“ANDAVO A RUBARE AL SUPERMERCATO E TORNAVO CON 5-600 EURO DI ROBA” – ACHILLE LAURO MEJO DE LUPIN: "AVEVO QUATTRO CELLULARI SENZA BATTERIA PERCHÉ ERO UN DELINQUENTE. ERO UN RAGAZZETTO ATTACCABRIGHE, CIRCONDATO DAI CATTIVI ESEMPI, CINQUANTENNI PLURIPREGIUDICATI CHE PER ME ERANO QUALCOSA DI SIMILE A UN PADRE" - E SU TRAPPER E RAPPER… DAL 14 DICEMBRE SU PRIME VIDEO IL SUO DOCUFILM
-
Barbara Visentin per corriere.it - Estratti
«Sono una persona molto riservata, ma a 13 anni non decidi di andartene di casa». Achille Lauro commenta così lo scorcio di vita privata con cui inizia il suo docufilm «Ragazzi madre - L’Iliade» (disponibile da giovedì 14 su Prime Video). Nella prima parte del filmato, dopo una velocissima apparizione della madre (e, più avanti, un accenno al «rapporto mai avuto» con il padre) il cantautore 33enne ripercorre gli anni passati in «una comune» nella periferia romana insieme al fratello: «Ero circondato dai cattivi esempi, cinquantenni pluripregiudicati che per me erano qualcosa di simile a un padre».
In quel contesto, che definisce «marcio, razzista e omofobo», oltre che pericoloso, racconta di essere stato un teenager «incosciente e compiaciuto»: «Andavo a rubare al supermercato, tornavo con 5-600 euro di roba ed era la nostra festa - dice Lauro, descritto dal fratello come «un ragazzetto attaccabrighe» -. Avevo quattro cellulari senza batteria perché ero un delinquente».
Da lì, mossi i primi passi nella musica con il rap, Lauro si è reso conto di avere davanti a sé un bivio: «Ho capito che non volevo diventare come le persone che mi avevano cresciuto e mi sono costruito il successo. Ho guardato la musica dal punto di vista imprenditoriale».
(...)
E in riferimento ai trapper e rapper ultimamente al centro delle cronache, insiste che bisogna guardare al contesto da cui arrivano: «Credo sia l’ambiente che fa i ragazzi e dunque le canzoni sono una conseguenza dell’ambiente. La musica a volte è influenzata dalle mode, ma è soprattutto una fotografia della realtà in cui viviamo - commenta -. Dovremmo ripensare all’ambiente dove crescono i ragazzi, per molti di loro la musica è un passaporto per cambiare vita. Cercano riscatto sociale dopo essere stati esclusi. A Milano vedo grande disparità sociale, la bolla della Fashion Week e poi quartieri desolati. Questo fa sentire i ragazzi soli e dovremmo ripartire da lì».