CHE FA LORENZETTO DI NOTTE? LE PULCI AI GIORNALI! - DALLA PAGINA FACEBOOK DELLA “REPUBBLICA”: “SCOPRE DI ESSERE STATA VENDUTA E POI ADOTTATA DA UNA VECCHIA FOTO RITROVATA IN UNO SCATOLONE IN GARAGE”. GIÀ ESSERE VENDUTI DA UNA VECCHIA FOTO È UN BEL MISTERO. MA POI VENIRE ADOTTATI DALLA MEDESIMA SUPERA DAVVERO OGNI IMMAGINAZIONE…

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“Pulci di notte” di Stefano Lorenzetto da “Anteprima. La spremuta dei giornali di Giorgio Dell’Arti” e pubblicato da “Italia Oggi”

(http://www.stefanolorenzetto.it/telex.htm)

 

veronica gentili

Veronica Gentili sul Fatto Quotidiano: «In Italia morire con dignità, nel calore della propria casa, tra l’affetto delle persone che si ama non è possibile». Però è possibile scrivere in dialetto, anziché in italiano.

 

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«A Napoli una parte della sinistra si sta opponendo con forza democratica al nuovo regolamento di sicurezza urbana promosso dal sindaco Manfredi. Che è di sinistra», scrive sulla prima pagina del Foglio il vicedirettore Salvatore Merlo. «

 

benito mussolini

Ne discutono da sette mesi. Il nuovo regolamento non va bene, spiegano. Il provvedimento vieta infatti il “bivacco”. Il sostantivo va tolto. Non è accettabile. “Evoca il discorso di Mussolini dopo l’assassinio di Matteotti”».

 

E qui il bravo Merlo, nel riferire la notizia tratta dal Mattino, omette di rilevare lo sfondone storico. Il cosiddetto «discorso del bivacco» fu la prima orazione tenuta da Benito Mussolini alla Camera, nella sua veste di presidente del Consiglio dei ministri, il 16 novembre 1922, ed è rimasta famosa per la seguente frase: «Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli».

 

GIACOMO MATTEOTTI

Solo che l’assassinio di Giacomo Matteotti non c’entra nulla: il deputato socialista fu ucciso per ordine del Duce il 10 giugno 1924, cioè 572 giorni dopo.

 

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Dichiarazione scritta di Roberto Saviano, riportata con grande evidenza dalla Stampa: «Rinuncio, in queste settimane di attacchi continui, per timore di esporvi, di esporre chi mi ospita responsabilità, questa, che sento gravosissima». Se questo è uno scrittore.

 

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La Stampa, dichiarazione di Saviano

Titolo da Domani: «L’antisemitismo nascosto nella polemica Calenda-Galan». Che c’entra Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto? Niente. Infatti nell’articolo sottostante il filosofo Davide Assael se la prende con Lucio Malan, senatore di Fratelli d’Italia.

 

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Il coltissimo Mephisto Waltz, occupandosi di cannibalismo, ci ammannisce la sua consueta castroneria domenicale sul Sole 24 Ore: «Géricault (1791-1824), dopo tre anni di studi, dipinse un capolavoro gigantesco (491 x 716 centimetri) Le Radeau de la Méduse, al Louvre, la zattera con i 15 disperati superstiti che dopo l’affondamento della Argus, in nove giorni in mare aperto, si mangiano tra di loro per sopravvivere».

 

Con buona pace del satanasso, l’Argus, per la verità, era il battello che soccorse i marinai alla deriva sulla zattera. E non risulta che sia mai affondato. La vera storia raffigurata nel dipinto La Zattera della Medusa, di cui si trova traccia anche nel romanzo Oceano mare di Alessandro Baricco, è un’altra.

 

la zattera della medusa

Il 2 luglio 1816 la fregata francese Medusa, in navigazione verso il Senegal, si arenò su un banco di sabbia al largo delle coste africane. La Medusa disponeva di poche lance di salvataggio, per cui i marinai costruirono una zattera di fortuna. Dopo 15 giorni, il natante fu avvistato dal brigantino Argus.

 

I macabri racconti dei pochi sventurati tratti in salvo, sopravvissuti cibandosi dei loro compagni morti, impressionò a tal punto il pittore Jean-Louis André Théodore Géricault da dedicarvi il dipinto in questione. Sul letto di morte, Géricault diede sulla sua opera questo giudizio: «Le Radeau de la Méduse? Bah, une vignette».

7, rosa del deserto scambiata per rosa dei venti

 

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Didascalia da 7: «Il Museo nazionale del Qatar si trova a Doha. Progettato dall’architetto francese Jean Nouvel, è ispirato alla rosa dei venti». Sbagliato. L’affascinante edificio è ispirato alla rosa del deserto, descritta da Nouvel come «la prima architettura creata dalla natura stessa».

 

Infatti, è un minerale tipico del territorio qatariota. Il color sabbia della struttura valorizza questo parallelo: il museo sembra nascere dalla terra.

 

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Dalla pagina Facebook della Repubblica: «Scopre di essere stata venduta e poi adottata da una vecchia foto ritrovata in uno scatolone in garage». Già essere venduti da una vecchia foto è un bel mistero. Ma poi venire adottati dalla medesima supera davvero ogni immaginazione.

 

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GIANDAVIDE DE PAU IN VIA RIBOTY RIPRESO DALLE TELECAMERE DI VIDEOSORVEGLIANZA

Titolo da Avvenire: «L’autista del boss con problemi mentali / Preso il presunto serial killer di Roma». Quindi non è Giandavide De Pau, presunto assassino di tre prostitute, a essere pazzo, bensì il suo datore di lavoro Michele Senese, capo dell’omonimo clan camorristico.

 

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Priscilla Di Thiene sul sito della Stampa: «Ventisei piani di morte. Una fabbrica di 600 mila maiali, il più grande allevamento della Cina, è stato inaugurato ad ottobre ad Ezhou, nella provincia di Hubei». La famosa fabbrica dell’appetito.

 

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Domani, Galan scambiato per Malan

Da un articolo di Massimo Fini sul Fatto Quotidiano: «A Firenze 22 docenti furono abbottegati per questo, ma altrove tutto continua come prima». Participio misterioso per un verbo, abbottegare, di cui non si trova traccia in nessun vocabolario, a cominciare dal Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia.

 

L’unico riferimento letterario si rinviene in Benvenuto Cellini, Vita (Libro 1, 7): «Giunto all’età de’ quindici anni, contro al volere di mio padre mi missi abbottega all’orefice con uno che si chiamò Antonio di Sandro orafo». Ma si tratta, con tutta evidenza, di un significato ben diverso.

 

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Tommaso Montesano c’informa sulla prima pagina di Libero che Roberto Saviano «si è seduto nuovamente nello studio di Piazzapulita, la trasmissione condotta da Riccardo Formigli». Si chiama Corrado Formigli.

MASSIMO FINI

 

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Anteprima cita un’intervista di Giuseppe De Santis con Andrea Castoldi, regista del film Il principe di Melchiorre Gioia, uscita su ArteSettima.it: «La storia è ambientata nel 1998 e ruota intorno a via Melchiorre Gioia, una via che taglia la Milano di periferia dalla città».

 

Sia De Santis che Castoldi si dimostrano poco esperti di topografia. La periferia è a tutti gli effetti città, semmai si può distinguere tra periferia e centro. E comunque via Melchiorre Gioia è un raggio che parte dal centro e arriva in periferia, tagliando Milano solo fra Est e Ovest.