Marco Giusti per Dagospia
Menahem Golan, che se ne va a 85 anni, era una leggenda del cinema. Pensava in grande. E tutto era possibile. Produrre film con Sylvester Stallone, Chuck Norris, Charles Bronson e ragionare di cinema con John Cassavetes e Jean-Luc Godard. Mettere soldi su l’”Otello” di Franco Zeffirelli e su “Hercules” di Luigi Cozzi, su “Schizoid” con Klaus Kinski e su “Superfantagenio” con Bud Spencer. Da perderci la testa.
Poteva produrre spaghetti western con Lee Van Cleef nel deserto del Golan, da lì nasce il suo nome, in realtà si chiamava Menahem Globus, e far soldi con commediole per teenager come “Pop Lemon”. 200 film da produttore, ma credo siano molti, molti di più, fra Israele, Italia, Francia, Inghilterra, ma soprattutto Hollywood.
47 da regista, dall’esordio nel 1963 con “Salah Shabati” a una commedia matrimoniale nel 2008, passando da film di guerra girati in Israele come “Commandos in azione” con Audie Murphy a “Il mago di Lublino” tratto da un romanzo di Singer, dal sentito “La guerra di Hanna” con Ellen Burstyn all’action italian “A chi tocca tocca…”, dal gangsteristico “Big Boss” con Tony Curtis al musical americano “The Apple”, un totale disastro, da “Over The Top” con Sylvester Stallone, assicurato con un assegnuccio da 13 milioni di dollari, fino a un recente “Delitto e castigo” con Crispin Glover e Vanessa Redgrave.
Come regista era modesto, sia nei film di genere che in quelli d’autore, ma come produttore era un vero genio. Poteva fare qualsiasi cosa. E, assieme al cugino e socio di una vita Yoram Globus, ha sfidato Hollywood e il mondo del cinema con film spezzo realizzati con gli avanzi degli avanzi. Ma tutto poteva coesistere, da Lina Wertmuller a Ruggero Deodato, da Andrey Konchalovsky a Tobe Hooper.
Lo avevo intervistato lo scorso maggio a Cannes dove assieme a Yoram Globus era venuto per presentare un fantastico documentario sulla loro vita e sulla loro carriera nel cinema, “The Go Go Boys”. E’ così che i due ragazzi erano chiamati negli anni d’oro della loro Cannon Films proprio a Cannes, quando, in un solo anno, il 1987, potevano lanciare la bellezza di 35 film in tutto il mondo.
Fare film cafoni con Charles Bronson, supercafoni con Chuck Norris come “The Delta Force” o “Missing in Action”, scatenare il giovane Tarantino con “Enter the Ninja”, ma anche cenare con Jean-Luc Godard o John Cassavetes e produrre i loro invendibili film d’autore, come “King Lear” e “Love Streams”. Per non parlare di film come “Mona Lisa” di Neil Jordan o “Powaqqatsi” di Godfrey Reggio. O dei loro tanti film italiani, che sono proprio un capitolo a parte.
Come lo era il loro rapporto con Silvio Berlusconi e il suo braccio destro Giancarlo Parretti. Col primo ancora si vantavano di aver aperto la prima multisala italiana a Milano. Col secondo, dopo la bancarotta della Cannon nel 1989 e la loro divisione, fu il solo Globus a diventare socio, quando Parretti inglobò la loro società in fallimento nella Pathé Communications, che poi diventò MGM-Pathé quando “il Leone di Orvieto”, come si faceva chiamare Parretti, si comprò anche la MGM alla faccia di tutto il mondo di Hollywood inorridito.
Il tutto fallì miseramente nel 1992, ma intanto Parretti poteva ben vantarsi di essere stato l’unico italiano a essersi comprato la MGM. Sull’argomento, Golan non voleva esprimersi troppo, ma era chiaro che non avesse mai amato Parretti e il suo mondo e non avesse per nulla benedetto quell’avventura che gli aveva portato via pure il socio, che gli aveva preferito il colosso di carta della MGM in salsa orvietana.
