IL CINEMA DEI GIUSTI - OGGI CI VA BENE, PERCHÉ SU NETFLIX ESCE "MAESTRO" DI BRADLEY COOPER, PRESENTATO A VENEZIA, 4 NOMINATIONS AI GOLDEN GLOBE, GIÀ PRONTO PER GLI OSCAR - IL FILM NON RIESCE SEMPRE A USCIRE DAL BIOPIC POLPETTONE, TROPPI NE ABBIAMO VISTI DI FILM DEDICATI AI GENI DELLA MUSICA PER NON CONOSCERE PERFETTAMENTE I LIMITI E I RISCHI DI QUESTO TIPO DI OPERAZIONI CINEMATOGRAFICHE, MA GRAZIE ALLA SENSIBILITÀ DI CAREY MULLIGAN E DELLA MESSA IN SCENA, IL FILM CI TOCCA FELICEMENTE... - VIDEO
-Marco Giusti per Dagospia
Che vediamo stasera sulla piattaforme? Oggi ci va bene, su, perché su Netflix esce "Maestro" di Bradley Cooper, un filmone che dovevano girare Martin Scorsese o Steven Spielberg, presentato a Venezia, 4 nominations ai Golden Globes, già pronto per la serata degli Oscar, e possiamo abbandonare per una sera la ricerca frenetica di un crime, di una nuova serie danese, di un thriller anni '80. Nella scena clou del film, interpretato da Bradley Cooper nei panni di Leonard Bernstein con una Carey Mulligan da urlo come sua moglie Felicia Montealegre, la macchina da presa sta rigorosamente ferma su una sola inquadratura.
Si muoverà solo leggermente in avanti alla fine della scena. I due protagonisti, marito e moglie stanno fermi in lontananza. Lei, Felicia, ricorda a lui un vecchio detto cileno. “Mai dormire sotto un uccello sporco di merda”. Anche se ha sempre saputo, fin da quando si sono incontrati, che il marito la ama, ma è omosessuale, e adora i bei ragazzi coi capelli lunghi, non si è resa mai davvero conto di quanto la sua omosessualità, malgrado la sua genialità, il suo incredibile talento e i tre figli che hanno avuto assieme, la potesse sporcare nell’intimo. E se ne esce con la terribile battuta “Stai attento a non diventare una vecchia checca sola”.
A quel punto un pupazzo gigante di Snoopy appare dietro le finestre della stanza portando una simpatica intrusione di realtà inaspettata che giustamente chiude l’imbarazzo della discussione. Pur se scritto benissimo dallo stesso regista e da Josh Singer, ma forse anche da molti altri autori, visto che il progetto era stato offerto a registi importanti come Steven Spielberg, Martin Scorsese, qui anche produttori, e Luca Guadagnino, e pur se benissimo interpretato da Carey Mulligan, che riesce a farci sentire tutta la complessità dei sentimenti di Felicia, mentre Bradley Cooper fa più fatica dietro la maschera prostetica del giapponese Kazu Hiro, e un accento nasala un filo alla Pippo Franco, a non diventare una parodia di Bernstein, non sempre “Maestro” riesce, come nella scena che vi ho descritto, a uscire dal biopic polpettone del grande personaggio, del genio della musica.
Troppi ne abbiamo visti di film dedicati ai geni della musica, penso “The Music Lovers” di Ken Russell, il più scatenato, ma soprattutto a “Estasi”, il biopic di George Cukor e Charles Vidor su Franz Liszt con Dirk Bogarde, per non conoscere perfettamente i limiti e i rischi di questo tipo di operazioni cinematografiche. Lui ama troppo la musica e il suo lavoro per lasciarsi travolgere davvero per il banale amore di una donna, che morirà dietro a lui. Perché spesso lui ama anche i ragazzi e nel delirio del successo e della libertà, non ha proprio tempo da dedicare a moglie e figli.
“Maestro”, fortunatamente, deve cambiare registro, gli autori si sentono in obbligo di mostrare il genio di Bernstein e la sua vita dissipata, ma tendendo a fare luce sulla donna che gli ha dato la possibilità di farsi una famiglia, di avere una vita, non dico normale, ma sicuramente d’amore.
Dove un Ken Russell avrebbe forse puntato alla libertà assoluta, qui solo accennata, di un Bernstein giovane genio insieme a altri giovani geni tutti omosessuali, come Jerome Robbins, che rivoluzionarono la scena musicale americana sotto tutti i punti di vista, Bradley Cooper, che esce in un periodo di rivoluzione femminile e di riletture da altre angolazioni del potere del genio maschile, pensiamo solo a “Tar”, deve costruire un equilibrio fra vita e opere che, in fondo, non dia fastidio a nessuno, che sia il più possibile vicino alla realtà che vogliono vedere sullo schermo gli eredi del genio e che metta in luce anche la parte al femminile della storia familiare.
Un equilibrio complesso come una partitura musicale innovativa negli anni 50, degno appunto di un grande maestro d’orchestra che sappia dosare giustamente tutti gli aspetti spigolosi e diversi della storia.
Non sempre Bradley Cooper e il suo “Maestro” riescono a arrivare a questo, ma grazie alla sensibilità, più volte dichiarata nel film come massima delle qualità di un essere umano, di Carey Mulligan e della messa in scena, il film ci tocca felicemente. E l’incredibile musica di Leonard Bernstein riesce a unire qualcosa che non era proprio semplice da raccontare.