i fondatori del gruppo memphis sul tawaraya boxing ring disegnato da masanori umeda
Silvana Annicchiarico per “la Repubblica - Design”
Non fu una scuola. Ma neppure un movimento o una corrente. Le scuole e i movimenti nascono dall’adesione a un progetto, dalla condivisione di un'estetica. Memphis nasce invece da una secessione: nel 1979 Ettore Sottsass lascia il gruppo Alchimia che aveva contribuito a fondare con Alessandro Mendini e Alessandro Guerriero, e che aveva costituito una tappa importante nell'intensa stagione del design radicale italiano.
Ma Mendini e Guerriero vedevano in Alchimia un atelier votato soprattutto alla produzione di prototipi o di pezzi sperimentali. Sottsass invece vuole confrontarsi con l'industria. Ambisce a realizzare progetti capaci - come ha scritto bene Barbara Radice - di "prendere in contropiede" la produzione corrente, con l'intento di mettere in discussione il minimalismo funzionalista e inaridito dell'industria) design degli anni Settanta.
il mobile ginza di masanori umeda 1
Memphis nasce così: con il proposito di intercettare i sogni e i bisogni di una società sempre più inquieta e insofferente di regole troppo rigide o di canoni prevedibili e ripetitivi. E ha una data di nascita ufficiale, 1'11 dicembre 1980, quando nella casa milanese di Sottsass si ritrovano alcuni dei designer e dei progettisti destinati a diventare esponenti di punta del gruppo, da Michele De Lucchi ad Aldo Cibic, da Matteo Thun a Marco Zanini.
Barbara Radice si occuperà della direzione artistica, Ernesto Gismondi sarà il presidente del gruppo. Il nome viene da un verso della canzone di Bob Dylan Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again, che quella sera - narra la leggenda - avrebbe risuonato più volte sul giradischi di casa Sottsass. Memphis, del resto evocava sia la città di Elvis Presley sia una delle capitali dell'antico Egitto (Menfi), a significare fin dal nome la volontà del gruppo di fondere cultura alta e cultura bassa, e di attingere ai riferimenti culturali e formali più disparati.
Nei pochi anni della sua esistenza, in effetti, Memphis opererà un melting pot di Futurismo e art deco, di pop arte di kitsch, sempre con un'attenzione molto curiosa ai nuovi materiali come il laminato plastico e con un uso connotativo del colore, fatto esplodere in tutte le sue cromie più sgargianti, in tutti i pezzi più rappresentativi del gruppo, dagli arancioni e rossi assoluta-mente solari del divano Dublin di Zanini all'arcobaleno cromatico che risplende nel mitico Carlton di Sottsass.
dettaglio del mobile divisorio carlton di ettore sottsass
A Memphis e alla sua breve esperienza è dedicata ora la mostra Memphis Again, a cura di Christoph Radl, dal 18 maggio al 12 giugno alla Triennale di Milano: un'esposizione che raccoglie oltre 200 fra mobili e oggetti realizzati fra il 1981 e il 1986 dai progettisti del gruppo, e che consente di gettare uno sguardo al tempo stesso sinottico e frontale su una delle stagioni più feconde (e più apprezzate sul piano inter- nazionale) del design italiano. A rivederli oggi, molti di quegli oggetti colpiscono per la loro natura totemica e robotica: artefatti come il già citato Carlton di Sottsass o il Ginza di Masamori Umeda spiccano come presenze fantasmatiche, si sottraggono a ogni diktat funzionale, disegnano storie e mondi possibili.
la sedia first di michele de lucchi
Giocando sulla composizione di forme geometriche primarie (cerchi, quadrati, triangoli e rettan-goli ma anche cilindri, cubi e sfere), Memphis trasforma la geometria in drammaturgia e fa irrompere l'immaginazione nell'arredo domestico. L'esposizione in Triennale non vuol essere né un omaggio né una storicizzazione, ma intende offrire al pubblico la possibilità di confrontarsi con l'aspetto emozionale di quella straordinaria produzione: una tappa che ha cambiato per sempre e in modo irreversibile l'idea stessa di design, e la cultura del pro-getto delle generazioni successive.
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