IL DIVANO DEI GIUSTI – SE MI DEVO PERDERE NELLE PROGRAMMAZIONI MEGLIO GETTARSI TRA LE BRACCIA DEL MONDO PORNO DI JOE D’AMATO, STASERA PASSA IL SOFTARELLO “TOP MODEL”, O NELLA RILETTURA DEL CINEMA DI SERGIO CASTELLITTO. PRIMA “LA BELLEZZA DEL SOMARO” E POI “NESSUNO SI SALVA DA SOLO”, CHE CONSIGLIO PERCHÉ È UN FILM, ANCHE CATTIVO, SULLA GENERAZIONE DI REGISTI ROMANOCENTRICI OGGI QUARANTENNI – VIDEO
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Marco Giusti per Dagospia
Insomma. Stavo vedendo un bellissimo film di Paul Schrader su Sky, “Le due verità/Forever Mine”, thriller romantico con Joseph Fiennes, Ray Liotta e Gretchen Mol ingiustamente massacrato dalla critica, quando chiama Dago dicendomi che “Tolo Tolo” di Checco Zalone, che stava vedendo in prima su Sky, non gli piace. Beh, in realtà, ha detto di peggio.
Non credo sia un brutto film, magari non è riuscito, e il finale è terribile, ma soprattutto “Tolo Tolo”, malgrado i suoi 45 milioni di euro guadagnati all’inizio di questo anno tremendo, e penso che sarà l’ultimo grande incasso di un film italiano in sala, sembra un film di un altro secolo, di un altro mondo.
Qualcosa che, almeno io, cerco di evitare perché ci riporta a un mondo che non è più il nostro. Eppure sono passati solo una decina di mesi. Ma sembra davvero un secolo.
E di tutta le polemiche destra-sinistra razzista-nonrazzista virzì-nonvirzì non mi ricordavo più quasi nulla. “Tolo Tolo”, oggi, incredibilmente, è più vecchio di “Giuditta e Oloferne” di Fernando Cerchio che potete vedere stanotte su Cine 34 alle 3, 55.
O dell’ultrasofisticato “Palm Springs” di Max Barbakov con Andy Sandberg e Cristin Milioti, rilettura moderna de “Il giorno della marmotta” che passa in questi giorni su Amazon e considerato la commedia dell’anno. Ne ho visto metà ieri notte dopo il film di Schrader.
Credo che “Tolo Tolo”, purtroppo, non abbia più né appeal né interesse comico. Almeno per me. E mi riporta solo, con fatica, a quel che eravamo prima dell’arrivo del Covid, prima dei talk sulla pandemia con Brusaferro e Locatelli. Una realtà troppo vicina o troppo lontana che non voglio più affrontare.
Se mi devo perdere nelle programmazioni meglio gettarsi, che so… tra le braccia del mondo porno di Joe D’Amato, stasera vedo che passa su Cine 34 alle 23, 15 il softarello “Top Model” con la pesarese Luciana Ottaviani che si maschera sotto il nome di Jessica Moore. O nella rilettura del cinema di Sergio Castellitto, padre di Pietro. E non meno eccessivo e interessante. Stasera danno due suoi film meno noti, scritti insieme alla moglie Margaret Mazzantini, che, in parte, mi piacciono molto.
Prima “La bellezza del somaro”, Cine 34 alle 21, con Castellitto protagonista assieme a Laura Morante, borghesi di sinistra che affrontano in un casale l’uomo settantenne della giovane figlia, un Enzo Jannacci ancora in forma che fa innamorare tutti. Davvero curioso. E poi “Nessuno si salva da solo”, Rai Movie alle 23, 35, con Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca in quello che mi sembra il loro miglior film in coppia. Anche se le battute eccessive alla Margaret Mazzantini si sprecano.
“Mi piacciono le storie sospese, le persone che si cercano”. “Ho paura della meningite, dei pedofili, del cancro al seno. Ho paura di tutto”. Aiuto! “Vorresti avere più di un cazzo?” - “Sì, due e usarli contemporaneamente con te”. Perbacco. “Quella di stamattina è stato il miglior pompino di novembre”. Perfetto.
