“A UN CERTO PUNTO IL SUCCESSO, I SOLDI, LO SHARE, L’APPLAUSO NON TI BASTANO PIÙ. E ALLORA CERCHI DI FARE DEL BENE, DI CAPIRE IL MISTERO” - L’EX CONDUTTORE DI RAI1 FABRIZIO GATTA, DOPO LO SCOOP DI DAGOSPIA, RACCONTA LA SUA DECISIONE DI FARSI PRETE: “MIA MAMMA PRENDEVA LE GOCCE PER DORMIRE. IL CONDUTTORE COI SOLDI, LE AUTO POTENTI, ABITUATO ALLA BELLA VITA, CHE LASCIA TUTTO. LA CHIAMATA? NON È SAN PAOLO, PIÙ LA VOCAZIONE DEL SAN MATTEO DI CARAVAGGIO. ERO CHIERICHETTO, MA VOLEVO FARE..."
1 - IL CONDUTTORE DI RAI1 HA LASCIATO LA TV: FABRIZIO GATTA È DIVENTATO PRETE! - A LUME DI CANDELA - 14 GIUGNO 2021
2 - DON FABRIZIO GATTA: DA GIORNALISTA RAI (PER VENT’ANNI) A SACERDOTE A SANREMO
Patrizia Albanese per www.ilsecoloxix.it
Don Fabrizio Gatta? «Sono io, sì». Il tempo di presentarsi, al telefono della chiesa di San Siro a Sanremo e all’ex giornalista - in Rai per vent’anni - parte una risatina. Par di vederlo, mentre mormora scuotendo la testa: «Dagospia, Dagospia... Da quando l’ha scritto, il telefono...».
Be’, in effetti in periodo di crisi di vocazioni, un religioso non più giovanissimo fa notizia. Figurarsi poi se a infilarsi la tonaca è un brillante giornalista Rai di lungo corso. Passato da Miss Italia con l’indimenticato Fabrizio Frizzi a Lineablu e decine di altri programmi: lascia le telecamere per il sacerdozio. Assegnato a Sanremo, per di più.
In cerca di anime tra Festival e Casinò? Padre spirituale dello show business? «Di tutte le persone che il Signore mi metterà sulla strada, assetate e in ricerca» replica sereno questo giornalista di Dio. Quanto al Casinò... «Da lì, parte la mia storia».
Scusi, in che senso?
«La mia famiglia materna è di Sanremo. Il mio bisnonno, Adriano Garassino, era direttore della Casa da gioco, negli Anni Venti. Quando ci andava Toscanini. I miei erano vicini di ombrellone di Carlo Dapporto, che abitava di fronte a noi, in corso Orazio Raimondo. Davanti ai Bagni. Da casa, la bambinaia - una signora austroungarica, che fumava il sigaro - sventolava l’asciugamano per chiamare a pranzo mia nonna e gli altri 8 fratelli. Attraversavano il casello ed erano a casa».
Lei invece è nato 57 anni fa a Roma, dov’è cresciuto e s’è laureato in Sociologia, prima della recentissima laurea in Teologia, preceduta da due anni di Filosofia.
«La bisnonna, vedova, si trasferì a Roma. In via Lima, ai Parioli - racconta don Fabrizio - Mia madre, al liceo Tasso conobbe mio padre. Non si sono più lasciati».
Per lei, studi dove?
«Dai preti. Maristi».
Be’, una bella partenza...
«Abbastanza, sì» se la ride il diacono, che sarà ordinato sacerdote il prossimo 7 dicembre. Puntualizza serio: «Però, questa è un’intervista. E non posso, senza prima l’autorizzazione del vescovo. Tra i voti, c’è l’obbedienza».
Soltanto un colloquio. E poi anche il vescovo sarà contento, dai. Per una volta, niente scandali ma una cosa bella. Da bambino, che voleva fare da grande?
«Pippo Baudo» snocciola allegro. Ricordando: «Ero chierichetto a Messa. Nella parrocchia dei Maristi, certo».
Con la Fede, rapporto altalenante?
«Momenti di lontananza. Normale, durante l’adolescenza. Le crisi servono per essere superate. Giusto così. È una crescita».
Però, mai avrebbe pensato di farsi prete.
«No, mai».
E poi accade, che...
«Che non ti basta più. Che quello che fai, deve avere un senso. Il successo, i soldi, lo share, l’applauso non ti bastano più. E allora, cerchi di fare del bene. Di impegnarti. Di fare un’adozione a distanza. Cerchi di capire il Mistero. E ti metti in gioco».
Fino alla Chiamata.
«Non è San Paolo, che poi non è mai caduto da cavallo, sulla via di Damasco. È più la vocazione del San Matteo di Caravaggio. L’ uomo con una mano sui soldi colpito da una lama di luce, da cui appare Gesù. San Matteo si indica il petto, come dire: sei sicuro? Vuoi proprio me? È un cammino di lacerazione. Serve un padre spirituale. Rileggi tutta la tua vita...».
Pausa.
«Non è una passeggiata di salute» sbotta schietto il giornalista. Che come don Fabrizio prosegue: «Devi essere sostenuto dallo Spirito Santo. Devi essere aiutato. Entri in seminario, per anni di convivi con persone molto più giovani di te. Non facilissimo. Però, una volta messo mano all’aratro, non mi sono più voltato indietro. L’animo me lo riscalda Lui».
Reazioni in famiglia? Sconcertati?
«Uuuh - se la ride di cuore - Mia mamma prendeva le gocce per dormire... Il conduttore coi soldi, le auto potenti, abituato alla bella vita, che lascia tutto...».
Amori?
«Non c’è stato quello della vita, del per sempre. Doveva arrivare un Incontro più importante. L’amore che ti cambia la vita per sempre, è quello per Dio. Ho lasciato tutto per Lui. E Nostro Signore mi ha davvero cambiato la vita.
La gioia di annunciare Cristo, con l’entusiasmo e l’energia di un ragazzino. Mi piace parlare di Gesù. E inventare modi nuovi per comunicare un messaggio di 2000 anni, ma sempre nuovo».
Il suo entusiasmo è coinvolgente.
«Dio ha sconvolto la mia vita» afferma con gioia. E riflette: «Come diceva Padre Puglisi: “Venti, 40, 60, 80 anni quella è la vita. Ma se sbagli direzione, a che ti serve? Che hai vissuto a fare?”. Mettersi in ascolto serve a questo. Ti dà la percezione di aver vissuto la vita giusta.
Chi segue Gesù sono le persone che non si sentono a posto. I feriti dalla realtà che si mettono in discussione tutti i giorni. Io mi metto in discussione tutti i giorni. La vita con me ha agito per sottrazione». Scusi, che significa? «Bisogna togliere le sovrastrutture che ci ha dato la vita».
Don Fabrizio, perché proprio Sanremo? Ci resterà?
«Fino al 7 dicembre, sono ancora diacono: è l’ordine del servizio. Col grembiule, come il Signore quando asciuga i piedi. Sanremo, per tornare alle origini. Ho conosciuto il vescovo, Antonio Suett. Per me un fratello. Molto vicino ai suoi preti. Il vero pastore che cura le pecore. Ho grande ammirazione per lui. Conoscerlo è stata un’illuminazione.
Senti che ti parla con le parole di Dio. Ti parla di vangelo. Di esperienza di Cristo vissuta in prima persona. Come diceva il Beato Rosario Livatino: “Non ci verrà chiesto quanto siamo stati credenti, ma quanto siamo stati credibili”. Sanremo è la mia terra, la mia casa. La mia chiesa».