TRA DIFFAMARE E AFFAMARE - L'AVVOCATO MALAVENDA: ''MULTE FINO A 50MILA EURO AI GIORNALISTI METTONO IN PERICOLO LA LIBERTÀ DI STAMPA. PER ABOLIRE LA RECLUSIONE PER I CRONISTI, SI INTRODUCE UNA SANZIONE PECUNIARIA ALTISSIMA, CHE PUÒ MANDARE IN ROVINA. LE SOGLIE DEVONO RESTARE QUELLE DI OGGI, IN OGNI CASO C'È IL RISARCIMENTO CIVILE'' - ''GIUSTO SANZIONARE CHI SI LANCIA IN CAUSE TEMERARIE. MA IN QUESTO CLIMA NON CREDO CHE LA RIFORMA PASSERÀ…''
-Liana Milella per www.repubblica.it
"Multe troppo salate mettono a rischio a rischio la libertà di stampa. E comunque anche quella del giornalista che non può pagare". Dice così Caterina Malavenda, avvocato esperto di diritto dell'informazione e da anni difensore di moltissimi giornalisti.
La Consulta, sulla pena del carcere per i giornalisti, ha riconosciuto che bisogna tener conto del "complesso bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela della reputazione della persona". È possibile?
"Il bilanciamento è nelle cose, trattandosi di diritti costituzionali. Non vorrei che, per aiutare l'informazione eliminando la reclusione, si finisse per pregiudicarla".
In che senso?
"Da anni il Parlamento, anche in linea con la Cedu, intende eliminare la pena della reclusione lasciando solo la multa per chi diffama. Scelta assolutamente condivisibile. Leggo però, dai lavori parlamentari, che la multa resterà l'unica sanzione, ma che potrà andare da un minimo di 5mila a un massimo di 50mila euro, il tetto che il codice prevede per qualunque reato, anche assai più grave".
Una somma eccessiva?
"Innanzitutto l'imputato dovrebbe pagare di tasca propria. Se non ha i soldi, la pena viene convertita in libertà vigilata o in lavoro sostitutivo e gratuito, difficili da conciliare con la professione. Invece di una pena detentiva, di fatto quasi mai applicata in Italia, poi, ne scatterebbe una pecuniaria, economicamente insostenibile per chi, a volte, viene pagato poco e per giunta a pezzo. È vero che la pena può essere sospesa, ma solo la prima volta. Dalla seconda condanna in poi bisognerà pagare. Oggi la pena pecuniaria va da 516 a 2.065 euro. Solo teoricamente può arrivare a 50mila, mentre con la nuova legge questo sarebbe il reale tetto massimo.
Sì, però si arriva a questa cifra solo se si pubblica consapevolmente un fatto falso...
"Premesso che anche i 10mila euro previsti per casi meno gravi sono una cifra eccessiva, per aumentare la pena è stato introdotto il criterio della consapevolezza della falsità che, salvo la lettura del pensiero, potrà essere provato assai difficilmente. Si rischia, dunque, che la consapevolezza venga estesa fino a comprendere anche l'accettazione del rischio che la notizia sia falsa o, per assurdo, che la multa massima non venga applicata mai per difetto di quel presupposto".
I giornalisti dunque rischierebbero più con questa multa che non con il carcere?
"Sì, perché la multa sarebbe reale, e anche molto salata, mentre il carcere oggi è solo ipotetico. E poi bisogna considerare che si somma ai risarcimenti e perfino, per i direttori, all'elevatissima sanzione introdotta per la mancata pubblicazione della rettifica, con un massimo di oltre 50mila euro. Tutte scelte contro l'ammonimento della Cedu che ritiene ogni sanzione economica elevata un ostacolo alla libertà di informazione".
Il meccanismo stringente della rettifica è accettabile?
"Se si eliminasse la pena pecuniaria così elevata, potrebbe funzionare perché a una rettifica piuttosto "invasiva" seguirebbe la fine del processo penale con l'eliminazione dei rischi di multe elevate. Mi chiedo solo come si possa rettificare un'opinione non gradita".
Ma lei cosa proporrebbe allora?
"Lasciare più o meno invariate le multe previste dal codice, proprio come accadrebbe se la Consulta fosse costretta a pronunciarsi perché eliminerebbe solo la reclusione".
Vede in pericolo la libertà di stampa?
"Certo. Dovessi scegliere tra questi rischi e occuparmi della foca monaca, non avrei dubbi sulla scelta animalista".
Cause temerarie. La condanna a pagare un quarto del danno richiesto è una buona soluzione?
"Eccellente, se verrà applicata, perché esiste già una norma generale di analogo contenuto che i giudici fanno fatica a utilizzare. Se il tribunale accerterà dolo o malafede sarà obbligato a liquidare una somma a favore di chi ha subìto una lite temeraria e a quantificarla sulle somme spesso stratosferiche chieste ai giornalisti".
Il Parlamento ce le farà ad approvare la legge sulla diffamazione dopo 15 anni di tentativi andati a vuoto?
"Con questi chiari di luna sono piuttosto scettica".