CRUCIANI AMA I TRASGRESSORI - NIENTE SESSO STAVOLTA, MA I RISTORATORI CHE APRONO IN PROTESTA COL GOVERNO: ''CI METTONO LA FACCIA, NON LO FANNO DI NASCOSTO. È ASSURDO CHIUDERE ATTIVITÀ DOPO AVER CHIESTO INVESTIMENTI PER LA SANIFICAZIONE O PER IL RISPETTO DEL DISTANZIAMENTO NEI LOCALI. SE LO FAI, DEVI DAGLI RISARCIMENTI IMMEDIATI, NON I DECRETI RISTORI UNO, DUE ECCETERA - I VIROLOGI? ALCUNI SI SONO SCOPERTI POPOLARI E ORA FATICANO A LASCIARE LA SCENA'' - E SULLE FRASI SU MARADONA COCAINOMANE…
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Antonio Di Francesco per “la Verità”
«Alt, scusa, prima vorrei dire una cosa su Diego Armando Maradona».
Prego.
«Non ho mai pronunciato la frase per cui in queste ore vengo minacciato di morte sul Web e non solo».
«Non si può piangere per un cocainomane», ti accusano di aver detto.
«Me ne fotto di queste minchiate di poveri spostati. Mi prendo sempre la responsabilità di quello che dico: la frase non l' ho mai pronunciata, era chiaramente un gioco radiofonico. Ognuno piange chi vuole e ciascuno di noi ha la facoltà di distruggere il proprio corpo in tutti i modi che desidera, come ha fatto Maradona. La sua figura non può essere ridotta a quella di un tossicodipendente. Amen».
Giuseppe Cruciani, da mesi discutiamo di distanziamenti e regole. Dopo la morte di Maradona, a Napoli tutte le regole sono saltate.
«Penso che la colpa non sia delle persone che sono andate a rendergli omaggio. La colpa è di quelli che per mesi ci hanno detto che bisognava seguire regole ferree, tipo De Luca, e poi non hanno detto niente.
Capisco l' emozione popolare, non biasimo i napoletani, ma le lezioncine non le accetto: non abbiamo sentito una parola di condanna da chi criticava feste di laurea, cresime e matrimoni».
A proposito di regole, è la settimana del nuovo dpcm in vista del Natale. Alcune regioni sono tornate a respirare, eppure all' orizzonte ci sono feste senza deroghe.
«Il governo sta prendendo tempo, in attesa di un vaccino di cui non sappiamo ancora nulla. Tra qualche mese, la politica "apri e chiudi" porterà a un risultato disastroso: la chiusura a tappeto di migliaia di aziende. Le attività che avremmo potuto tenere in piedi scompariranno».
Come avremmo potuto tenerle in piedi?
«Con una migliore organizzazione degli spazi e un controllo maggiore. La prima riapertura a molti è sembrata una sorta di "liberi tutti", con pochissimi controlli. Apriamo quasi tutto con controlli molto stringenti, soprattutto sulle distanze».
Per il ministro della Salute Roberto Speranza, le restrizioni differenziate hanno funzionato. Altri sono meno entusiasti, come il governatore della Campania De Luca, per il quale «zone, controzone, sottozone sono una grande buffonata».
«Da un certo punto di vista, Vincenzo De Luca ha ragione. I criteri sono abbastanza oscuri, almeno per gli italiani. Sono chiari solo al Comitato tecnico scientifico. Il problema del governatore è uno solo: quando le indicazioni sono contro la Campania, il governo è una merda; quando vanno in un' altra direzione, allora va tutto bene. In ogni caso, a Palazzo Chigi preferirei De Luca a Giuseppe Conte, che non rappresenta nessuno.
Almeno il "governatore del mondo", come lo chiamo io alla radio, i voti li prende».
Qualche parlamentare ha scritto che al governo hanno un «perverso piacere» per il controllo, tanto da arrivare a occuparsi di cose che vanno oltre le loro competenze, come la messa di Natale. Che ne pensi della proposta del ministro Francesco Boccia?
«Quelle sono piccole uscite mediatiche. Gli italiani sono anche pronti a rinunciare al Natale in comune in cambio di una prospettiva certa, che però non c' è. Non esiste né dal punto di vista economico, perché sappiamo che il governo non è in grado di ristorare e di compensare le perdite economiche di migliaia di aziende, né dal punto di vista sanitario».
Con questa schizofrenia nelle dichiarazioni, non si finisce per accentuare la sensazione di caos?
«Non c' è dubbio. Ci sono spesso dichiarazioni contraddittorie e non si capisce se sono solo idee di un ministro oppure espressione della linea di governo. In Francia tutto questo non avviene: c' è una voce unica, quella del presidente della Repubblica, che parla e dà delle indicazioni. Punto e basta».
Si va verso un cenone di Natale a numero chiuso e spostamenti limitati, anche tra le regioni gialle. Ti convincono queste misure?
