DAGOREPORT – PER VINCERE IL PREMIO STREGA 2024 CI VUOLE “L’ETÀ FRAGILE” DI UNA DONNA EINAUDIANA, DONATELLA DI PIETRANTONIO: STORIA DI UNA FAMIGLIA ABRUZZESE SOSPESA NEL SEGRETO DEL TRAUMA, IDEALE PER LE PROF DI LICEO CHE VOGLIONO SENTIRSI AL DI SOPRA DELLA MEDIA BECERA DEL PAESE - FA ABBASTANZA INTELLÒ PER ESSERE CITATO IN QUALCHE SERATA IN TERRAZZA, CON COMMENTI TIPO “STRAZIANTE” E “BELLISSIMO”, IL LIBRO DI CHIARA VALERIO, LA SCHLEIN DELLA LETTERATURA SENZA LETTERE, EREDE DEI VESTITI DELLA QUEER MURGIA CHE SEMBRA NATA PER FARE DEL NIENTE UNA SUPERCAZZOLA…
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Più che una cinquina della tombola sembra un rosario: di Pietrantonio ora pro nobis, di Paolo ora pro nobis, (di) Valerio ora pro nobis… Il fatto che tutti ‘sti scrittori non hanno un cognome, ma un patronimico, mi dà da pensare: lo usavano le comunità ebraiche e i figli di un padre del quale non si conosceva la provenienza.
Nessuno che si chiami Rossi, Grassi o Tagliapietra, cognomi talmente poco chic da sembrare leghisti. Del resto, i precedenti facevano di cognome Veronesi, Trevi, Giordano: insomma, dimmi il tuo cognome (nome proprio o di città) e ti dico se puoi partecipare allo Strega.
Per il resto basta che sia Einaudi, l’allora casa di Leone Ginzburg ecc. ecc.
Le carriere (non) si discutono: uno come Paolo Di Paolo è da un ventennio, specie a Roma, talmente engagé nelle pr letterarie che lo scrivere è quasi una conseguenza dell’essere in presenza.
Iniziò con il fare il cantore della Maraini (un così bel ragazzo) poi è diventato il chierichetto di tutte le Messe in canto e di queste, lo Strega, è il pontificale. Di Pietrantonio è così profilata nell’egemonia culturale della sinistra che ha dovuto solo attendere che prima vincesse il suo amico Trevi con un romanzo che era, in parte, già stato pubblicato: ora è il suo turno.
Ma è Chiara Valerio, la Schlein della letteratura senza lettere (lei ha fatto studi scientifici e ci tiene che si sappia), l’erede dei vestiti della queer Murgia, il vero mistero.
A vederla così sembra Franco Battiato, che pure si perdeva i discorsi che portavano in traiettorie impercettibili. Ma lei è vanitas vanitatis già all’origine, come titola un suo libro sembra nata “a complicare le cose”, a fare del niente una supercazzola: i tulipani al posto delle mimose, la noia come esperienza formativa, lo “slittamento semantico” del governo, bisogna superare la distinzione tra maschi e femmine, “ci piace giocare, non solo a Nomi Cose e Città, ma giocare in senso anche più lato, mettere in relazione e attendere l’inaspettato”.
Come una donna intelligente come la signora Bassetti, vedova di Cesare De Michelis, abbia potuto affidare a questa ragazzotta di Scauri così tanto potere nella casa venezianissima editrice Marsilio è un mistero.
Come il ministro Sangiuliano, abbiamo sfogliato i libri. I due migliori che erano stati selezionati, “Adelaida” di Bravi e “Nella stanza dell’imperatore” della giovane Sonia Aggio in versione bizantinista non sono arrivati in cinquina. Sarebbe stato davvero troppo premiare un bel libro di gente che non c’entra nulla con il circolino.
Per vincere ci vuole una psico-lamentazione di una donna di sinistra einaudiana e “L’età fragile” della Di Pietrantonio - storia di una famiglia abruzzese sospesa nel segreto del trauma - fa abbastanza intellò per essere il prossimo vincitore e citato in qualche serata in terrazza con commenti tipo “straziante”, “bellissimo”, “mi ha colpito la scrittura” e affermazioni del genere.
Ideale per le prof di liceo che vogliono sentirsi al di sopra la media becera del Paese. Su “Chi dice e chi tace” della, o meglio, di Valerio ha già scritto la Mancuso: «C’è un delitto che scopre “l’evanescenza dell’identità” e la tante facce della violenza “senza riuscire a contarle” », precisa la scrittrice-matematica. Una spiegazione che manifesta una certa confusione. Gli altri non hanno chances.
Allora, poiché la vera Letteratura sta sempre dalla parte di chi perde, consigliamo il libro di Bravi che racconta una biografia vera e straziante di una donna italo-argentina, vissuta tra Recanati e Buenos Aires dove perde i due figli come desaparecidos sotto Videla, resta con il nipotino, lo deve salvare e… alla fine della vita diventa artista locale nella piazza del Sabato del villaggio. Anche Bravi mi sembra di sinistra ma, forse, non è abbastanza queer, Lgbt+, femminista, amichettista per bere l’amaro calice.