LA CANNES DEI GIUSTI – “CAUGHT BY THE TIDES”, DI JIA ZHANGKE, È FORSE IL PIÙ FATICOSO MA ANCHE IL PIÙ SPERIMENTALE E COMMOVENTE FILM DEL CONCORSO. TROPPO COMPLESSO CINEMATOGRAFICAMENTE PER POTER DAVVERO PIACERE A QUESTA GIURIA, TROPPO LUNGO PER IL PUBBLICO FIGHETTO DI PRATI, DOPO UN'ORA INIZIALE UN PO' TOSTA MI HA AVVOLTO E CONQUISTATO - OGNI INQUADRATURA E OGNI SCENA HA IL SUO SENSO. E IL FINALE TRISTISSIMO SI APRE IMPROVVISAMENTE IN UN HAPPY END… - VIDEO
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Marco Giusti per Dagospia
Vi avviso, perché è forse il più faticoso ma anche il più sperimentale e più commovente film del concorso.
Troppo complesso cinematograficamente per poter davvero piacere a questa giuria, troppo lungo per il pubblico fighetto di Prati, ma dopo un'ora iniziale un po' tosta ho capito che l'ultima opera di Jia ZhangKe, "Caught by the Tides", incredibile storia d'amore praticamente muta che dura vent'anni, dalle Olimpiadi al Covid, con la sublime Zhao Thao, commentata da una scelta musicale insospettabile, ambientata in gran parte nella cittadina di Datong nella Cina del Nord mi stava avvolgendo e del tutto conquistando.
E vi giuro che se non scappate nella prima parte, perché non è chiaro se si sta vedendo un documentario o un film o chissà cosa, capirete che JiaZhangke non sta solo raccontando la trasformazione di un paese, dai vecchi ritratti polverosi di Mao all'arrivo del robot che ti chiede come stai, sei triste?, ma sta cercando con la complicità dei suoi due protagonisti che si rincorrono per la Cina di raccontare tutto questo reinventandosi continuamente il suo cinema.
In un festival dove, vecchie cariatidi a parte, non si vede tanto cinema, Jan Xhang Ke porta esattamente questa forza. E allora capiamo come ogni inquadratura ogni scena abbia il suo senso. E il finale tristissimo si apre improvvisamente in un happy end.