IL CINEMA DEI GIUSTI - SONO ANDATO A VEDERE IL NUOVO “TOP GUN: MAVERICK” DI JOSEPH KOSINSKI, CON UN TOM CRUISE SESSANTENNE PIÙ IN FORMALINA CHE IN FORMA, CON CAPELLO PITTATO ALLA CONTE CHE NON SI MUOVE NEMMENO QUANDO VOLA A TESTA IN GIÙ – FA UN PO’ IMPRESSIONE OGGI VEDERE UN FILM DI PURA TOSSICITÀ MASCHILE. E FA ANCORA PIÙ IMPRESSIONE CHE UN FILM DI QUESTO TIPO ESCA IN PIENA GUERRA. MAGARI SIAMO PRONTI A UN FILM O A UNA SERIE COTTA E MANGIATA SUL BATTAGLIONE AZOV. CON PUTIN O CON LUCIO CARACCIOLO. BASTA CHE SI SPARI. BANG! BANG! - VIDEO
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Marco Giusti per Dagospia
Insomma, ieri sono andato a vedere, mosso da chi me lo descriveva come un film del 1986, bello come quelli di Tony Scott, il nuovo “Top Gun: Maverick” di Joseph Kosinski, scritto da una cooperativa di sceneggiatori che si devono essere massacrati a cambiare di giorno in giorno la storia e lo sviluppo dei personaggi, con un Tom Cruise sessantenne più in formalina che in forma, con capello pittato alla Conte che non si muove nemmeno quando vola a testa in giù e fisico scattante.
La forma ce la fa vedere subito, a noi, critici e spettatori sessantenni, mostrandoci come ci si può mettere a sedere su una poltrona con un vassoio in mano alzando la gamba in alto con una mossa felina che potrebbe provocare, almeno a me, non solo un bello sgaro ai pantaloni, ma anche qualche incriccamento peggiore nel bacino. Crac!
Visto alle 20, 30 al cinema Adriano di Roma dove dominavano i manifesti giganti del film prodotto da tutta la famiglia Viperetta, il figlio Giorgio Ferrero, la moglie del figlio, Martha Capello, oltre a Tiziana Rocca e alla distribuzione 01, “American Night”, thriller artistico-tarantiniano di certo Alessio Della Valle (boh?) con Paz Vega, Emile Hirsh, Jonathan Rhys Meyer, che sembra davvero il capolavoro del trash che mi ha dipinto Paolino Ruffini, 5 milioni di euro di budget con 8 mila euro di incasso, “Top Gun: Maverick”, grazie all’impegno di Tom Cruise, che non perde il sorriso alla Terence Hill nemmeno alla guida della moto modello Scuréza, mitico centauro di Amarcord, o quando sembra che abbia appena scopato con la cinquantenne Jennifer Connelly, considerata più in forma rispetto all’”originale” Kelly McGillis, francamente improponibile oggi, grazie anche alla fotografia incredibile di Claudio Miranda (“Vita di Pi”), è esattamente quello che dicono i critici americani.
Una macchina perfetta di ricostruzione del vecchio cinema alla Tony Scott, il suo “Top Gun” era il massimo più di trent’anni fa, esattamente quel che vuole il pubblico per riconoscersi e tuffarsi nel comodo già visto e rivisto, tra azione, montaggio, sorrisi, battute, amicizia virile e guerra. Ecco perché mi rifiutai di vederlo al cinema allora, perché mi sembrava, e lo era, un film di guerra, di propaganda militare, quando era finito il momento d’oro e giustificabile, del genere. Salvabile insomma, solo se lo vedi come pura macchina di cinema, come i film di William Wellman, il più grande regista di film sull’aviazione al mondo.
Ma oggi, dopo aver visto a Cannes qualcosa come venti-trenta film di registe donne di ogni parte del mondo sulla (o contro la) tossicità maschile alla sub-Potere del cane, fa un po’ impressione vedere, inoltre presentato proprio a Cannes, un film di pura tossicità maschile, con tutti gli stereotipi del genere, il generale duro di ed Harris, il superiore che sembra stupido ma non lo è di Jon Hamm, lo scontro col pivello figlio di un caro amico scomparso, Miles Teller, la ragazza che aspetta il ritorno dell’eroe.
E fa ancora più impressione che un film di questo tipo esca in piena guerra, perché, anche se costruito come un film-vintage, dove il nemico è un vaghissimo, invisibile “stato canaglia” (ma quali sono questi stato canaglia, scusate?), è proprio un film di guerra se non di propaganda. Cosa che può anche starmi bene, visto i film che si producono in Russia e in Cina su grandi eventi bellici storici. E che dimostra, in parte, il perché di un simile successo, un successo da film Marvel che Tom Cruise non ha mai avuto con gli altri film.
E che ci fa pensare a quanto il pubblico di tutto il mondo sia già dentro la guerra e funzioni, schizofrenicamente, pure come distrazione rispetto alla confusione della guerra in Ucraina. Ammesso che al pubblico americano, lontano come è da noi, abbia davvero qualche interesse a capire quel sta capitando in Europa. Poi.
Possiamo anche discutere sui capelli di Tom Cruise, sulla sua corsa in mezzo ai boschi per recuperare il ragazzo caduto, sulla assurda battuta di Jennifer Connelly “Non mi guardare da dietro” mentre rientra a casa come se fosse Nadia Cassini, e non lo è, davvero troppo magra nei jeans per provocare il fuoco della passione in un Tom Cruise che non può muovere una ruga del viso, figurarsi cosa si sentirà dentro le mutande (allora ridateci Kelly McGillis…), o sullo stato disastroso del poro Val Kilmer, ricostruito completamente con gli effetti speciali.
Il tempo passa. Si sa. Per tutti. Anche per Tom Cruise, benché lo scavallamento della poltrona dimostri altro, stasera provo a scavalla’ il divano, su, e passa ancora meno il desiderio di sparare degli americani a chiunque si muova dentro allo schermo e fuori. Tirando fuori così tutta la tossicità maschile legata a anni e anni di guerre e sparatorie sullo schermo e mai sopita.
Ci siamo cresciuti, è vero, abbiamo visto centinaia di film di guerra non solo americani e palpitato per i top gun eroici e per i dogfight, i duelli aerei. Magari siamo anche pronti a un film o a una serie cotta e mangiata sul battaglione Azov. Da qualsiasi parte la vogliate fare. Con Putin o con Lucio Caracciolo. Basta che si spari. Bang! Bang!
Il cinema è così, ha bisogno di eroi in volo, in moto, di ciuffi sempre neri, di donne sempre in attesa di un uomo. Anche se una parte del mondo, fortunatamente, sta andando da un’altra parte. E poi, vorrei ricordarvi, Lucio Caracciolo avrà solo sei sette anni più di Tom Cruise…