CHE FINE HA FATTO MARK ZUCKERBERG? - MENTRE IL SUO RIVALE ELON MUSK ESULTA PER LA VITTORIA DI TRUMP, IL PROPRIETARIO DI "META" NASCONDE LA TESTA SOTTO LA SABBIA: DOPO L'ACCUSA DI AVER INFLUENZATO LE ELEZIONI AMERICANE NEL 2016, IL MILIARDARIO SI TIENE LONTANO MILLE MIGLIA DALLA POLITICA - NEI SUOI RECENTI INTERVENTI PUBBLICI, "ZUCK" NON HA MAI PARLATO DELLE ELEZIONI E NON HA SUPPORTATO NÉ KAMALA, NÉ TRUMP...
-Estratto dell’articolo di Martina Pennisi per www.corriere.it
«You are the media now». Sei tu il media, adesso: missione compiuta. Con questa frase su X - il suo X - Elon Musk mette il sigillo su una parte importante della campagna elettorale che ha fatto per Donald Trump, da poche ore 47esimo presidente degli Stati Uniti.
Da quando ha acquistato il social media precedentemente chiamato Twitter nell'ottobre del 2022, Musk ha normalizzato la diffusione di affermazioni false, forvianti e polarizzate in nome della libertà di espressione a tutti i costi e ha ridotto gli investimenti e i dipendenti dedicati alla moderazione dei contenuti. […]
L'esultanza di Musk rende ancora più assordante il silenzio di Mark Zuckerberg, l'amministratore delegato di Meta (3,29 miliardi di utenti complessivi al giorno). In occasione della presentazione dei dati trimestrali dello scorso 30 ottobre, Zuckerberg non ha menzionato il voto imminente, sorvolando anche sul ruolo delicato che le sue piattaforme hanno nelle fasi precedenti e successive all'apertura delle urne.
Dalle botta del 2016, in cui l'a.d. di Meta è stato sostanzialmente accusato di aver favorito la manipolazione delle intenzioni di voto degli americani; agli sforzi del 2020, quando ha posto l'accento sugli sforzi tecnologici e non per tutelare i suoi utenti nel periodo della campagna elettorale e ha provato a incoraggiare la registrazione al voto dei cittadini e le cittadine americane (e ha poi bandito Trump); al silenzio del 2024 per il terzo capitolo della saga di Trump verso la Casa Bianca.
Zuck ha capito (da tempo) che gli conviene restarne fuori, o quantomeno provare a farlo, anche smettendo di etichettare i contenuti dubbi, riducendo la diffusione dei post sulla politica su Facebook, Instagram e Threads e chiudendo CrowdTangle, lo strumento utilizzato da ricercatori e giornalisti per analizzare le informazioni pubbliche sui post e combattere la disinformazione. Il capo di Instagram, Adam Mosseri, in giugno era stato chiaro con Bloomberg: suggerire post politici «comporta troppi problemi per rincorrere un potenziale vantaggio in termini di coinvolgimento o fatturato». Chiaro.
La domanda è: basta mettere la testa sotto la sabbia per prevenire o evitare rischi? Ovviamente no. Un altro dato, in attesa delle analisi post voto delle prossime ore, ripreso e verificato dal New York Times: 30 canali conservatori hanno ottenuto oltre 47 milioni di visualizzazioni su Youtube con 286 video contenenti disinformazione sulla campagna elettorale.
Il fenomeno continua a esistere, dunque, su X è stato sdoganato e promosso attivamente a fini politici dal suo proprietario e assume e assumerà nuovi e insidiosi volti (deepfake, intelligenza artificiale, ecc). Rispetto allo choc del 2016 - sia per la vittoria di Trump, all'epoca non preventivata, sia per la presunta pervasività e capacità di condizionare o ribaltare l'esito del voto dei social - è stato inquadrato e ridimensionato nel suo ruolo di responsabile unico. […]