CARLA VISTARINI RICORDA D'ORAZIO: ''CIAO STEFANO. ANCHE TU. CE NE STIAMO ANDANDO UNO PER UNO, NOI RAGAZZI PER SEMPRE. NOI DI UNA GENERAZIONE UNICA E INIMITABILE, GENTE DI CANZONI, MUSICA E TEATRO, GENTE DI VIAGGI IN AUTOSTOP, DI MONTAGNE SCAVALCATE PER PORTARE DUE RIFLETTORI SCALCAGNATI IN QUALCHE PIAZZA DI PAESE ALLO SPROFONDO. LA NOSTRA GENERAZIONE FORSE NON L'ABBIAMO NEMMENO CAPITA, MA L'ABBIAMO VISSUTA, E L'ABBIAMO RACCONTATA AGLI ALTRI, O ALMENO...''

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Il ricordo di Stefano D'Orazio di Carla Vistarini, pubblicato da Dagospia

 

carla vistarini foto di ludovica borghesi

"Ciao Stefano. Anche tu. Ce ne stiamo andando uno per uno, noi ragazzi per sempre. Noi di una generazione unica e inimitabile, gente di canzoni, musica e teatro, gente di viaggi in autostop, di montagne scavalcate per portare due riflettori scalcagnati in qualche piazza di paese allo sprofondo, noi che ascoltavamo i Beatles ma avevamo nelle orecchie di bambini quelle musiche più antiche, quelle dei nostri genitori, della radio la sera, echi di boogie woogie e fumosi night club in bianco e nero sbirciati su paginone di riviste d'altri tempi; noi che portavamo i pantaloni a zampa e i pelliccioni finti lunghi fino ai piedi, trovati a Porta Portese o a via Sannio, tra le giaccone militari coi bottoni d'ottone e le mostrine, noi che ci bruciavano le redini della banalità sulle spalle e scalpitavamo ma che poi cercavamo vestiti tutti uguali, come fossimo tutti una band, come  un'uniforme della stessa giovinezza e adolescenza, noi coi capelli negli occhi, frange lunghe, maschi e femmine è lo stesso; noi sui Ciao scoppiettanti e manomessi perché facessero più rumore più sgassate più caciara, noi, quelli che a suonare uno strumento  uno qualsiasi, la chitarra, il piano, la batteria, il flauto, l'armonica perfino il kazoo che non ci vuole niente basta un po' di fiato;

 

stefano d orazio

ci abbiamo provato tutti e qualcuno ci è riuscito meglio e qualcun altro no ma almeno  lo ha raccontato, lo ha scritto, in qualche canzone, in qualche libro, in qualche cosa, una cosa qualsiasi, per quelli che restano; quelli delle assemblee, del sei politico, delle serate a sviscerare il Manifesto (quello vero) e a non capirci niente ma seriamente però, perché l'importante è crederci, in qualcosa; noi a cercare nei cinéma d'essai quei film vecchi e bellissimi in bianco e nero, pieni di freaks e 400 colpi, e corridoi della paura e settimi sigilli,  perché il cinema è tutto, noi che niente guerra, solo pace; noi che viva la libertà, noi dei viaggi incoscienti in autostop, e treni di terza classe Londra-Roma;

 

noi che dicevamo grazie e per piacere; noi che  ci stupivamo uno con l'altro, coi sorrisi, cogli occhi spalancati, a mano mano che ci riuscivamo, noi che siamo rimasti sempre quelli, quei ragazzi di un tempo,  noi diversi, noi piccoli, e fra noi quelli che emergevano e diventavano qualcuno, qualcuno che nemmeno loro lo sapevano chi erano all'inizio, e c'è voluto tempo per capirlo e quelli che restavano indietro, persi nel buio di un sogno e di un ricordo, a guardare sorpresi quegli altri che scattavano avanti;

 

stefano d orazio.

noi, quelli che oggi stanno sull'orlo di un saluto, di uno sguardo all'indietro, di un sorriso sperduto a sentire i compagni di quest'unico viaggio camminarci alle spalle mentre il tempo va via, mezzo secolo e passa, e una musica suona un'antica canzone che parlava di noi, talkin' 'bout my generation. Noi quelli che la nostra generazione forse non l'abbiamo nemmeno capita, ma l'abbiamo vissuta, e l'abbiamo raccontata agli altri, o almeno ci abbiamo provato. Ciao Stefano, so long."

 

Carla Vistarini