GIANNINI METTE IN CHIARO COME SARÀ LA SUA ''STAMPA'', DISCONOSCENDO L'ARTICOLO DI ALBERTO MINGARDI (ISTITUTO BRUNO LEONI) PUBBLICATO NEI PRIMI GIORNI DELLA SUA DIREZIONE: '' SE QUELLA RECENSIONE AD UN LIBRO, PUBBLICATA NELLE ORE DEL MIO INSEDIAMENTO, È APPARSA UN ENDORSEMENT, QUESTO NON DOVEVA ACCADERE E, PER QUANTO MI RIGUARDA, NON ACCADRÀ MAI PIÙ''
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Anna Masera per www.lastampa.it
Lo scorso 27 aprile il paginone della sezione Tempi Moderni titolava “Ecco perché meno democrazia porterebbe un governo più democratico”, sottotitolo “La provocazione (razionalmente argomentata) dell’economista americano Garett Jones”, un articolo di recensione al suo saggio “10% less democracy: why you should trust elites a little more and the masses a little less” (Stanford University Press) a firma di Alberto Mingardi dell’Istituto Bruno Leoni.
Che la proposta “less is more” in democrazia venga da un economista di un’università tra le più compromesse col denaro privato d'America, la George Mason University, a nostro avviso avrebbe dovuto far scattare più cautela nella scelta di recensire il libro o comunque nella recensione. Sulla base di quale competenza un economista scrive di democrazia? Per di più un economista della George Mason University, investita da uno scandalo perché legata alle donazione dei Fratelli Koch, noti miliardari di destra americani. Sono informazioni che, per scrupolo e imparzialità, avrebbero dovuto essere incluse nella recensione.
L’autore del saggio, e il suo recensore, sembrano molto preoccupati dalla nefasta influenza degli elettori, ci fa notare una lettrice. “Tuttavia, 30 anni di diseguaglianze sempre crescenti indicano in maniera incontrovertibile che i politici sono influenzati dall'1% molto più che dalla maggioranza dei cittadini”.
Diversi lettori ci chiedono se La Stampa condivida l’iperliberismo che trasuda da questa pagina, in cui si sembra indicare di voler ridurre ulteriormente il peso dei cittadini. Ci scrive un altro lettore: “Mi meraviglia molto che un autorevole quotidiano come il vostro possa ospitare un articolo così sfacciatamente antidemocratico spacciato per “cultura” alternativa. I lettori si aspettano certamente che tutte le opinioni, anche le più radicali, siano rispettate, ma presentate come tali e non mistificate dentro un quadro ingannevole pseudoculturale”.
Ne abbiamo chiesto conto a Massimo Giannini, che settimana scorsa quando è stato pubblicato questo articolo si era appena insediato come nuovo direttore a La Stampa. «Voglio rassicurare i lettori della Stampa, la tesi "less is more" in democrazia non è mai stata e non sarà mai la mia tesi né quella del giornale che dirigo. Sono anzi convinto che sul fronte delle domande e dei diritti in questi ultimi anni stiamo assistendo semmai a scivolamenti progressivi che vanno assolutamente arginati. Di democrazia non ce n'è mai abbastanza. E dunque, se questa recensione ad un libro, pubblicata nelle ore del mio insediamento, è apparsa un endorsement, questo non doveva accadere e, per quanto mi riguarda, non accadrà mai più».