«Controllare quante persone ci sono dentro casa è una follia da Stato di polizia, non succederà. L' indicazione del numero è strana, fatta per evitare cenoni o riunioni con 20 persone. Ma gli spostamenti tra casa e casa ci saranno, bisogna accettarlo. Gli italiani si riuniranno: c' è chi sarà prudente e lo farà con poche persone e chi avrà meno attenzione. Bisogna accettare un minimo di rischio per campare. Chi ha voglia di rischiare un po', lo farà. Non è la peste nera».
Gli impianti sciistici restano chiusi. Credi che la voglia di evasione sia ormai diventata un sorta di peccato dal quale stare alla larga?
«Prima gli aperitivi, ora lo sci. La socialità, l' evasione sono ormai qualcosa di proibito. Il rischio sugli impianti sciistici lo vedo molto relativo. Qual è il danno che si crea se tutti indossano le protezioni? Se le stazioni sono il coacervo di tutti i mali e ci sarà una morìa di persone se li riapri, allora bisogna indennizzare gli imprenditori. Subito, non con i tempi del governo. I soldi li devi dare sull' unghia, non con i tempi della burocrazia italiana, con i decreti Ristori uno, due e quant' altro».
Diversi imprenditori italiani hanno deciso di aggirare i divieti imposti dal governo adducendo una motivazione molto semplice: «Trasgrediamo per sopravvivere». Li hai definiti degli «eroi», perché?
«Perché ci mettono la faccia, non aprono di nascosto. Trovo assurdo chiudere ristoranti o altre attività dopo aver chiesto investimenti per la sanificazione o per il rispetto del distanziamento nei locali. Trovo assurdo poi che queste persone non abbiano un risarcimento immediato, il governo promette delle cose che poi non fa. E quando anche dovessero arrivare, i ristori non saranno mai sufficienti a compensare le perdite. Questi imprenditori danno un piccolo segnale di provocazione, rimettendoci sulla propria pelle, tra multe e chiusure forzate».
Che cosa è cambiato rispetto a marzo, quando hanno accettato le chiusure?
«Si sono stufati, non vedono una prospettiva chiara. Perché in Italia i ristoratori si incazzano e in Francia no? Perché alcune scadenze fiscali in Italia sono state rimandate e altre no? I soldi sono pochi, le prospettive non ci sono. In Francia si fidano di più del governo, evidentemente».
A proposito di fiducia, alcuni giornalisti, professori e imprenditori, come Ferruccio De Bortoli, Giovanni Orsina e Franco Debenedetti, firmano una petizione dal titolo emblematico: «Ci eravamo fidati». Chiedono al governo maggiore trasparenza e niente più improvvisazioni.
«Benvenuti nel club, mi verrebbe da dire. Per mesi, i giornali e i commentatori che chiedevano trasparenza sono stati dipinti come il male assoluto. Ora altre persone, che di certo non sono sospettabili di avere pregiudizi contro il governo, fanno lo stesso tipo di richiesta: la fiducia si è davvero esaurita».
Ad aumentare i dubbi le scarne informazioni sui vaccini, se non quelle veicolate dalle case farmaceutiche attraverso dei comunicati stampa. Per ora, niente dati né analisi scientifiche. Ti fidi?
«Fatico a credere che il vaccino sia la soluzione di tutti i mali. Per una malattia del genere, non lo farei. In più, la corsa delle aziende per dimostrarne l' efficacia non mi piace, mi puzza».
Tra i virologi è un tutti contro tutti. Il vaccino sembra averli mandati in tilt.
«Siamo alla follia. Nessuno si fida più di nessuno: la Capua dice una cosa, Burioni un' altra, Crisanti un' altra ancora. Ormai i virologi sono divisi in correnti, come nei partiti».
Credi abbiano una quota di responsabilità nella confusione degli ultimi giorni, vista la loro sovraesposizione mediatica?
«Alcune persone si sono scoperte popolari, ora faticano a mollare la scena. L' esibizionismo fa parte dell' animo umano, non li rimprovero per questo.
Mi viene però il sospetto che alcune dichiarazioni siano dettate dalla paura di rimanere lontani dai riflettori».
A chi ti riferisci? A chi ha detto che sarà necessario «indossare dispositivi di protezione ancora a lungo, probabilmente per un altro anno»?
«Se il virus rimane, nessuno finirà nel dimenticatoio. Se non dici qualcosa di allarmistico (vedi Matteo Bassetti), vieni quasi passato per le armi. In giro sentiamo solo messaggi di morte, ma le terapie intensive cominciano a svuotarsi e gli ospedali respirano. La gente guarisce, e molti non hanno nulla, niente di niente. La stragrande maggioranza dei cosiddetti contagiati non sono untori della peste».
Cosa ne pensi della decisione di affidare al commissario Arcuri la distribuzione del vaccino? Rischiamo di replicare quanto visto con le mascherine, i tamponi e i banchi con le rotelle?
«Credo sia sbagliato affidare una cosa così importante come i vaccini a chi ha commesso diversi errori in altri campi. I precedenti non sono a suo favore. Detto questo, sempre meglio che una poltrona in più. Quello che abbiamo ci becchiamo. Che qualcuno ce la mandi buona».