CHE FA LORENZETTO DI NOTTE? LE PULCI AI GIORNALI! - NELLA CONVERSAZIONE SUI 45 ANNI DELLA REPUBBLICA, IN CUI DAVA PER MORTO ENRICO BERLINGUER NEL 1978 ANZICHÉ NEL 1984, EUGENIO SCALFARI PARLA DEL RAPIMENTO DI ALDO MORO IN QUESTI TERMINI: “LA RICERCA DURÒ 52 GIORNI, FU VANA E POI ARRIVÒ IL CADAVERE”. È ARCINOTO CHE IL SEQUESTRO DEL LEADER DEMOCRISTIANO DURÒ INVECE 55 GIORNI. NON VORREMMO CHE SCALFARI ESAGERASSE CON LE MORTI PREMATURE...
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“Pulci di notte” di Stefano Lorenzetto da “Anteprima. La spremuta dei giornali di Giorgio Dell’Arti” e pubblicato da “Italia Oggi”
(http://www.stefanolorenzetto.it/telex.htm)
Nella conversazione sui 45 anni della Repubblica avuta con il direttore Maurizio Molinari, in cui dava per morto Enrico Berlinguer nel 1978 anziché nel 1984 (svarione poi corretto con una ribattuta), il fondatore Eugenio Scalfari parla del rapimento di Aldo Moro in questi termini: «La ricerca durò 52 giorni, fu vana e poi arrivò il cadavere».
È arcinoto che il sequestro del leader democristiano durò invece 55 giorni, dal 16 marzo al 9 maggio 1978. Non vorremmo che Scalfari esagerasse con le morti premature.
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L’inclinazione al lutto anticipato pare aver già fatto scuola alla Repubblica. Il supplemento culturale Robinson celebra con ben 7 pagine (copertina inclusa) il centenario della nascita di Leonardo Sciascia. Nell’articolo d’apertura, Enrico del Mercato scrive: «Salvatore Picone, quando Sciascia morì nel novembre del 1987, era un bambino che andava alle elementari».
Questo Picone doveva avere fin da piccolo il dono della predizione: Sciascia morì nel novembre del 1989, il giorno 20, per la precisione.
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Titolo di Libero: «Credenze e oroscopi non c’azzeccano mai ma nessuno li zittisce». A quasi 30 anni di distanza, la depravazione linguistica propagata da Antonio Di Pietro fa ancora danni nei giornali.
Se quel «c’azzeccano» fosse corretto, Alessandro Manzoni nei Promessi sposi non avrebbe scritto «Questi quattro dì che ci abbiamo a stare ancora», bensì «c’abbiamo», e Luigi Pirandello nella Giara non avrebbero scritto «Come se ci avessi un cane addentato», bensì «c’avessi», e Trilussa si sarebbe risparmiato versi quali «Nun cià più la medesima allegria» e «Ciò er core in pace e l’anima serena». Qualcuno ha mai udito due morosi dirsi «Noi c’amiamo»?
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Massimo Gandolfini denuncia sulla Verità «la più pericolosa e volgare delle azioni: mettere il bavaglio alla bocca di chiunque non sia allineato, o quantomeno quiescente, ai dogmi del relativismo oggi imperante». Quiescente? Per lo Zingarelli significa «che è in stato di riposo o d’inerzia». Evidente la confusione con «acquiescente», cioè «consenziente, docile, remissivo».
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Titolo sopra la testata del Fatto Quotidiano: «5 anni dopo la scomparsa dell’imprenditrice calabrese Maria Chindamo, parla un pentito: “Uccisa e data in pasto ai maiali”. La famiglia: “Passo verso la verità”». Dal pasto al passo, il maiale è greve.
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In un articolo senza capo né coda, apparso sul Corriere della Sera, la virologa Ilaria Capua, da tempo emigrata negli Stati Uniti, infila una serie di concetti stralunati su «virus pre-pandemici» e dintorni.
Alcuni esempi. «Il “fattore virus” non è l’unico elemento dell’incendio pandemico ma ne è la componente unica e insostituibile». Se non è l’unico elemento, come fa a essere la componente unica? «Sono certa che più e più volte in questi anni si siano create condizioni analoghe per l’emergenza di un coronavirus pandemico ma che sempre, fino al 2020, moltissimi di questi si siano estinti mentre altri come Sars, Mers, influenza Aviaria, influenza Suina, Ebola e Zika sono state tenute più o meno sotto controllo nel giro di qualche mese».
Tralasciando le concordanze, «questi» chi, scusi? I coronavirus? E allora perché per le epidemie-pandemie dapprima usa il maschile («altri») e in seguito il femminile («sono state tenute»)? «È indubbio che la diffusione accelerata in tutto il globo terracqueo sia avvenuta grazie alla movimentazione di persone infette sia a livello internazionale, che nazionale e locale fino a livello di frazione del più piccolo comune».
Forse sussisteva il dubbio che le pandemie si propagassero in altro modo? «Chiamiamolo quindi “fattore individuo” e questo comprende oltre alle caratteristiche dell’individuo stesso e la sua recettività personale all’infezione anche per esempio la sua mobilità».
Che altro dovrebbe comprendere il «fattore individuo» se non le «caratteristiche dell’individuo stesso»? «Mai, negli ultimi cento anni (durante i quali ci sono state cinque pandemie influenzali) l’informazione è stata così pervasiva, liquida e impicciona di argomenti complicati anche per gli addetti ai lavori».
Impicciona? «Lo voglio dire con forza: non è giusto né possibile incasellare una serie di fenomeni biologici come le mutazioni, le delezioni e le loro possibili conseguenze in caselle mentali a misura di clickbait o di telespettatore disattento». Professoressa, pietà!
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«Non è stato un anno facile, non foss’altro per la pandemia ancora presente», scrive Maurizio Costanzo nel Diario che pubblica ogni giorno sul Tempo. Beh, però, in effetti, pensandoci bene, a essere sinceri, tutto sommato, a dire il vero, qualche ragione ce l’ha anche lui. Forse.
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«Un Dio che si è fatto fragilità», titola d’apertura in prima pagina L’Osservatore Romano. Nel medesimo numero, «fragilità», «fragili» e «fragile» compaiono 14 volte. Non resta che aggiungere «Maneggiare con cura».