Lo consiglio perché è un film, anche cattivo, sulla generazione di registi romanocentrici oggi quarantenni definita da uno sfigatissimo regista barbuto nel film, “La generazione della patacca, del remake” dove galleggiano, ben visibili, ambizioni, sogni e storie di ex-ragazzi cresciuti col sogno del cinema che si devono confrontare con la realtà, con l’amore, coi figli che crescono, con le passioni, coi lavori che non arrivano.
Così, nel bel mezzo di una scopata, a chiappe scoperte, l’aspirante romanziere Gaetano detto Gae, passa sopra il corpo della sua amata Delia, anche pesantemente, per rispondere al cellulare all’amico che gli ha procurato una sceneggiatura. “Devo aprire la partita Iva”, dice distrattamente a lei mentre cerca di tornare a scopare. E lei capisce che, forse, è finita. Non si fa così. Mettiamoci anche che quando muore il criceto amato dai figlioletti, e buttato via come un rifiuto dal Gaetano detto Gae, lei aveva dovuto pure acconsentire a una mezza-pecorina che non era stato il massimo della vita.
Pieno in egual misura sia di buone idee che di battute insopportabili, come “Devi cambiare profumo. Dopo un lutto si deve sempre cambiare profumo”, detta dall’amica a Delia appena uscita da un aborto, tutto il film vive sul corpo a corpo che mette in scena Castellitto con gran vigore costringendo i suoi attori a buttarsi totalmente nella mischia.
E vive, appunto, della loro recitazione ultrarealistica e davvero sentita. Riccardo Scamarcio è per tutte e tutti ancora lo Step di mocciana memoria, mentre Jasmine Trinca è ancora la musa di Nanni Moretti e Silvio Muccino, la regista lesbica che voleva fare un film su Berlusconi in pieno berlusconismo e la ragazzina borghese che fa impazzire il fidanzatino di tutte con la zeppola.
E insomma Scamarcio e Trinca, ancora così belli e così freschi, ma come marchiati da un “vizio di forma” pynchoniano giovanile oltre che dai precedenti film fatti assieme, si portano dietro tutto questo nel descrivere il loro amore sentito, dieci anni di vita italiana. Chissà che fine farà questa generazion e di registi italiani “di mezzo”, che non sono né i fratelli D’Innocenzo o Castellitto junior né Sorrentino-Garrone né sono riusciti a scappare da tutto e da tutti come Guadagnino o a inventarsi qualcosa di nuovo come Matteo Rovere con “Romulus”. E, certo, una serie italiana, oggi, ci trasmette meno ansia della rilettura di “Tolo Tolo”.
Detto questo, vedo che su Cielo all’1 danno “Bella di giorno, moglie di notte” con Eva Czemerys e Nino Castelnuovo che fanno una coppia in crisi post-68 all’italiana.
Lei si prostituisce un po’ per noia un po’ per comprarsi i vestiti.
Vedo che c’è Pietro Torrisi che fa il superdotato e già mi interessa, ma nel ricordo di allora era una noia infinita. Nella notte di Sky, però, c’è qualche sorpresuccia.
Come il bellissimo e rarissimo “Dracula” di John Badham alle 00,25 con Frank Langella come vampiro, Laurence Olivier come Van Helsing oltre a Donald Pleasance e Kate Nelligan. Langella aveva interpretato trionfalmente Dracula a teatro dal 77 all’80 in qualcosa come 900 spettacoli.
Un Dracula favoloso e elegantissimo, come le scenografie di Edward Gorey che gli procurò un Tony Award. Qui ripete la stessa impostazione si deve confrontare con Laurence Olivier.
Per chi conosce Langella come attore “vecchio”, penso solo al giudice Hoffman dei Chicago Seven o al suo ruolo in “Kidding”, sarà una vera sorpresa.
Ma vedo che su Sky Cinema Drama passa anche, alle 3, 25, l’incantevole “Paper Moon” di Peter Bogdanovich con Ryan O’Neal e sua figlia Tatum. O, alle 5, 50, il rarissimo “L’uomo di mezzanotte” noir diretto e interpretato da Burt Lancaster nei primi anni ’70, con Susan Clark e Cameron Mitchell. Un piccolo film intelligente e sentito che non funzionò molto bene, ma che offriva al vecchio Burt un ruolo meno da duro del solito. La finisco qui.