COSA FATTA, CAPOTONDI HA – L’ATTRICE CRISTIANA CAPOTONDI RACCONTA LA SUA DOPPIA "NOTTE PRIMA DEGLI ESAMI" (REALE E CINEMATOGRAFICA) – “A SCUOLA MI PICCHIAVO SOTTO IL BANCO CON IL COMPAGNO. ALLA MATURITA’ HO SBAGLIATO TUTTO IL COMPITO DI ITALIANO, SONO ANDATA IN PALLA. L’HO CONSEGNATO MEZZO VUOTO E DA ALLORA HO L’ANSIA DEL FOGLIO BIANCO” – "IL SET DEL FILM? COME UNA GITA. PER RECITARE HO SCELTO DI NON FARE INGEGNERIA NAVALE O FISICA” (E TI E’ ANDATA DI LUSSO) - VIDEO
-Chiara Maffioletti per il Corriere della Sera
Parla piano al telefono Cristiana Capotondi, non vuole svegliare la sua bimba, Anna. È una delle attrici più affermate del nostro spettacolo, da poco è anche diventata mamma. Eppure, complice un film diventato un cult per più di una generazione come Notte prima degli esami , per lei è piuttosto facile abbandonare per un attimo i suoi 42 anni e tornare con la mente alla notte che in tanti hanno appena vissuto: quella che ti porta a sentirti grande di colpo, la notte prima degli esami, appunto. «Mi sono trovata spesso a pensarci: sono passati 24 anni da quella notte e 17 dal film, posso dire di avere una doppia maturità».
Come mai la maturità è un passaggio tanto simbolico?
«Rappresenta un passaggio. È un salto quantico: entri nel mondo degli adulti. Ti ritrovi a condividere con tanti quel sentimento di spaesamento legato al pensiero della scelta sul da farsi dopo: smettiamo di essere tutti uguali. Qualcuno inizia a lavorare, sei meno parte di un gruppo».
Lei però aveva già preso la sua scelta, allora. Vero?
«Avevo già iniziato a lavorare, ero una ragazzina con una fortuna in più rispetto agli altri: sapevo cosa volevo fare. Ma il disorientamento l’ho avuto alla scelta dell’università: ho optato per Scienze della Comunicazione per portare avanti il mio lavoro anche se amavo le materie scientifiche. Avrei voluto fare Fisica o Ingegneria Navale, ma c’era la frequenza obbligatoria».
Passano le generazioni ma «Notte prima degli esami» resta un film che parla a chi si affaccia alla maturità.
«Tocca un tema e dei sentimenti universali, tutti ci si sono riconosciuti. Se penso poi a quanti mi dicono di sognare ancora l’esame di maturità, anche a distanza di tanti anni, ecco che si capisce la portata di questa che, di fatto, è la prima prova della nostra vita».
Che studentessa era?
«Studiosa anche se abbastanza indisciplinata: ho sofferto molto il banco, la sedentarietà. Invece amavo le dinamiche della classe, il rapporto con i compagni, quello con i professori. Mi piaceva la vita comune, la scuola è un progetto di condivisione. Finirla significa interrompere quella dimensione: quella quotidianità non ci sarebbe più stata».
La dimensione del set di un film non la rievoca?
«Quella è più la dimensione della gita, in effetti».
E come andò la maturità?
«Ho sbagliato tutto il compito di italiano, sono andata in palla. L’ho consegnato mezzo vuoto, non sapevo cosa scrivere e da allora ho l’ansia del foglio bianco. Solo di recente ho imparato a disinnescare quel meccanismo. Poi mi ricordo la scena meravigliosa di un rotolo di carta igienica che abbiamo visto srotolarsi alla finestra, dal piano sopra: c’erano scritti i risultati della prova di matematica... rivivo l’ansia all’idea che i professori lo vedessero».
Compagni di banco?
«Ho avuto maschi e femmine: passavo dal fare la scritta artistica sul diario alla compagna al giocare a battaglia navale e picchiarsi sotto il banco con il compagno. Per anni abbiamo fatto le pizzate di classe, poi mi sono trasferita».
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