CHE FA LORENZETTO DI NOTTE? LE PULCI AI GIORNALI! - IL ''FATTO'' SI È NUOVAMENTE DIMENTICATO DI CORREGGERE L'ARTICOLO DI VERONICA GENTILI, CON TRE ERRORI - IL GENOCIDIO NON È ANIMALE, MA ''LA STAMPA'' NON LO SA - ANDARE OLTRE L'ALDILÀ INSIEME AL FIGLIO DI BELZEBÙ - GLI ACCENTI DI GRAMELLINI - IL CIELLINO DEL ''FOGLIO'' RIMANDATO IN CATECHISMO
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“Pulci di notte” di Stefano Lorenzetto da “Anteprima.
La spremuta dei giornali di Giorgio Dell’Arti”
e pubblicato da “Italia Oggi”
(http://www.stefanolorenzetto.it/telex.htm)
Il Fatto Quotidiano si è nuovamente dimenticato di correggere “Facce di casta”, la rubrica settimanale di Veronica Gentili. Le conseguenze sull’ultima puntata sono le seguenti. 1) «Ha visto aprirsi una discussione che si è s polarizzata», e qui siamo al refuso, perdonabile. 2) «Il garbo di Crosetto e la sua capacità di dialogare costruttivamente con chi la pensa in maniera diversa, ci ricordano come la divergenza di opinioni possa davvero essere un valore aggiunto», con un’inescusabile virgola posta a separare i soggetti dal verbo. 3) «Viene spontaneo chiedersi quanto l’attitudine riduzionista (che il termine “negazionista” suscita troppe polemiche) del presidente abbia portato buona parte della collettività a sottovalutare la questione», un errore da matita blu, giacché quella congiunzione andava scritta con l’accetto acuto, «ché», non essendo pronome bensì aferesi di «perché».
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Titolo dalla Stampa: «Il genocidio degli animali. Così l’uomo ha eliminato gorilla, pesci e pappagalli». Poiché genocidio significa «distruzione metodica di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso» (“Zingarelli” 2021), prendiamo atto che per il laicissimo quotidiano sabaudo gli animali sono equiparati agli essere umani e coltivano i valori dello spirito.
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In un servizio sulla cena romana tra i vertici della Lega, presente Matteo Salvini, e uno dei commercialisti arrestati a Milano, Davide Milosa ipotizza sul Fatto Quotidiano che il dialogo compromettente sia stato intercettato con un trojan (virus annidato in un programma di un cellulare) e scrive: «La cena, stando alle indagini, si svolge tra il 24 e il 26 maggio». E più avanti aggiunge: «Il racconto della cena emerge, a quanto risulta al Fatto, dalle intercettazioni e dall’analisi dei tabulati». Com’è possibile che dalle intercettazioni e dall’analisi dei tabulati non emerga anche uno straccio di data per capire se la cena si svolse il 24, il 25 o il 26 maggio?
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«Se appartenete alla tradizione religiosa giudaico-cristiana, è il nome di Bene e Male, Inferno e Paradiso. I Novissimi», scrive sul Foglio il vicedirettore ciellino Maurizio Crippa, sfoggiando i suoi ricordi teologici. Ma ricorda male perché le quattro realtà «ultime» – questo è il significato di «novissimi» – sono Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso.
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«Prototipo di un cabinet de curiosités, la sua raccolta spaziava dai marmi barocchi del Bernini ai dipinti di Hayez e Ligabue, dai mobili del Settecento alla sua Jaguar E-Type che ancora oggi luccica all’ingresso del percorso come emblema di una wunderkammer frequentata dagli amici di una vita». Chiara Gatti ricorda sulla Repubblica il raffinato editore Franco Maria Ricci, ma scrive il sostantivo tedesco con la minuscola, mentre è obbligatoria la maiuscola (e anche Anteprima sbaglia un accento riproducendo erroneamente «curiositès»).
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Massimo Gramellini sul Corriere della Sera scrive dell’esame di lingua italiana a cui «sta per sottoporsi» un calciatore uruguaiano, «il grande Luis Suarez» (più avanti ne ripete, identico, il cognome). In realtà avrebbe dovuto scrivere Suárez. Il sapido corsivista viene esonerato dall’esame di lingua spagnola, con la seguente attenuante generica: il 99,99 per cento dei giornalisti italiani manco sa che esista una «á» (così come la «í» del País) e il restante 0,01 non saprebbe come digitarla (Alt + 0225 sul tastierino alfanumerico del computer, Alt + 0237 per ottenere la «í»).
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Sempre a proposito di accenti. Titolo a tutta pagina dal Fatto Quotidiano, abbonato a questo genere di svarioni: «Covid meno letale: Galli e Zangrillo litigano sul perchè». Eppure la «é» con l’accento acuto sta sullo stesso tasto della «è» con l’accento grave. Aggravante specifica: il quotidiano si pubblica in Italia, non in Uruguay.
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Sulla Verità, in un dialogo a tratti surreale con Stefano Andreotti («Non gli interessava il potere in quanto tale», dice il figlio del Divo Giulio), Maurizio Caverzan scrive «aldilà della qualità dei singoli esponenti». Va bene che l’argomento era Belzebù, ma non bisogna confondere l’aldilà, sostantivo, con la locuzione prepositiva «al di là» (senza contare che il diavolo opera anche nell’aldiquà, non solo nell’aldilà).
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Titolo d’apertura sulla prima pagina di Avvenire: «Il lavoro agile cerca un nuovo equilibrio». Tutti assunti al circo Togni.