INDROMASSAGGIO! “QUI RIPOSA INDRO MONTANELLI. SPIEGAVA AGLI ALTRI CIÒ CH’EGLI STESSO NON CAPIVA” – IN UNA AUTOBIOGRAFIA I RITRATTI FOLGORANTI E GLI AFORISMI PIU' SAPIDI DI INDRO MONTANELLI – “IL FASCISMO? IL PIÙ COMICO TENTATIVO PER INSTAURARE LA SERIETÀ" - "È DIFFICILE SORRIDERE A MONTALE. SUL SUO VOLTO CHIUSO LA CORDIALITÀ SCIVOLA VIA COME ACQUA SUL MARMO” – LE BORDATE ALLA MAGNANI E ALIDA VALLI – IL RACCONTO DELL’ATTENTATO NEL 1977: "DEVO MORIRE IN PIEDI!". QUESTO PENSIERO STUPIDO MI HA SALVATO PERCHE'..."

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Alessandro Gnocchi per “il Giornale”

 

indro montanelli

«Qui riposa Indro Montanelli. Genio compreso. Spiegava agli altri ciò che egli stesso non capiva». Questo bellissimo auto-epitaffio, vergato fortunatamente con larghissimo anticipo tra il 1955 e il 1958, riassume molti aspetti di Indro Montanelli (1909-2001): il narcisismo; il dubbio di essere un magnifico imbonitore di lettori ma privo di sostanza culturale; la comprensione perfetta del mestiere di giornalista; la capacità innata di ritrarre una persona con pochi, essenziali tratti; l'ironia lucida e amara, che fa presto a passare dalla risata alla depressione.

 

indro montanelli cover

Quello che molti non sanno è che si tratta, in realtà, di una rivisitazione di una battuta di Leo Longanesi: «Montanelli è uno che spiega agli altri quello che non capisce». Al «carciofino sott' odio», Indro riservò quest' altro epitaffio: «Qui giace per la pace di tutti Leo Longanesi uomo imparziale. Odiò il prossimo suo come se stesso».

 

Se non mi capite, l'imbecille sono io di Indro Montanelli è un autobiografia irregolare vale a dire realizzata dall'officina editoriale Rizzoli andando a pescare i brani più significativi e divertenti (spesso le due qualità coincidono) della ricchissima produzione montanelliana.

Il risultato è una autobiografia intellettuale. Non contano le date e i fatti ma le idee (e gli incontri). Qualche esempio.

 

Montanelli sul diritto di morire: «Sono loro (i medici, ndr) che devono riconoscere il sacrosanto (dico e ripeto: sacro e santo, checché dicano i bigotti della sacralità della vita) diritto dell'uomo a scegliere il quando e il come della propria morte».

montanelli

 

Montanelli presunto credente: «Credo in Qualcuno. Non credo che saprò mai, né da vivo né da morto, chi è e com' è fatto».

 

Montanelli presunto ateo: «Quando io dico che mi manca la fede, lo dico con disperazione, non con protervia». Montanelli tragico fatalista: «Io forse sarà ricordato, quando avrò preso congedo da questo mondo, da qualcuno dei miei lettori, non certamente dai loro figli. So di aver scritto sull'acqua».

 

indro montanelli colette rosselli

Naturalmente ci sono le guerre di cui Montanelli fu testimone, oltre a quella africana combattuta in prima persona. Nel 1942 chiudeva così un pezzo sulla Seconda guerra mondiale: «La nostra posizione era imbarazzante anche per questo: non si vedeva nulla». Dunque, la difficile posizione del reporter embedded, al seguito, non è nata con la prima guerra del Golfo. Molto belli sono gli stralci da I cento giorni della Finlandia, resoconto (quasi) dal campo della eroica resistenza finlandese all'avanzata dell'Armata Rossa.

montanelli

 

Un aneddoto bruciante illumina il dramma della dichiarazione di guerra alla Francia del 10 giugno 1940. L'Italia si abbandonava a un applauso generale e, nello stesso tempo, se ne pentiva. La guerra creava una frattura «che avrebbe diviso tutta la nostra generazione: o con fascismo e l'Italia, o contro il fascismo ma anche contro l'Italia. E ora non ci resta che perderla disse quella sera Pannunzio a Longanesi. Leo saltò per aria: Parole di traditore!».

 

Ci sono gli storici reportage da Budapest ubriaca di libertà nel 1956. Montanelli scrisse subito che era una ribellione contro il comunismo sovietico ma favorevole a un socialismo umano. Scontentò tutti però aveva ragione.

 

Non sfuggì a Indro che in Italia qualcuno non era affatto contrario ai carri armati sovietici e alla repressione degli insorti. « Captammo Roma. Trasmettevano il discorso del ministro Martino.

