“CETTO LA QUALUNQUE È SEMPRE TRA NOI" - ANTONIO ALBANESE: "SIAMO MESSI MALE. ABBIAMO UNA SINISTRA DEMOCRATICA CHE SI È CULLATA NELLE IDEOLOGIE, PER POI RITROVARSI IN RITARDO RISPETTO A QUELLO CHE ACCADE NEL QUOTIDIANO - L'AUMENTO DELLA SOGLIA DEL CONTANTE? QUELLA È UNA DECISIONE SBAGLIATA, COSÌ SI STIMOLANO LE PICCOLE RAPINE" - IN "CONTROMANO", DEL 2018, IMMAGINAVA DI AIUTARE I MIGRANTI RIPORTANDOLI NEL LORO PAESE. “NEL FILM PROVAVO A OFFRIRE UNA SOLUZIONE…”
-Fulvia Caprara per “la Stampa”
La precisazione non è marginale: «Sono uno dei pochi attori cresciuti in fabbrica, mi hanno assunto a 15 anni e ne sono uscito a 22, dal teatro ero ben lontano». Sarà anche per questo che Antonio Albanese non ha mai separato il mestiere d'attore dal suo modo di pensare, anzi, ha trovato il modo per tradurre le opinioni in personaggi amatissimi, scegliendo storie, anche molto comiche, che raccontassero un pezzo d'Italia:
«Nel '97, con Michele Serra, abbiamo scritto lo spettacolo Giù al Nord, si parlava di Eternit, ebbe un gran successo. Un sindaco, dopo averlo visto, decise di levare l'Eternit dai tetti delle scuole del paese». La cultura, il cinema, il teatro, dove è tornato per interpretare il nuovo film di Riccardo Milani Grazie ragazzi (in sala da giovedì), sono, secondo Albanese, modi per «raccontare verità, soprattutto alle ultime generazioni, per far capire loro che viviamo in un mondo ridicolo. Si può sorridere anche affrontando temi importanti».
Nella saga di Come un gatto in tangenziale ha preso in giro i radical chic senza contatto con la realtà. Come vede oggi quella classe politica?
«Siamo messi abbastanza male. Abbiamo una sinistra democratica che si è cullata nelle ideologie, per poi ritrovarsi in ritardo rispetto a quello che accade nel quotidiano. È una battutaccia, ma mi viene di dirla, io alla politica sto come Polifemo allo strabismo, nel senso che per me la politica è tutto, anche il modo con cui si alza un bicchiere, per questo continuo a impegnarmi al massimo nel mestiere che faccio».
In Grazie ragazzi è un attore che fa scoprire il teatro ai detenuti. La cultura salva?
«Certo, sviluppare la cultura fa sempre bene, crea un vortice positivo, migliora la vita. Ho notato con molto dispiacere che, alle ultime elezioni, nessun politico abbia citato, nei suoi discorsi, la parola cultura, lo trovo vergognoso».
Secondo lei che cosa è importante raccontare oggi?
«Mi pare urgente ironizzare su una strana forma di militarismo che stiamo iniziando a subire, ho visto le immagini dal Brasile, mi hanno spaventato moltissimo. La cosa fondamentale è capirsi, parlare del bisogno di solidarietà, amare il territorio in cui viviamo, rispettare le regole, tutte, da quelle che riguardano la differenziata e i parcheggi, e poi stare attenti nell'uso delle parole, coltivare il senso civico, il rispetto degli altri. Dove questo si realizza c'è più serenità. Bisogna iniziare dalle piccole cose, capendo che è un momento storico molto difficile da gestire».
Nel quadro politico attuale c'è ancora spazio per Cetto La Qualunque?
«Cetto c'è, c'è stato, e ci sarà ancora. Vado a passi lenti, ogni periodo ha il suo linguaggio, però ricordiamoci che la commedia dell'arte l'abbiamo inventata noi, e un motivo ci sarà... un po' di tolleranza può esserci, anche se a tutto c'è un limite».
Che ne dice delle polemiche scoppiate sull'aumento della soglia del contante?
«Quella è una decisione sbagliata, così si stimolano le piccole rapine. In certi Paesi, quelli dove il contante non esiste, le rapine non ci sono. Chi propone questi provvedimenti dovrebbe contemporaneamente proporre il rispetto dell'evasione fiscale, così le cose vanno di pari passo».
Il suo prossimo film da regista, 100 domeniche, tocca il tema banche ed economia. Un'altra denuncia in forma di commedia.
«Racconto la storia di un uomo modesto, che ha fatto l'operaio tutta la vita e che, da sempre, ha messo da parte i soldi per far sposare l'unica figlia. A un passo dalla realizzazione del sogno scopre che i suoi risparmi, raccolti con il Tfr e il pre-pensionamento e custoditi in banca, non esistono più.
È una cosa successa sul serio a migliaia di persone che si sono fidate delle loro banche, ho scritto il film con l'aiuto di consulenti ed esperti di economia, in particolare di questo tipo di crack finanziari».
In Contromano, del 2018, immaginava di aiutare i migranti riportandoli nel loro Paese, in Senegal, secondo la formula «aiutiamoli a casa loro». Nella realtà gli sbarchi continuano e i drammi si moltiplicano. Che impressione le fa?
«Nel film provavo a offrire una soluzione dando ai migranti la possibilità di imparare un mestiere e di valorizzare il territorio meraviglioso da cui provenivano, facendolo diventare talmente ricco da spingere noi ad andare da loro.
Era il mio piccolo messaggio, quelle persone non vengono via volentieri dai luoghi in cui sono nate, c'è una disperazione terribile nella loro scelta di andarsene. Contromano era una specie di provocazione, qualcuno, penso ai tentativi di Slow Food, ha provato a trattenere commercianti e coltivatori. Poteva essere una strada interessante da seguire. Invece non è successo niente, i centri di accoglienza sono strapieni, oggi le persone che arrivano in Italia sono costrette a vivere trascinandosi sotto i portici delle nostre città. Servirebbe un movimento europeo capace di fornire delle possibilità diverse da queste».