1. GLI INTELLETTUALI DI SINISTRA CHE INVOCANO LA CENSURA SULLA MORTE DI DE RIENZO
2. MARCO MENSURATI DI "REPUBBLICA" RIMETTE IN RIGA CHI SI LAMENTA PER I DETTAGLI SULLA MORTE DELL'ATTORE (CIOE' L'EROINA): "COLPISCE CHE LE CRITICHE, CON UNA CERTA INSISTENZA E CON DIVERSI GRADI, DICIAMO COSÌ, DI CIVILTÀ, PROVENGANO DA INTELLETTUALI DEL CINEMA, PROFESSIONISTI DELLA COMUNICAZIONE, PERSONE CHE AVEVANO UNA FREQUENTAZIONE CON DE RIENZO. IL COMPITO DI UN GIORNALE E DI UN GIORNALISTA, PERÒ, NON È QUELLO DI CELEBRARE. MA DI RACCONTARE I FATTI. E SE LA NOTIZIA È UNA BUSTINA DI EROINA TROVATA NELLA CASA DELL'ATTORE, NON PUBBLICARLA SAREBBE UN ERRORE. GRAVE. E PERICOLOSO. PERCHE'... "
I CANI DEL NULLA - SONO LORO I PROTAGONISTI DELLA NOSTRA MODERNITÀ, I NULLISTI. MUOIONO DA SOLI, SE NE VANNO IN SILENZIO, COME PICCHIO DE RIENZO. ANCHE LUI FACEVA PARTE DI QUEL GRUPPO DEI “NULLISTI” AL CENTRO DEI ROMANZI DEL SUO AMICO EMANUELE TREVI. COME ROCCO CARBONE E PIA PERA, GLI SCRITTORI MORTI PREMATURAMENTE E PROTAGONISTI DI “DUE VITE” CON CUI TREVI SI È ASSICURATO IL PREMIO STREGA. MA “NULLISTA” LO È ANCHE LO STESSO TREVI E TANTI ALTRI ESPONENTI DEL MONDO DELLA CULTURA E DELLO SPETTACOLO. EPPURE SUI BELLI E DANNATI DEL NOSTRO TEMPO VIGE UNA SPECIE DI OMERTÀ, DI PUDORE FATTO DI RETICENZA E DI NON CONFESSATO PERBENISMO
Marco Mensurati per repubblica.it
Ci sono un paio di domande che in queste ore da più parti ci vengono poste con una certa insistenza (e con diversi gradi, diciamo così, di civiltà).
Era proprio necessario raccontare tutti i dettagli della morte dell'attore Libero De Rienzo? E poi ancora, e forse soprattutto, non si poteva omettere il dettaglio del ritrovamento dell'eroina?
La risposta, ovviamente, è sì, era proprio necessario. E no, non si poteva omettere un particolare così rilevante. Possiamo discutere sui toni e le forme - che nel caso di Repubblica pensiamo siano state inappuntabili - ma sulla necessità del racconto giornalistico non ci sono dubbi.
E il motivo è semplice. I giornali pubblicano le notizie. Devono farlo, è la loro missione, il loro senso, il loro valore.
A volte questo paradigma rende il mestiere di giornalista duro, difficile, scomodo. Anche antipatico. Succede soprattutto con la cronaca nera, la specialità più difficile. È successo anche stavolta.
Muore un attore bravissimo e amato come De Rienzo, un padre di famiglia, un insolito e laterale intellettuale della malconcia scena italiana, e il suo pubblico, i suoi amici, i suoi affini, non vorrebbero altro che stringersi nel dolore in una composta e silenziosa celebrazione.
Il compito di un giornale e di un giornalista, però, non è quello di celebrare. Ma di raccontare i fatti. E se la notizia, come in questo caso, è una bustina di eroina trovata nella casa dell'attore, non pubblicarla sarebbe un errore. Grave. E pericoloso. Perché salterebbero i meccanismi di controllo e di imparzialità che sono alla base del rapporto con i lettori.
Il giorno in cui i giornali dovessero smettere di pubblicare le notizie, o peggio dovessero scegliere quali pubblicare - anche se lo facessero usando un criterio nobile e umanamente accettabile come quello del dolore arrecato - sarebbe un giorno un po' più simile alla notte.
Colpisce in particolare che molte delle critiche arrivate ai giornali provengano da una ben determinata categoria di persone. Intellettuali del cinema, professionisti della comunicazione, persone per dirla in breve che avevano una frequentazione diretta e personale con De Rienzo e con la sua famiglia.
In molti di questi casi l'impressione che si è avuta è che gli amici stessero implicitamente, e in maniera umanamente comprensibile, invocando una sorta di trattamento di favore per un congiunto, un affine (anche solo intellettualmente). Nulla di più.
Nessuno di loro, diciamolo per inciso, ha sollevato un sopracciglio quando abbiamo raccontato, con la medesima professionalità, la vicenda della giovane Maddalena Urbani, figlia di Carlo Urbani, il medico eroe che isolò la Sars.
Parlammo del ritrovamento del suo corpo, della morte per probabile arresto cardiaco, del sequestro dell'eroina e degli psicofarmaci, scrivemmo dell'autopsia e delle indagini partite dalle analisi del suo telefonino e infine raccontammo dell'arresto dell'uomo che le aveva dato la droga.
Nessuno del circolo intellettuale che oggi ringhia contro i giornali ci trovò niente di strano. Quelle erano notizie, noi stavamo facendo il nostro mestiere. E loro non erano amici di Maddalena.