 

scalfari montanelli

Un bel discorso. Ma, a chiusura, udimmo il grido lanciato in aula dai deputati comunisti: Viva l'Armata rossa!. A pochi passi da noi, l'Armata rossa stava mitragliando nelle cantine gli operai e gli studenti di Budapest, rimasti senza munizioni».

 

Dal punto di vista letterario, i ritratti, molti dei quali raccolti nei due volumi degli Incontri sono il piatto forte. Indro amava scherzare sulle persone che amava. Amico di Piovene, e suo estimatore al punto di fondare con lo scrittore il giornale che state leggendo, lo fece più volte a fettine: «Per temperamento, Piovene era un sadico che avrebbe fatto impallidire Jack lo Squartatore, ma fortunatamente era così pauroso di tutto che non ebbe mai l'ardire di uccidere neppure una mosca».

 

In Se non mi capite, l'imbecille sono io sfilano, oltre ai già citati, inarrivabili ritratti di Curzio Malaparte, Mario Soldati, Ennio Flaiano, Salvador Dalí, Giovanni Spadolini, Giulio Andreotti, Alcide de Gasperi, Ottone Rosai, Eugène Ionesco e molti altri. Montanelli è capace di essere spietato.

COLETTE ROSSELLI INDRO MONTANELLI

 

Leggete le righe dedicate a Eugenio Montale: «È difficile sorridere a Montale. Sul suo volto chiuso la cordialità scivola via come acqua su una lastra di marmo». Un'ampia sezione è riservata al mondo del cinema con un cattivissimo epitaffio per Alida Valli: «Qui per la prima volta Alida Valli giace sola».

 

Brucianti anche i giudizi sulle ideologie del XX secolo. Fascismo: «Il più comico tentativo per instaurare la serietà». Di Togliatti scrisse che era «impiegato modello di rivoluzioni parastatali»; di Nenni disse che «sognò barricate su cui passeggiare in pantofole». Non fece sconti alla borghesia liberale solo a parole: «Essi non servono le loro imprese, se ne servono.

 

Si battono contro le intrusioni dello Stato, ma ne sollecitano i favori. E che razza di destra possiamo da essa aspettarci?». Le riflessioni sulla borghesia sono sulla scia di Longanesi.

MARIO PANNUNZIO - INDRO MONTANELLI - EUGENIO SCALFARI

Gli aforismi sull'Italia hanno invece un debito con la famosa divisione fra furbi e fessi teorizzata da Giuseppe Prezzolini: «Tra gli italiani la solidarietà non esiste.

 

Esiste la complicità». Gli intellettuali sono massacrati: «La cultura italiana è mafiosa perché nasce nel Palazzo, al servizio del Principe. Il Principe cambia, al suo posto arriva il Granduca, il papa o il Partito. Ma la cultura resta una faccenda d'iniziati e per iniziati».

Dunque di autobiografico in Se non mi capite, l'imbecille sono io (titolo che è anche la regola fondamentale del giornalismo) non c'è quasi niente, anche se le lacune non mancherebbero: che ne è, ad esempio, della primissima produzione letteraria e delle circostanze in cui nacque? Non era questo libro la sede giusta, è chiaro. Se non mi capite, l'imbecille sono io resta una lettura tanto divertente quanto intelligente.

 

2 - INDROMASSAGGI CONTROCORRENTE

montanelli mudec

Estratti da “Se non mi capite, l’imbecille sono io”, di Indro Montanelli (ed. Rizzoli), pubblicati da “il Fatto quotidiano”

 

Fascismo/1. Il più comico tentativo per instaurare la serietà.

 

Fascismo/2. Io il fascismo lo incontrai per la prima volta all'età di dodici anni.

Allora abitavamo in una piccola città di provincia, dove mio padre era preside di liceo. Io facevo la terza ginnasiale e una sera mi trovavo al cinematografo, dove si proiettava una pellicola di Maciste, quando un impiegato della sottoprefettura venne a cercarmi in tutta urgenza per ricondurmi all'abitazione del sottoprefetto, dove la mia famiglia si trovava in visita.

 

Quando giungemmo dinanzi all'edificio, lo trovammo circondato da gente in grigioverde e camicia nera che non lasciava passare nessuno. Lasciò passare solo me, perché ero un bambino e perché uno dei caporioni era un certo Messina, mio compagno di classe. Messina aveva diciassette anni, ed era ancora in terza ginnasiale. Era, naturalmente, un ripetente.

montanelli statua

 

È curioso: tutti i fascisti del liceo erano dei ripetenti. Messina aveva anche un fratello maggiore socialista, che girava con la cravatta e il cappello neri e che venne in seguito "ricinizzato". La gente diceva che Messina junior si era fatto fascista per avere così il pretesto di picchiare Messina senior. Andando avanti negli anni mi sono accorto che le divisioni politiche in Italia hanno sempre servito di pretesto ai Messina junior per picchiare i Messina senior o viceversa, e arrangiare così i conti di famiglia e di vicinato.

