BINARI TRISTI E SOLITARI - ALAIN ELKANN AVREBBE DOVUTO FAR TESORO DELLA LEZIONE DI ITALO CALVINO, CHE FREQUENTAVA (E RACCONTAVA) I CINEMA-PIDOCCHIETTO D’ANTAN SENZA TURARSI IL NASO O DARE DEI LANZICHENECCHI A “UNA PLATEA DI GENTE CHE SBUFFA, ANSIMA, SGHIGNAZZA, SUCCHIA CARAMELLE, TI DISTURBA, ENTRA, ESCE; IL CINEMA È QUESTA GENTE, PIÙ UNA STORIA CHE SUCCEDE SULLO SCHERMO” - PER DIRLA CON IL SOCRATE NAPOLETANO, DE CRESCENZO: “QUELLO CHE DÀ UN PO' FASTIDIO AGLI INTELLETTUALI È LA REALTÀ”

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Tina A. Commotrix per Dagospia

 

LANZICHE-NECCHI - MEME SU ALAIN ELKANN BY EMILIANO CARLI

Caro Dago,

infastidito dai giovani lanzichenecchi che occupavano la carrozza nel “suo” treno in viaggio verso Foggia, Alain Elkann si è sorpreso che facesse tappa a Benevento. Città a lui forse ignota, ma non al mondo delle lettere a cui lui ambisce concorrere.

 

Infatti, è il luogo d'origine - grazie al liquore lì prodotto -, dell’ambito Premio letterario “Strega”. Da non confondere con l’estratto di anice che porta il nome anche del suo “nuovo” direttore, Molinari, che da questa storiaccia ne esce con le ossa rotte in redazione (e fuori i suoi recinti).

 

Eppure il suo journal di viaggio pubblicato a sorpresa sulle pagine culturali di “Repubblica” - e chissà? forse rifiutato dalla “Stampa” di cui Elkann è collaboratore storico e il figlio primogenito John proprietario di entrambe le testate -, forse era una occasione unica per lui di generare della “vera” letteratura.

Giorgio e Lietta Manganelli

 

Non il raccontino snobbish (e ridicolo) che abbiamo letto sui giovani selvaggi in carrozza che, tapini, ignorano il passeggero con la puzza sotto il naso. All’intellettuale (dei miei stivali) però, - forse assorbito dalla lettura soporifera di Proust – nemmeno è sorto il dubbio (ahimè atroce) che tra quei “nouveaux lansquenets” avrebbe ben figurato in passato anche il suo secondogenito, Lapo, i cui comportamenti in gioventù (bruciata) non erano certo degni (o consoni) della casata torinese.

 

LUCIANO DE CRESCENZO

Ecco, allora, il peccato originale della sua articolessa sbeffeggiata sui social (e risparmiata dai media tradizionali pavidi). Se Elkann avesse prestato orecchio alle parole del filosofo Tzvetan Todorov - invece di ostentare il “New York Times” (Umberto Eco viaggiava con la “Settimana Enigmistica” sotto il braccio) - forse poteva salvarsi l’anima e la reputazione.

 

Per Todorov, infatti: “L’intellettuale non deve limitarsi a creare opere d'arte e allo sviluppo del bello” - ma non è il caso di Alain Elkann -, “deve essere bensì toccato dai valori della società in cui vive e che partecipa quindi al dibattito”.

l'autobiografia di uno spettatore di italo calvino

 

Il nostro Bel Ami avrebbe dovuto attingere anche alla “concupiscenza” del saggista e critico, Giorgio Manganelli: “La letteratura non si fa, viene trovata e scoperta in uno dei tanti viottoli del mondo, bisogna distruggere il verosimile”. Per dirla con il Socrate napoletano, Luciano De Crescenzo: “Quello che dà un po' fastidio agli intellettuali è la realtà.

 

Manierismo, il “verosimile”, in cui non era scampato Alberto Moravia, lo scrittore che ha accompagnato (e protetto) l’ascesa del genero di Agnelli nella patria (o mafia) delle lettere italiche. Camarille oggi ridotte ad autoincensamenti su Instagram (o nei lupanari televisivi) vantando capolavori inesistenti. “I libri verosimili di Moravia sono tutti bruttissimi”, sentenziò il Granda Manga.

fare un film, Fellini - -con l'autobiografia di uno spettatore di italo calvino

 

E nella sua stagione parigina, inoltre, Elkann avrebbe dovuto far tesoro dei lunghi silenzi di Italo Calvino che incontrava nei caffè della Rive Gauche nel tentativo (vano) di strappargli un’intervista o apprezzamenti lusinghieri sul suo nuovo romanzo “Piazza Carignano”.

 

Alain avrebbe fatto cosa giusta a leggere i suoi racconti e i suoi saggi. A cominciare dall’“Autobiografia di uno spettatore” pubblicato per la prima volta nel 1974 a prefazione di “Fellini, quattro film” (Einaudi).

 

È nelle sale cinematografiche del dopoguerra (e in avanti), i famosi “pidocchietti” romani, che Italo incontra i suoi “lanzichenecchi”. Ma senza scandalizzarsi o gridare ai barbari che assistevano agli spettacoli fumando e lanciando cartacce dalle gallerie. L’autore di ‘’Palomar’’ invece di turarsi il naso schifato come Elkann sulla tratta maledetta di Foggia, ascolta e registra gli umori di una platea “nuova e sconosciuta che – osserva – implica anche un modello diverso di comunicazione estetica”.

pier paolo pasolini e italo calvino al caffe rosati

 

Per aggiungere: “occorre tener conto di questo pubblico incommensurabilmente più vasto ed eterogeneo di quello della letteratura: un pubblico di milioni in cui le benemerite migliaia di lettori di libri esistenti in Italia annegano come gocce d’acqua in mare”.

 

Poi Calvino, rileva: “Cinema vuol dire sedersi in mezzo a una platea di gente che sbuffa, ansima, sghignazza, succhia caramelle, ti disturba, entra, esce, magari legge le didascalie forte come al tempo del muto; il cinema è questa gente, più una storia che succede sullo schermo”.

ENNIO FLAIANO E BRUNA PARMESAN

 

Forse nel mondo delle lettere (maggiori) un estimatore l’avrebbe incontrato Elkann, Ennio Flaiano. Per lo scrittore satirico e sceneggiatore di Fellini non esisteva nulla di più bello e intrigante della stupidità. I cretini andavano coltivati. E poteva perdonare anche la loro prosa zoppicante. La stupidità l’appagava.

JOHN, LAPO E ALAIN ELKANN

 

alain elkann rosi greco
gianni agnelli al matrimoni della figlia margherita con alain elkann
RYANAIR SU ALAIN ELKANN
MEME SULL ARTICOLO DI ALAIN ELKANN DAL TRENO PER FOGGIA
ALAIN ELKANN IN TRENO - MEME
ARTICOLO DI ALAIN ELKANN CONTRO I GIOVANI LANZICHENECCHI
ALAIN ELKANN - VIGNETTA BY VUKIC
ALAIN ELKANN
sandra verusio alain elkann massimo dalema
ALAIN ELKANN E ROMINA POWER - FOTO MARCELLINO RADOGNA