CONTU: RITRATTO DI FAMIGLIA IN BIBLIOTECA – IN UN LIBRO E IN UNA MOSTRA A FANO, LUIGI CONTU, DIRETTORE DELL’ANSA, FA RIVIVERE STORIE, AVVENTURE E RIMPIANTI FAMILIARI TRA I RICORDI DEL PADRE IGNAZIO (PORTAVOCE DI AMINTORE FANFANI) E I LIBRI DEL NONNO, TRADUTTORE DI EINSTEIN E VALÉRY E DIRETTORE DELL'UNIONE SARDA – L’INEDITO “INNO” DI UNGARETTI. E POI LA LETTERA CON CUI EUGENIO MONTALE CHIEDE DI ESSERE ESONERATO DAL SERVIZIO MILITARE" E IL VOLUME SUL CARCERE CHE ENZO TORTORA AVEVA REGALATO A LUIGI CONTU PRIMA DI ESSERE ARRESTATO
-Ida Bozzi per il “Corriere della Sera”
Le generazioni passano, i nonni e i padri lasciano dietro di sé case e stanze che i nipoti o i figli devono svuotare, sistemando i ricordi in qualche scatolone: è un momento doloroso della vita dei giovani, in cui riaffiorano memorie e rimpianti, e il senso della perdita rimane irrimediabile.
Ma può succedere di trovare una traccia, un messaggio immateriale che sembra rivolto proprio a noi, una voce che non ha smesso di parlarci soltanto perché si è spenta. E se quella traccia è un libro, o una fotografia, o una poesia scritta a penna su un foglio, il viaggio non è finito: è appena cominciato.
Lo racconta un memoir romanzesco pieno di scoperte, I libri si sentono soli , del direttore dell'agenzia Ansa, il giornalista Luigi Contu, in uscita per La nave di Teseo. E lo racconta la mostra omonima, che si apre oggi a Fano (Pesaro-Urbino) nell'ambito di Passaggi Festival, e che presenta molte delle scoperte di Contu nella biblioteca di famiglia, raccontate nel libro (la presentazione del volume sarà sempre a Passaggi, il 24 giugno).
Le scoperte sono tante: il libro ripercorre lo stupore del giornalista, entrato in possesso della biblioteca dopo la morte del padre Ignazio (1930-2011), nello scoprire che in quei volumi, migliaia e migliaia, c'è un intero mondo. Durante il trasloco che alla fine si rende necessario per svuotare la casa, nel 2020 del primo lockdown , dalla libreria emerge la sorpresa: se chiusi e allineati negli scaffali «i libri si sentono soli», come avvertiva il nonno Rafaele, appena aperti svelano tesori.
Dagli scaffali e dalla cassapanca sarda di famiglia spunta la copia dell'Ulisse di James Joyce, acquistata appunto da Rafaele Contu (1895-1952) nel 1929, ben prima che fosse edito in Italia (nel 1960). Emerge la storia del bisnonno sindaco di Tortolì, in Sardegna, e l'assalto dei briganti in paese, raccontato anche dal «Corriere», spuntano i molti libri di autori sardi, poeti, scrittori, scrittrici: dalla copia della raccolta
Nell'azzurro scivola fuori un biglietto che l'autrice, Grazia Deledda, aveva scritto poco dopo il Nobel. Rivive la Grande guerra, con l'immagine del nonno eroe soldato ma anche i libelli di Luigi Cadorna (conservati, ma non sottolineati come altri libri) che con le loro rigide regole porteranno al disastro di Caporetto. Dagli scatoloni affiorano poesie e lettere: aperta un'edizione di Zang Tumb Tumb si scopre la dedica di Filippo Tommaso Marinetti, sfogliato un libretto spunta un inedito di Giuseppe Ungaretti, Inno .
Corrono fuori dagli scatoloni i messaggi del poeta francese Paul Valéry, entusiasta di una traduzione di Rafaele, emergono le corrispondenze con Umberto Saba, con Eugenio Montale, con Corrado Alvaro, e ancora prime edizioni, collezioni di riviste spesso fondate e dirette dagli avi: molte saranno visibili in mostra.
La sorpresa di Contu via via diventa curiosità, poi entusiasmo, il nipote si appassiona ai libri del nonno, traduttore di Einstein e Valéry e direttore dell'«Unione Sarda», agli articoli del padre Ignazio Contu, già direttore editoriale Rusconi, poi giornalista parlamentare e portavoce di Amintore Fanfani al Senato: si abbandona a mesi di letture, di percorsi silenziosamente indicati dai libri che lo conducono ad addentrarsi in amicizie letterarie, vicende editoriali, eventi storici.
«È stato impressionante - racconta Luigi Contu al "Corriere" - perché è come se fossi riuscito pian piano a entrare nella testa di mio nonno, che non ho mai conosciuto, a penetrare nella vita della famiglia, e nella storia d'Italia, tutto insieme. Non voglio essere enfatico ma ho immaginato, alla fine, di riparlare con loro, di rivederli. Un viaggio a tre dimensioni: nella cultura del Novecento, nella storia del Novecento, e nei sentimenti personali».
C'è un altro viaggio che emerge dal memoir di Contu: la riscoperta della profondità del libro, della sua dimensione umana. «Il libro - prosegue il giornalista - ti parla, ti manda dei messaggi. Ho ritrovato e ho capito cose che avevo vissuto, ma non avevo messo a fuoco: i consigli di lettura di mio padre, quasi una recensione dei libri importanti per capire la vita; o il volume che mi aveva regalato Enzo Tortora sul carcere prima di essere arrestato.
La frase di mio nonno, "i libri si sentono soli", è vera. Attraverso i libri, ti tornano accanto le persone. E ti fanno questo regalo: ti costringono a prenderti del tempo per loro. L'uso dei libri che ho fatto in questi anni, da giornalista, è un consumo per lavoro, i dati, le analisi; ma con la "costrizione" del trasloco, mi sono ripreso la poesia, la letteratura.
Tempo fa dicevo agli amici: i romanzi non li leggo più, ho letto tanto da ragazzo, fino ai 25-26 anni, poi sono stato travolto dal lavoro... In realtà è un errore enorme: quando hai i libri e ti metti a leggerli, è un ristoro del tuo tempo, della tua mente, dell'anima». Il messaggio silenzioso dei libri passa di generazione in generazione, conclude Contu: «Mi sono riappropriato dell'affetto di mio padre, ho conosciuto il nonno che non avevo mai visto. E ho avuto la fortuna di farlo insieme ai miei figli, Ludovica, Francesco e Ignazio, che si sono appassionati. Questi libri, nelle loro mani, continueranno a vivere: se i miei figli avranno i libri, non saranno soli. E non li lasceranno soli».