 

La guerra/1. Il fatidico 10 giugno del 1940 in piazza Venezia c'ero anch' io, in compagnia di Pannunzio. Il discorso di Mussolini fu uno dei più brutti che abbia mai pronunciato. Tutto vi suonava falso. E non meno fasulle furono le ovazioni che gli tributo la piazza. Finita la cagnara, tra la gente che sfollava i commenti in sordina erano tutti del tono dei nostri: "Quello è matto", "Ma chi ce lo fa fare?".

 

montanelli berlusconi

Improvvisamente Pannunzio, uomo solitamente così misurato da essere giudicato insensibile, sbottò: "I più vigliacchi siamo io e te. Perché se nel momento in cui diceva: 'Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra Patria', gli avessimo fatto una pernacchia, si sarebbe sgonfiato tutto". La guerra creava una frattura che avrebbe diviso tutta la nostra generazione: o con il fascismo e l'Italia, o contro il fascismo ma anche contro l'Italia. "E ora, non ci resta che perderla" disse quella sera Pannunzio a Longanesi. Leo saltò per aria: "Parole di traditore!".

 

La guerra/2. Poche volte avevo visto un'Italia così unanime nel pensare che la guerra non si doveva fare e poche volte l'avevo vista cosi unanime nell'applaudire il Duce quando il Duce la dichiarò: poche volte la sentii più unanime nel rimpiangere questi applausi nello stesso istante in cui vi si abbandonava.

 

montanelli berlusconi

Churchill. Quando morì non lasciò un soldo e sua moglie Clementine dovette arrangiarsi a venderli per sopravvivere. A pranzo esigeva champagne e a cena Bordeaux. E dopo cena beveva whisky e cognac. Quanto al celebre sigaro, lo teneva quasi sempre spento, affrettandosi però infilarselo in bocca quando avvistava un fotografo, per restare fedele all'immagine che lo aveva reso popolare.

 

Achille Lauro. Andò a rendere omaggio all'ex re Umberto, nel suo esilio di Cascais. Non è facile immaginare quale sia stato lo svolgimento del colloquio tra quel gentiluomo compito, misurato, elegante, e il monarchico rampante che diceva "si chiami il radiologo" se durante un comizio il microfono non funzionava, o anche "non lasceremo le vostre attese sulla sogliola di Montecitorio".

Sandro Pertini. Non ho mai conosciuto nessuno - tranne forse il primo Mussolini - che sapesse come lui fiutare gli umori popolari e adeguarvisi con altrettanta prontezza. [...] Soprattutto nel toccare le corde del patetico, è stato un maestro.

PRIMA PAGINA DEL CORRIERE DELLA SERA - 3 GIUGNO 19777 - ATTENTATO A MONTANELLI

 

Non ha mai sbagliato una lacrima, sebbene ne abbia versate quanto nessuno prima di lui. In sette anni di presidenza non ha perso un funerale, e non c'è guancia di bambino che non abbia baciato. Ha maneggiato più bare di un becchino e più culle di una balia. [...] Il presidente che ha incarnato al meglio il peggio di noi italiani.

 

Anna Magnani. Non ha mai avuto avventure, ma solo passioni, a cui non c'è stato uomo che abbia avuto la forza di reggere. Sempre, inappagato, il suo oscuro istinto di sottomissione si traduceva in sopraffazione: non sapeva amare che perseguitando, soffocando, prevaricando.

 

Una volta Rossellini mi disse: "In due ore di Anna, c'è tutto: l'estate e l'inverno, la tenerezza, la sfuriata, la gelosia, il litigio, la rottura, l'addio, le lacrime, il pentimento, il perdono, l'estasi, eppoi di nuovo il sospetto, la rabbia, gli schiaffi...". Non aggiungeva: "Ma queste due ore si ripetono dodici volte al giorno e questo giorno si ripete sette volte alla settimana...".

 

montanelli

Alberto Sordi a Parigi. La sera che arrivò, per iniziarlo alla vita notturna della metropoli e affezionarvelo, lo condussero Chez Carrol's, una boîte tra le più in voga, soffusa di un alone di ambiguo peccato. Bel ragazzo, di modi dolci e gentili, vestito con la scrupolosa cura che rappresenta il "Made in Italy" dei nostri giovanotti provinciali, Alberto attirò subito l'attenzione di una entraîneuse che gli dedicò cure tutte particolari. E, da vero rubacuori nostrano, ci si affezionò subito. Sordi, di questo tipo di seduttore, ha fatto - e tutti se ne ricordano di certo - un'interpretazione delle sue più vivaci e colorite.

