra a tracolla. Una decisione che, se inizialmente ha esaltato i fan, si è rivelata un boomerang. Perché se è vero che il compositore non si discute, è altrettanto innegabile che è necessario essere corazzati, tecnicamente e psicologicamente, per affrontare in solitaria ogni sera un pubblico diverso per ore e senza sfigurare.
Basta guardare su YouTube i numerosi video amatoriali caricati per farsi un’idea di come in generale è andata a finire. In una delle ultime date, al festival Suoni di Marca a Treviso del 2018, la performance è stata interrotta bruscamente, nessun bis, le facce attonite del backstage e i fischi da parte del pubblico. Nello stesso tempo, rispetto al passato, dopo gli spettacoli cercare di avvicinarlo per selfie o autografi è diventata una impresa riservati soltanto a coloro che, attraverso il Fun Club ripulito di ogni voce discordante, aveva rigato dritto.
Nel mentre, viene annunciato un po’ in sordina che era entrato in studio per registrare un nuovo album di inediti. Un evento, visto che da sei anni mancava dalle classifiche. E qui arriviamo a Verde smeraldo. Un album mastodontico pensando alla discografia attuale. Un triplo disco, che si configura come concept, che dovrebbe contenere 60 canzoni. Per realizzarlo, siccome oltre alla diffidenza nei confronti dello staff è andata crescendo anche quella verso gli addetti ai lavori, decide di costruirsi uno studio di registrazione in casa. Proprio nell’abitazione che (ma speriamo di no) ha detto di dover mettere in vendita. Per riuscirci investe parecchio, lo ha dichiarato più volte ai giornali. Per un motivo o per l’altro, il lavoro va per le lunghe nonostante l’autogestione, o forse a causa di essa.
Nel panorama odierno, già appare una follia pensare a un triplo disco, in un mercato dominato da singoli e mixtape sostenuti da campagne social martellanti rivolte a un seguito costruito sulla base di milioni di followers. Ma lui prosegue, incurante di tutto e non certo ben consigliato, finché un giorno si viene a sapere che l’album non sarà prodotto dalla Sony, ma soltanto aiutato nella distribuzione. In estrema sintesi, le spese saranno a carico suo e di volta in volta la major si riserverà la libertà di sostenerlo o meno. E così è costretto a fondare la Falco a metà, l’etichetta personale creata appositamente per concludere il progetto.
A gennaio di quest’anno, finalmente, esce il primo singolo Tu che ne sai di me e a seguire gli altri due Dimmi cos’hai e Non dirò il tuo nome, sui quali le aspettative erano altissime. Purtroppo, nonostante la qualità delle canzoni e l’exploit iniziale che lo porta fra i dieci brani più scaricati di iTunes, i successivi passano in sordina.
Anche la vociferata partecipazione a Sanremo sfuma e la rarefatta promozione è affidata a partecipazioni in programmi tv che certo non sono rivolti a un pubblico di giovani né di appassionati alla musica (da Mara Venier e Pierluigi Diaco), con le uniche eccezioni di Rtl, radio che passa con continuità i suoi brani e all’amico Max Brigante che lo ospita a 105 Mi Casa.
Ben poco, per uno del suo calibro e che avrebbe bisogno di una presenza costante su più fronti, da Sanremo ai social, dai concerti organizzati in grandi strutture se non addirittura negli stadi (ne avrebbe ancora le potenzialità) a un tour all’estero, magari in quel Sudamerica dove La mia storia tra le dite è uno standard - è stato premiato all’Avana unico tra gli italiani - per recuperare fiducia e risorse utili a risollevare una carriera lasciata andare alla deriva troppo a lungo.
A questo punto, sembra non fare nemmeno più notizia. Dichiara in una radio nazionale che l’amore con la moglie è finito (ma gli auguriamo che sia un momento di pausa) e che è costretto a mettere in vendita la casa e nessuno se ne accorge. Noi sì, perché lo stimiamo e avremmo tanto voluto intervistarlo per parlare della situazione con lui direttamente. Ma nonostante le richieste, evidentemente non siamo tra i giornalisti graditi dall’attuale entourage. Poco male, perché i manager passano e i veri artisti restano.
E nel lanciargli questo messaggio a cambiare direzione, affinché capisca che è il momento di chiedere aiuto a livello professionale – nel privato saranno fatti suoi – vogliamo ricordargli che la creatività trova il suo apice nell’attimo in cui la normalità e la follia raggiungono il “punto di sella”. È spiegato in fisica, cioè quando due sistemi contrapposti sono in equilibrio. Ecco, gli auguriamo di ritrovare il proprio bilanciamento. Lo ha spiegato anche un poeta persiano in una quartina: “Quando sono sobrio, la gioia mi è velata e nascosta, quando sono ubriaco non ha più coscienza la mia mente. Ma c’è un momento, in mezzo, fra sobrietà ed ebbrezza: per quello darei ogni cosa, quello è la vita vera”.
Tutto molto suggestivo, solo che Omar Khayyâm la scrisse nel XII secolo e nel 2020 per vivere di creatività non basta più essere soltanto artisti, ma è necessario che l’ispirazione viaggi sui giusti canali. A ognuno il suo mestiere: a Grignani il cantautore, a chi gli sta a fianco il compito di valorizzarne lo straordinario talento.