Dopo il fallimento della Cannon, Golan aveva però fondato a sua volta la 21st Century Pictures, portandosi dietro i diritti di una serie di campioni della Marvel, da Masters of Universe, a Spider Man a Captain America. Aveva avuto una grande intuizione, ma sbagliò, forse, a non portare subito al cinema Spider Man, puntando tutto su Captain America nel 1990, che non gli riuscì benissimo.
Produsse anche un terrificante “Il giustiziere della notte 5” nel 1994 con un Charles Bronson ormai improponibile, che costava più lui di tutto il film. Fallì anche la 21st Century Pictures e Golan, come Globus, fecero ritorno a casa, in Israele, dove dettero vita nei primi anni del 2000 alla New Cannon. Erano ormai lontani i periodi d’oro, ma produssero assieme dei film come “Delitto e castigo” o “Na-Shiva Mehodu”.
Malgrado fosse andato in bancarotta più volte per investimenti eccessivi, film troppo costosi che non avevano fruttato quel che avrebbero dovuto, soci dubbi, Golan era ancora pronto a ricominciare. Che film ti piacerebbe fare, oggi, gli avevo chiesto. “Mi piacarebbe produrre un film in Israele sull’amore tra un giovane immigrato ebreo russo e una ragazza palestinese”.
sylvester stallone -rick-zumwalt
Magari aveva ragione lui. Questo ritorno alle origini, in fondo, non gli aveva affatto cambiato il gusto della sfida e dell’avventura. Patriota della primissima ora, Menahem Golan era nato a Tiberiade nel 1929 da famiglia ebreo polacca, aveva combattuto come pilota dell’esrcito israeliano e si era cambiato il nome da Globus a Golan proprio per motivi patriottici.
Aveva studiato alla Old Vic School di Londra ma era stato l’incontro con Roger Corman, per il quale fu assistente regista su “i diavoli del Gran Prix” nel 1963, a aprirgli gli occhi. Come Corman, fu produttore e spesso anche regista dei suoi film, mentre il cugino Yoram Globus si limità alla parte amministrativa, al controllo del soldi. Ma il creativo era di sicuro Menahem.
con26 tina lagostena bassi giancarlo parretti
Iniziano subito a produrre film in Israele, come “El Dorado” o “Salah Shabati”, che verrà nominato agli Oscar nel 1964. Col cugino fondano la Noah Films con la quale produrranno film in Israele fino a gran parte degli anni ’70. Ma il sogno è quello di puntare in grande. Diciamo a Hollywood. Così nel 1979 fondano la Cannon Films Inc e si spostano in America, anche se producono film in tutto il mondo. E’ chiaro che il cinema d’azione e le commedie per teenagers sono il loro pane.
Ma la Cannon produrrà addirittura il “King Lear” di Jean-Luc Godard, “Runaway Train” e “Duet For One” di Andrey Konchalovsky, “Love Streams” di John Cassavetes, “Lifeforce” e “Invaders From Mars” di Tobe Hooper, “52 gioca o muori” di John Frankheimer. Certo, produsse anche i due “Ercole” di Luigi Cozzi, “Bolero Extasy” con Bo Dereke il nostro Andrea Occhipinti, “Dr Heckyl and Mr Hyde” con Oliver Reed, la terribile “Salomé” di Claude D’Anna con Tomas Milian e l’esordiente Jo Champa.
Il trash, il supertrash, l’action, il musical, il peplum, lo spaghetti western, e il cinema d’autore. Credo che Golan sognasse di più il cinema d’autore, ma aveva fiuto solo per quello davvero basso, che gli funzionava benissimo seguendo la sua massiva “Il bussiness del cinema è il solo business dove il negativo è positivo”, mentre tutti i tentativi per fare un grande cinema all’americana, spesso naufragavano. Anche perché si affidava a registi tremendi. E naufragavano le sue superproduzioni. Spendeva troppo e il pubblico non ci cascava. E tornava a produrre trashioni favolosi. E per quelli, soprattutto, lo abbiamo amato.