UN CINEMA DI GRANDE EFFETTO - ALLA "VIEW CONFERENCE" DI TORINO, I MAESTRI DEGLI EFFETTI SPECIALI IN CORSA PER I PROSSIMI GLI OSCAR RIVELANO I SEGRETI E I TRUCCHI DEL SET - GLI ADDETTI AI VFX UTILIZZANO UNA SERIE DI TECNICHE MISTE PER RICREARE IMMAGINI E MOVIMENTI PIÙ REALISTICI POSSIBILI - LE DUE "PROFEZIE" DEGLI ESPERTI DEL SETTORE: L'USO DEI DEEPFAKE E...
-Fabrizio Accatino per “la Stampa”
Ci hanno fatto sgranare gli occhi come bambini, smarrire il senso del tempo, balzare sulla poltrona, dubitare delle leggi della fisica. E ora eccoli lì, con i loro visi da ragazzi della porta accanto, intenti a spiegarci come hanno fatto. Loro sono i cinque maestri degli effetti speciali in corsa per i prossimi premi Oscar e View Conference - la manifestazione torinese dedicata a computer grafica, cinema digitale, videogame e animazione - li ha riuniti per un incontro in streaming.
Sollecitati da Carolyn Giardina, redattrice dell'Hollywood Reporter, hanno ripercorso la genesi delle sequenze più mozzafiato dell'ultima stagione cinematografica. Tutti titoli che hanno sbancato al botteghino, naturalmente, a partire da Spider-Man: No Way Home, il terzo film più visto di tutti i tempi. A supervisionarne gli effetti è stato Kelly Port, l'uomo dietro le meraviglie degli Avengers e di Thor.
«I frame coinvolti dalla computer grafica sono stati 200mila, cioè il 97% del totale», racconta. «Essendo un film basato sul multiverso, con specchi che diventavano portali, ogni ambiente era nuovo e andava pensato e progettato. Anche il ritorno degli Spider-Man di Tobey Maguire e Andrew Garfield è stato complesso, gli effetti visivi dell'epoca erano ormai inutilizzabili, siamo dovuti ripartire da zero.
La sfida più difficile è stata però riprendere il personaggio di Sandman. La sua apparizione in Spider-Man 3 era stata tecnicamente deludente e i fan si dichiaravano preoccupati. L'evoluzione della tecnologia in questi quindici anni, però, ci ha aiutato a migliorare il character design e la qualità della simulazione, consentendoci di trovare nuance nuove e più realistiche per lo scorrere della sabbia».
Ognuno di quei cinque artisti del computer ha dovuto affrontare sfide visuali enormi. C'è chi come Swen Gillberg per Free Guy - Eroe per gioco si è trovato a gestire tre universi differenti: quello dei videogame, quello reale e quello che vedono gli spettatori. Per la sola scena d'apertura è intervenuto su 3 mila frame, girati tra Boston e Pittsburgh con telecamere-robot a 360°.
E c'è chi, come Christopher Townsend in Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli, per ricreare un night club affollato si è trovato a dover utilizzare dei manichini, visto che le misure anti-Covid consentivano la presenza sul set di soli cinquanta attori. Per il vertiginoso inseguimento di No Time to Die, il nuovo capitolo della saga di 007, l'inglese Charlie Noble ha dovuto muoversi su otto location tra Gran Bretagna e Norvegia. «E le coreografie erano state provate in Iraq», sorride.
«Avevamo sempre due camere in movimento montate su furgoni, in modo che se una mancava l'inquadratura c'era la seconda da cui ricavare l'immagine. Bastava scontornarla e incollarla sul girato della prima e il gioco era fatto. In pre-produzione abbiamo anche fatto guidare un'auto piena di sensori a un pilota di rally, per registrare ogni suo movimento e applicarlo alla nostra computer grafica. Perché alla fine Bond è un essere umano, non un super-eroe, e tutto doveva avere un aspetto sufficientemente realistico».
Proprio il realismo è il leitmotiv del confronto. In una parola, effetti super-speciali ma invisibili allo spettatore, per non infrangere la sospensione dell'incredulità. «Anche per noi quello è stato l'obiettivo, pur avendo a che fare con la fantascienza visionaria», conferma Paul Lambert, uno dei due cervelli dietro alle meraviglie di Dune, che intanto proprio ieri ha vinto i Bafta, gli Oscar inglesi, per gli effetti speciali.
«Per creare quella gigantesca tempesta di sabbia abbiamo trascorso due mesi in Giordania, studiando i modelli delle tempeste vere, registrando i movimenti dei mulinelli. Mentre in studio a Budapest la più grande difficoltà è stata mantenere una luce uniforme sugli attori, per non "scollarli" dallo sfondo. Allora abbiamo ideato il "sand screen", pannelli che proiettavano sempre la giusta sfumatura di luce in base alla scena. Un'illuminazione interattiva, che alla fine ha funzionato benissimo».
Sul futuro degli effetti speciali applicati al cinema, le menti d'oro di Hollywood si sbilanciano con due profezie. La prima è che film e videogame confluiranno in un genere unico, anche se non prima di una trentina d'anni. La seconda è che la prossima svolta tecnologica saranno i deepfake, espressioni del viso estremamente verosimili create dal computer.
Ha spiegato Townsend: «La loro forza è che l'intelligenza artificiale impara, migliorando di continuo la qualità della mimica facciale, fino a renderla indistinguibile dalla realtà. Questo rivoluzionerà le sequenze d'azione, consentendo di girare con la camera addosso allo stuntman, potendo poi sostituire il suo volto con il deepfake dell'attore».