COME JOHN WATERS È DIVENTATO IL "PAPA DEL TRASH" - IL REGISTA AMERICANO HA RAGGIUNTO L'OLIMPO DEL CINEMA USA GRAZIE A STORIE VOLTASTOMACO RISERVATE SOLO AGLI STOMACI FORTI - I FILM COME "PINK FLAMINOS" E "POLYESTER", CHE METTONO AL CENTRO DELLE STORIE PERSONAGGI AI MARGINI DELLA SOCIETÀ E LE LORO VITE BRUTTE, SPORCHE E CATTIVE - I LIBRI SUL SESSO GAY PIÙ ESTREMO E LA MAPPA DEI LOCALI MEGLIO FREQUENTATI E LE "SPECIALITÀ" DELLA CASA - QUANDO NEL 2015 LA HBO VOLEVA RICAVARE DA HAIRSPRAY UNA SERIE, LUI DISSE MALINCONICAMENTE: "ALLA FINE SONO DIVENTATO UNA PERSONA RISPETTABILE, I MIEI FILM PASSANO IN TV…"
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Mariarosa Mancuso per “Robinson – la Repubblica”
«Ero diventato un regista straniero!» . Dopo i " no grazie" dei produttori Usa a un suo progetto, il cattivo ragazzo John Waters aveva cambiato guardaroba e comprato un biglietto per Parigi. Atteggiato a regista incompreso, offriva il suo talento ai colti e sofisticati europei.
Qualche frase di circostanza - sui martiri che si giocano la vita in nome del cinema - gli fruttò un milione di dollari per scrivere e dirigere Cecil B. Demented. Per gli spettatori italiani, A morte Hollywood. Il titolo storpia il nome di Cecil B. DeMille, pioniere del cinema muto e dei kolossal biblici.
Un regista ribelle, con la sua banda di guerriglieri, rapisce una diva hollywoodiana per costringerla a un film underground. Era il 2000, John Waters da Baltimora stava mettendo in pratica il suo piano B: «cadere in piedi» . Sfrutta il successo - da indipendente negli anni Settanta, dieci anni dopo a Hollywood - più a lungo che puoi. Se non riesci ad avere nuove idee, usa l'ironia.
Il signor So- tutto- io non è il suo primo libro. John Waters si vanta di averne scritti sette, un paio approdati alle classifiche del New York Times (Lindau nel 2000 aveva tradotto Shock - L'autobiografia trasgressiva e irriverente del Re del Trash). Tra uno e l'altro, gira gli Stati Uniti accompagnando i suoi film ai festival che lo celebrano: « Quando smetti con le tournée sei finito », gli disse Elton John. A 76 anni, magro come un chiodo, i baffi sottili disegnati con una matita da trucco Maybelline, brio e volgarità sono rimasti intatti.
Se non siete già fan sfegatati, conviene lasciare per ultimo il capitolo "sporcaccione" ( parole sue, decisamente un eufemismo, si intitola " Ossessione"). Una carrellata sul sesso gay più estremo e fantasioso degli anni Sessanta e Settanta: la mappa dei locali meglio frequentati, le specialità della casa, certe ammucchiate memorabili.
Gli stomaci delicati dovrebbero stare lontani, finché non prendono gusto al personaggio (ma è più probabile che il lettori già ne conoscano le audaci imprese) dal capitolo " Cartilagine". John Waters detesta i ristoranti collocati «tra il pretenzioso e il sublime» , e ammira lo sconosciuto hipster che sulla porta di un ristorante altezzoso e modaiolo di San Francisco ha scritto «È tutta scena» . Ne immagina uno all'opposto, e non sempre i dettagli sono cose che vorreste leggere su un menu.
Del resto aveva cominciato la carriera disgustando gli spettatori con Polyester, primo e unico film in "odorama" nella storia del cinema: lo spettatore riceveva un cartoncino da grattare a tempo, con gli odori e le puzze. Raccontava una famiglia americana oltraggiosa e grottesca, la madre era il travestito Divine. Il padre gestiva cinema porno, il figlio pestava i piedi ai passanti - in una versione italiana era chiamato "piederasta".
Oggi nessun film di John Waters sarebbe considerato accettabile. Non l'indipendente Pink Flamingos, 1972: due famiglie in gara per il titolo " persona più disgustosa del mondo" (dall'anno scorso, è tra i titoli conservati alla Biblioteca del Congresso, parte del patrimonio cinematografico americano). Né il benissimo intenzionato Hairspray che nel 1988 lanciò il regista nel cinema di Hollywood. Serviva " un'idea pazzesca".
John Waters ne aveva una, per un film ambientato a Baltimora nel 1962: « una giovane cicciona bianca si batte contro la segregazione razziale » . Tracy balla da campionessa, esclusa dalle gare perché sovrappeso: la rivale è bionda, magra, di buona famiglia. Scopre la nuova musica e i ragazzi nel quartiere nero, lotta perché anche loro possano gareggiare ( la madre sconvolta chiama lo psichiatra).
Ne fecero un musical, che nel 2007 diventò un film con John Travolta en travesti, una tuta imbottita per somigliare a Divine, nel film originale grassa senza trucco e senza inganno.
Titolo italiano, dell'originale e del remake: Grasso è bello. Ma intanto gli " oltraggi identitari" - per chi non afferra che " recitare" vuol dire « fingere di essere qualcun altro » - si accumulavano.
Nel 2015 la Hbo voleva ricavare da Hairspray una serie, John Waters fu pagato per scriverla e adattarla ai tempi (« conosco i personaggi da 31 anni »), poi non se ne fece nulla. Le avventure nel cinema, indipendente e no, occupano la prima parte del libro, aperto dall'unica nota malinconica: «Alla fine sono diventato una persona rispettabile, i miei film passano in tv» .
Poi John Waters sfodera le sue doti di monologhista: «Se imparate a parlare in pubblico non sarete mai più disoccupati» . Mezzo secolo di esperienza lo ha fatto diventare un intrattenitore - e uno scrittore, non solo di sceneggiature - irresistibile. In un capitolo racconta " La casa brutalista dei miei sogni".
Non solo un edificio in ruvido cemento a vista. Una casa respingente, di cui lo speranzoso proprietario immagina i dettagli: correnti d'aria, niente riscaldamento, una spruzzata di napalm in giardino, alla parete l'opera di Damien Hirst con le mosche morte. Su Andy Warhol accumula pettegolezzi a ruota libera, fingendosi sotto l'effetto dell'anfetamina. Non manca una playlist. Pop, classica e operistica. Da leggere cercando su YouTube alcuni successi perduti. Nervous!, per esempio, cantata da Ian Whitcomb: il re britannico del falsetto (e della simulata balbuzie, per il nervosismo quando la ragazza chiama) che rubò il cuore di John Waters nel 1964.