DIOR, COME SIAMO CADUTI IN BASSO!QUIRINO CONTI: “LUNAPARKIZZATA LA STORICA SEDE DI AVENUE MONTAIGNE (DIVENTATA UNA SPECIE DI CENTRO COMMERCIALE SOTTO LA LUDICA ISPIRAZIONE DELLL’AD PIETRO BECCARI E DELL’ARCHITETTO PETER MARINO), MENTRE A PARIGI SI SFILA QUEL CHE RESTA DELLA SUA NOBILE TRADIZIONE - CHISSÀ SE, COME PREDICA GIUSTAMENTE LA NUOVA DE BEAUVOIR ITALIANA, MARIA GRAZIA CHIURI, ANCHE DIOR È “CULTÜRA”. E SOPRATTUTTO, CON LEI, “CULTÜRA” MINIMALE E FEMMINISTA (DI CERTO CON IMMENSO SOLLAZZO DELLA BUONANIMA CHRISTIAN DIOR)’’

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Quirino Conti Quirino Conti

Quirino Conti per Dagospia 

 

Intanto che il più riverito e stimato quotidiano nazionale grondava lacrime e sangue sulle ferite inferte alla martirizzata Ucraina – quasi una lamentazione biblica delle più sconsolate –, l’inserto Economia dello stesso giornale, come fosse l’altra faccia di uno stesso Giano, riportava in prima pagina lo sguardo ammiccante del Gran Benefattore Pietro Beccari: prima di Fendi, poi di Dior (“Così in quattro anni siamo raddoppiati”). 

 

Nulla, naturalmente, sulla singolare tempistica dell’annuncio: ma qui è la stessa sostanza che si commenta. Dunque, a un prezioso cliente come Dior, ovviamente ponti d’oro; e così, si è pensato, mentre a Parigi (con giustificazioni non richieste) si sfila quel che resta della sua nobile tradizione, per il timoniere del bastimento un meritatissimo premio: una bella e remunerante copertina. Anche se, con Putin alle calcagna, forse sarebbe stato più prudente da parte dell’ex campione di calcio attendere tempi più favorevoli per una simile incoronazione.

Pietro Beccari, Ad Dior Pietro Beccari, Ad Dior

 

Se poi si va all’argomento dell’Exultet, qualche dubbio potrebbe anche venire: soprattutto per lo sfacelo, si dice, di un edificio fondamentale nella storia della Moda, in quella della Francia e per il rilancio dell’intero settore, come avvenne tra i ruderi dell’immediato dopoguerra.

 

Parrebbe, infatti, che la storica sede di Avenue Montaigne sotto la ludica ispirazione del riformatore Pietro Beccari e del rifondatore Peter Marino sia divenuta una specie di centro commerciale, con metaforiche giostre e tiro al piccione dentro quelle santissime mura. 

DIOR, sede di Avenue Montaigne DIOR, sede di Avenue Montaigne

 

Che poi Dior non fosse proprio un purista e talora fosse perfino un pasticcione è fuor di dubbio, anche se alcune sue intuizioni rimangono un astuto caposaldo dello Stile. Ma non per le menti maggiormente pensanti di LVMH, che, dove passa, per vocazione innova e innovando lunaparkizza mezzo mondo.

 

Eppure Parigi segue la nobile tradizione di conservare intatte le dimore dei suoi più grandi: che sia (a Versailles) l’appartamento privato di Madame du Barry, o il magnifico Hôtel de la Marine in Place de la Concorde, ma anche lo studio di Géricault, quello di Moreau, e la casa-museo Marmottan, solo per fare qualche esempio.

Christian Dior Christian Dior

 

Che siano legati ad artisti, a illustri collezionisti o a letterati, la Francia è piena di luoghi devotamente conservati a se stessi. Eppure, per Dior, che nella mente dei suoi guardiani diviene arte a corrente alternata, a seconda del vantaggio, non si è badato che al sacrosanto utile. Chissà cosa ne avrebbe detto Pasolini, così attento nel distinguere “sviluppo” da “progresso”.

DIOR, sede di Avenue Montaigne DIOR, sede di Avenue Montaigne

 

E cosa avrebbe detto di una tale crescita, se, come predica giustamente la nuova De Beauvoir italiana, Maria Grazia Chiuri, anche Dior è “Cultüra”. E soprattutto, con lei, “Cultüra” minimale e femminista (di certo con immenso sollazzo della buonanima).

 

Del resto, la manomissione di capolavori è ormai lo sport alla moda e un modernissimo metodo di successo e di business. Con stupefacenti sorprese: come se, acquistando una promettente marmellata di lamponi ben descritta sull’etichetta, ci si trovasse poi tra le mani dei pomodori pelati. Ma questo è il prezzo della modernità, dopo le sciocchezzuole di Yoko Ono e, prima di lei, i geniali fuori luogo di Magritte.

 

DIOR, sede di Avenue Montaigne DIOR, sede di Avenue Montaigne la stilista Dior Maria Grazia Chiuri la stilista Dior Maria Grazia Chiuri

“Tedeschismi!”, come diceva a proposito del teatro musicale l’indimenticabile Paolo Isotta. In partitura è indicata una porta? Bene, allora ci si metta senza indugio uno sfavillante bidet. Si parla di un condottiero alle Crociate? Di sicuro allora, nel nuovo concept, un vigile motorizzato in stile Alberto Sordi. Perché questo è lo strazio che s’impone ai nostri filologici giorni. Seppure con rassicuranti e belle facce, pulite e sorridenti, come quella dell’ormai celeberrimo, taumaturgico Beccari. 

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