 

Gli tornò in mente e la copiò quando nel suo pessimo francese si mise a fare la corte alla ragazza buttandoci dentro a palate tutti i soliti ingredienti dell'arte erotica nazionale, l'anima, il mare, la luna, e anche un po' di sorelle e di mamma: oppure l'aveva completamente scordata e ci credeva, in quel momento, anche lui? Inutile chiederglielo perché lo ignora certamente egli stesso. Se lo sapesse, non sarebbe più quell'esemplare italiano che è.

montanelli gervaso storia d'italia

 

Vittorio De Sica. De Sica, sui cinquanta ormai, è un po' ingrassato e incanutito, ma né il successo né le fatiche sono riusciti a brunirgli quella patina d'infantile innocenza che già fece di lui l'attore più teneramente amato dagli spettatori e ancora più dalle spettatrici, e che è monopolio esclusivo di certi napoletani e di certi inglesi. Un giorno, forse, De Sica sarà antico; vecchio, mai.

 

L'attentato del 1977. È la festa della Repubblica. Io la celebro ricevendo nelle gambe quattro pallottole di rivoltella, calibro 9. Me le sparano alle 10.10, appena uscito dall'albergo Manin, alle spalle. Faccio a tempo, voltandomi, a vedere uno dei due killer che seguita a sparare da una distanza di 4-5 metri. Ma sono talmente sorpreso e frastornato che non riesco a fissarne nella memoria il volto.

 

Aggrappandomi all'inferriata dei giardini pubblici, penso: "Devo morire in piedi!". Questo pensiero stupido, retaggio sicuramente del Ventennio, è forse quello che mi salva: cadendo, avrei probabilmente preso l'ultima scarica nell'addome. Solo quando il killer ha finito, cedo al languore che m' invade e scivolo a terra. Potrei comodamente uccidere con la mia pistola l'uomo che ora mi volta le spalle per fuggire. Ma ce n'è un altro che lo protegge con l'arma in pugno. Mi limito a gridargli: "Vigliacchi!". Un cane lupo, dall'altra parte dell'inferriata, sporge la lingua fra le sbarre e si mette a leccarmi la faccia. La donna, che lo tiene a guinzaglio, è terrea. Le sorrido, e dico: "Non si spaventi!".

 

Gli italiani/1. Tra gli italiani la solidarietà non esiste. Esiste la complicità.

montanelli berlusconi 2

 

Gli italiani/2. Il maggior difetto degl'italiani non è quello di essere servili. È quello di voler sempre a tutti i costi accusare qualcuno di averli asserviti.

 

Gli italiani/3.Gli italiani non imparano niente dalla Storia, anche perché non la sanno.

 

 I politologi. Il bello dei politologi è che, quando rispondono, uno non capisce più cosa gli aveva domandato.

 

INDRO MONTANELLI

La borghesia. Adottando come divisa il paltò di cammello, la borghesia crede di essersi trasformata da gregge in carovana.

 

La religione. Credo in Qualcuno. Non credo che saprò mai, né da vivo né da morto, chi è e com' è fatto.

 

ottone montanelli
indro montanelli cesare romiti

Autoepitaffio. Qui riposa Indro Montanelli. Genio compreso, spiegava agli altri ciò ch' egli stesso non capiva.

LA SPOSA BAMBINA DI MONTANELLI - DESTA'
Montanelli
indro montanelli gambizzato 4
montanelli sposa eritrea
montanelli sposa eritrea
indro montanelli gambizzato
INDRO MONTANELLI IN ABISSINIA
statua montanelli
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Montanelli attentato
montanelli fonda il giornale
montanelli intervistato da enzo biagi
biagi bocca montanelli
mario cervi montanelli de bortoli paolo garimberti
LA STATUA DI INDRO MONTANELLI IMBRATTATA DI VERNICE DALLE FEMMINISTE
giorgio bocca montanelli1986 large
INDRO MONTANELLI
INDRO MONTANELLI
FOTO CON DEDICA DI MONTANELLI ALLA SEGRETARIA DI ENRICO CUCCIA GIANCARLA VOLLARO
Montanelli Arbasino Bocca
INDRO MONTANELLI - UN SUO SCRITTO DURANTE LA CAMPAGNA D AFRICA
INDRO MONTANELLI
enzo biagi e indro montanelli