ELVIS PRESLEY È STATO TRE VOLTE A SANREMO. MA NESSUNO SE N’È ACCORTO – TRA IL 1964 E IL 1966 BOBBY SOLO PORTÒ SUL PALCO DELL'ARISTON LA VOCE, IL CIUFFO, L'ABBIGLIAMENTO E LO STILE DI “THE PELVIS”. MA, SOPRATTUTTO, PORTÒ DUE CANZONI, “SE PIANGI, SE RIDI” E “QUESTA VOLTA”, CHE AVEVANO ARMONIA E ACCORDI DICHIARATAMENTE COPIATI DA ALTRETTANTI BRANI DEL “RE DEL ROCK”. EPPURE DALL'AMERICA NESSUNO PROTESTÒ – VIDEO
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Michele Bovi per Dagospia
Elvis Presley ha partecipato a tre edizioni del Festival di Sanremo e ne ha vinta una. Me nessuno se n’è accorto. Anzi, uno se n’è accorto, uno Solo: Bobby Solo. Elvis era l’idolo di Bobby, il suo modello di artista: per la voce, per l’abbigliamento, per il ciuffo, per le anche. E anche per le canzoni.
Bobby (Roberto Satti all’anagrafe di Roma) era stato il vincitore morale – e quello che aveva venduto più dischi – dell’edizione 1964 del Festival. A 19 anni aveva finto di cantare sul palco di Sanremo la sua fascinosa Una lacrima sul viso: un abbassamento di voce causato da laringite e fifa l’aveva costretto al playback. Fu squalificato a favore di Gigliola Cinquetti portatrice sana di Non ho l’età (per amarti).
L’anno dopo, edizione 1965, il risarcimento. Bobby e la sua Se piangi, se ridi conquistarono il primo posto. Il brano era firmato da lui e da Gianni Marchetti per la musica e da Mogol, che aveva scritto le parole anche di Una lacrima sul viso, per il testo. In realtà Se piangi, se ridi era la sorella minore di It Hurts Me, brano inciso nel 1964 da Elvis Presley.
“Sì, erano gli stessi accordi, – spiega Bobby Solo – cambiammo la melodia. Ma non ci furono proteste da parte degli editori americani. Andammo sul sicuro, visto che dell'edizione del nostro brano pubblicato dalla Ricordi si occupava il padre di Mogol, Mariano Rapetti, che aveva le conoscenze giuste a livello internazionale per prevenire o attutire ogni possibile controversia. All'epoca discografici ed editori sapevano fare bene il loro mestiere: noi artisti, cantanti e autori, eravamo candide marionette nelle loro mani”.
L’anno dopo, edizione 1966, Bobby tornò al Festival con la canzone Questa volta, eseguita in seconda battuta dagli Yardbirds il gruppo guidato dal cantante Keith Relf e da Jeff Beck, il virtuoso della chitarra scomparso lo scorso 10 gennaio.
Anche Questa volta era firmata da Solo e Marchetti per la musica e da Mogol per le parole.
E anche quella volta il brano si muoveva sull’armonia di una delle prime canzoni incise dal Re del Rock negli anni Cinquanta. “È vero: erano gli stessi accordi di That’s When Your Heartache Begins di Elvis Presley” ha confessa Bobby Solo qualche giorno fa nel salotto tv di Red Ronnie.
Questa volta non bissò il successo di Se piangi, se ridi ma consentì soprattutto agli Yardbirds di estendere la propria popolarità: “Sanremo è stata la cosa peggiore che facemmo. – raccontò Jeff Beck nel 2016 alla rivista Uncut - Keith Relf era in pessime condizioni vocali, tanto che durante le prove Gene Pitney si avvicinò per dirci che facevamo schifo. Noi non facevamo canzoni pop dozzinali e davvero non so che diavolo ci facessimo lì! Sta di fatto che il Festival lo mandavano in diretta in tutta Europa: il giorno seguente vendemmo 80.000 copie del singolo”.
Neanche per Questa volta ci furono proteste da parte degli autori e degli editori statunitensi del brano di Presley, a ulteriore conferma del talento dei discografici della Ricordi e soprattutto dell’editore Mariano Rapetti, padre di Mogol.
In realtà Bobby non fu il solo a riproporre a Sanremo successi camuffati di Elvis Presley. Il trucco funzionò anche a Francesco Baccini nel 1997 con la spiritosa Senza tù, scritta dall’interprete assieme a Fio Zanotti e Giorgio Conte: metà del motivo era palese citazione di Can’t Help Falling in Love, cavallo di battaglia anni Sessanta di Elvis Presley che gli autori Luigi Creatore, Hugo Peretti e George David Weiss avevano copiato di sana pianta da Plaisir d’amour, la romanza composta nel 1785 dal musicista tedesco Giovanni Paolo Egidio Martini.
Ovviamente tutto in pubblico dominio quindi destinato al libero saccheggio. In quella circostanza non ci fu neanche bisogno del padre di Mogol.