DAGOREPORT – "IL MESSAGGERO" DELLE VOCI: BARBANO AVEVA O NO CONCORDATO UNA LINEA EDITORIALE PRO-MELONI CON CALTAGIRONE? – IL “SURREALE” COLLOQUIO FINALE TRA I DUE E LA DELEGITTIMAZIONE DI AZZURRA CHE AVEVA SCELTO BARBANO CHE BABBO CALTA AVEVA GIA' CACCIATO DA "IL MATTINO" – QUEL CHE È CERTO È CHE È LA PRIMA VOLTA, NELLA STORIA DELL’EDITORIA ITALIANA, CHE UN DIRETTORE VIENE ACCOMPAGNATO ALLA PORTA DOPO APPENA 28 GIORNI DI MANDATO - BASTA? NON BASTA: A BARBANO E' STATO NEGATO ANCHE DI ACCOMIATARSI DAI LETTORI CON L’ULTIMO EDITORIALE - (ASPETTASI NEWS DA PRODI...)
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È avvolta dal mistero l’improvvisa e prematura cacciata di Alessandro Barbano dalla direzione del “Messaggero” a soli 28 giorni dalla sua nomina.
Le ricostruzioni del siluramento del giornalista divergono: c’è chi sostiene che Francesco Gaetano Caltagirone avesse concordato chiaramente una linea editoriale filo-governativa e c’è invece chi sostiene che Barbano non avesse ricevuto chiare consegne sullo schieramento del giornale.
Certo è che nelle quattro settimane al timone del quotidiano romano, Barbano aveva iniziato ad apportare una serie di cambiamenti, non ultimo il suo editoriale critico nei confronti di Meloni e Salvini, e aveva dato spazio ad articoli con contenuti non graditi a Caltagirone.
Il colloquio finale tra i due viene descritto da persone informate sui fatti come ''surreale'': una sorta di ping pong di accuse e rivendicazioni reciproche che hanno portato ad un ruvido addio. (Del resto, il Calta-pensiero è rimasto immutato fin dall'epoca in cui fece fuori dalla direzione del "Messaggero" Pietro Calabrese, qualcosa del tipo: "Chi è il pupo deve fare il pupo, non il puparo").
Quel che è certo è che non solo è la prima volta, nella storia dell’editoria italiana, che un direttore viene accompagnato alla porta non solo dopo 28 giorni di mandato, ma eccezionalmente gli viene negata anche la possibilità di accomiatarsi dai lettori con l’ultimo editoriale.
A separazione avvenuta, resta una certezza: Francesco Gaetano Caltagirone non aveva sufficiente stima (eufemismo) per Barbano. Infatti, non era stato scelto dal costruttore-editore, ma dalla figlia Azzurra.
Il vegliardo imprenditore e il giornalista si erano già separati brutalmente ai tempi in cui Barbano dirigeva “il Mattino”: nel 2018 si erano sfanculati per una linea editoriale considerata troppo critica verso i grillini del governo giallo-verde.
L’ex moglie di Pierferdinando Casini, a 50 anni e per l’ennesima volta, si è ritrovata delegittimata e costretta ad assecondare le ubbie del padre-padrone, che dimostra ancora una volta di non voler cedere, nonostante gli 81 anni, lo scettro del comando.
Ad assecondare i desiderata di “Calta” senior è arrivato il 53enne torinese Guido Boffo, il perfetto uomo-macchina per guidare ordinatamente “il Messaggero” sul binario stabilito dall’editore. Colpisce la scelta del vice-direttore, Barbara Jerkov, notoramente de sinistra.
Se Barbano immaginava un quotidiano impegnato e schierato, con ampia foliazione e paginate di approfondimento, Boffo è stato subito chiaro, come scrive il sito “Professione Reporter”: “Nella sua prima riunione con tutti i capi dei servizi il 4 giugno ha chiesto giornale più snello, niente commenti in prima di cronaca, niente paginoni, più integrazioni con il web. Ha detto: “Ripartiamo dal 30 aprile”, ovvero dall’ultimo giorno della Direzione Martinelli. Barbano cancellato come nelle purghe staliniste. E Martinelli era presente al giornale”.