LE CONFUSIONI GENDER DI GIANNA NANNINI: “SONO NATA SENZA GENERE SESSUALE, NON APPARTENGO A UNA CATEGORIA" – "ERO PERSA AI TEMPI DI 'FOTOROMANZA'. HO SPERIMENTATO LA VERA FOLLIA. DROGA? NO. NON SO COSA SIA ACCADUTO QUELLA VOLTA NELLO STUDIO DI REGISTRAZIONE DI PLANK E LUI ORMAI È MORTO E NON LO PUÒ RACCONTARE. NON DORMIVO LA NOTTE. È STATO UN TILT CEREBRALE" - "MI MANDAVANO IN TV, DA MIKE BONGIORNO E DA PIPPO BAUDO, MA SE RECUPERATE I VIDEO DELL’EPOCA SI VEDE CHE NON C’ERO TUTTA” - "QUANDO ERO INCINTA, A 56 ANNI, C’È STATA VIOLENZA SULLA MIA ETÀ. È STATO UN MASSACRO MEDIATICO. MA CHI PUÒ PERMETTERSI DI GIUDICARE?” - VIDEO
-
Andrea Laffranchi per il Corriere della Sera
Non è un errore grafico. Il titolo del nuovo album di Gianna Nannini, esce oggi, è «Sei nel l’anima», con quello spazio fra preposizione e articolo. «Un po’ per distinguerlo dalla mia canzone di qualche tempo fa, un po’ perché volevo mettere l’attenzione sull’anima. Sono partita da quella parola che è il nostro modo per dire soul» . E a quel mondo musicale si rifanno le atmosfere fornite dai produttori Andy Wright (Massive Attack e Jeff Beck) e Troy Miller, che era nella band di Amy Winehouse.
Emozioni, arrangiamenti imponenti: spiccano la melodia e i synth anni 80 del nuovo singolo «Io voglio te» e la tensione emotiva di «Mi mancava una canzone che parlasse di te», solo voce e la chitarra classica dello spagnolo Raül Refree. «Ho creato la mia vocalità con il soul e il blues, Etta James, Janis Joplin, Otis Redding. Poi Connie Plank, il produttore che ha inventato il suono europeo, mi fece capire che dovevo seguire la mia anima mediterranea. Dopo svariate epoche torno a quel punto di partenza».
Arriva da questo viaggio musicale il grido «sono nata senza genere» di «1983», il rock-blues teso che apre il disco?
«No no, lì intendo senza genere sessuale, non appartengo a una categoria. Quando sei bambino non capisci le differenze — bianco-nero, uomo-donna — che la società amplifica per creare divari. Nell’adolescenza ho vissuto altre difficoltà, non mi sono mai identificata».
In quel brano dice di essere nata nel 1983... Una data centrale nella sua vita attorno a cui ruota anche il film sui suoi primi 30 anni di vita in arrivo su Netflix, tratto dalla sua autobiografia. Cosa è accaduto?
«Era il periodo di “Fotoromanza”: ho perso me stessa. Ho sperimentato la vera follia, il non capire chi sei, il capire che se non esci da lì è finita... È stato difficile ma ci sono riuscita: la mia mente ha fatto tutto. Quindi sono nata nel 1983 e se qualcuno non ci crede peggio per lui».
Eccessi legati alla droga?
«So che si pensa a quello, ma no. Non so cosa sia accaduto quella volta nello studio di registrazione di Plank e lui ormai è morto e non lo può raccontare. Era un momento in cui stavo facendo il disco, ero nel cast di Sogno di una notte d’estate di Salvatores... non dormivo la notte. È stato un tilt cerebrale».
Pressione, aspettative? Sangiovanni dopo Sanremo ha deciso di fermarsi...
«Quando sei dentro non ti accorgi della pressione. Mi mandavano in tv, da Mike Bongiorno e da Pippo Baudo, ma se recuperate i video dell’epoca si vede che non c’ero tutta. Ero tornata, ma ero ancora piccola, appena nata. La ripresa piena è arrivata nel 1990 con “Scandalo”».
Sempre da «1983»: «La morte è obbligatoria, l’età facoltativa».
Quando è nata sua figlia Penelope è stata bombardata dagli hater perché aveva 56 anni...
«Quando ero incinta c’è stata violenza sulla mia età... È stato anche un massacro mediatico. Ma chi può permettersi di giudicare?».
Nel 1995 scalò l’ambasciata francese per protestare contro gli esperimenti nucleari a Mururoa. Oggi?
«Un gesto eclatante è meglio di tante chiacchiere politiche. Allora in Italia non c’era molta informazione sull’ambiente e feci questo gesto con l’appoggio di Greenpeace. Oggi vedo l’appropriarsi di cause altrui per farsi belli. Fare qualcosa con il disco in uscita sarebbe sbagliato».
In «Lento lontano» canta «Dio non risponde al telefono»...
«Magari non c’è veramente... Questo brano non lo posso ascoltare (se ne va e torna commossa ndr ), ho faticato a cantarla perché mi ricorda mio padre».
(…)