“DE GREGORI DICE CHE DOVEVO FARE IL PIANISTA E NON QUELLE CAGATE CHE FACCIO. E SICCOME È DE GREGORI GLIELO LASCIO DIRE” – AL VIA DA FIRENZE IL TOUR DI CHECCO ZALONE: “NEL MIO SHOW CI SARA' L’IMITAZIONE DI PUTIN CHE PARLA BARESE, LA CANZONE PER MINA E CELENTANO DAL TITOLO "L'ARTERIOSCLEROSI" E L'IPOCRISIA DI CHI ADOTTA GLI UCRAINI MA NON I SIRIANI. NON HO UN PIANO B DUNQUE LUNGA VITA A CHI PRENDO PER IL CULO" – IL CINEMA? SI SONO MOLTIPLICATI I CONTENITORI, MA I CONTENUTI NON SONO ALL'ALTEZZA. C’E’ TROPPA ROBA” - VIDEO
Paola Italiano per “la Stampa”
«Nel mio show si parla di integrazione, adozione, diritti civili. Mi aspetto polemiche». Sarà serio? «E che se non c'è manco una polemica poi chi viene a vederlo?». Sollievo. Checco Zalone è ancora Checco, anche 11 anni dopo l'ultimo tour teatrale.
Da stasera a Firenze girerà l'Italia con "Amore + Iva", preceduta da tre date zero a Senigallia dove il sollievo è stato tutto suo per l'entusiasmo con cui è stato accolto: perché Checco è ancora Checco, ma i tempi sono cambiati dai suoi esordi, quando l'Italia gli concesse la deroga di poter scherzare - lui soltanto - su tutto quello che vuole. Oggi però una battuta cattiva o infelice può scatenare uno shitstorm da seppellire una carriera. O una battuta non capita, presa letteralmente: l'ironia è la vittima più ricorrente dell'analfabetismo funzionale da social. Checco era arrivato a un passo dal patibolo per "Tolo Tolo", ultimo successo al cinema in cui usava gli stereotipi sul razzismo per ridicolizzarlo, ma a qualcuno è stato necessario spiegarlo due volte.
Checco, ora torna a parlare di migranti. Come?
«L'idea è scattata quando una signora che voleva adottare una famiglia ucraina era disperata perché erano finite. Mi ha detto: "Aiutami, sono rimaste solo le siriane". Volevo parlare dell'ipocrisia un po' borghese che ci ha pervasi».
Parlerà di Putin?
«Lo imiterò. Credo di essere il primo. Un Putin inedito che potrebbe far scaturire polemiche, perché è buono».
Buono?
«Si redime, diciamo».
Non lo vorrà mica rendere simpatico?
«No, calmi tutti. Non buono: che fa riflettere. C'è una citazione chapliniana. Ma nessuna assoluzione».
E in che lingua lo fa parlare?
«In bitontino. Una grammelot di accenti della provincia di Bari che ricordano il russo».
Parlerà di sbarchi?
«Sì, e tiro fuori addirittura Gregor Mendel, il padre della genetica. Anche se quando lo cito nessuno sa di chi parlo».
Diritti civili: cosa dobbiamo aspettarci?
«Racconto la storia di un'adozione da parte di una famiglia arcobaleno in un orfanotrofio di Predappio. Come finirà con il bambino di Predappio? Accetterà il padre?».
Questo governo renderà più facile o più difficile il suo lavoro?
«Più interessante. Quando c'era Berlusconi in auge ha dato da mangiare a sfilze di comici.Mi aspetto tanto».
Qualcosa l'ha già colpita del governo Meloni?
«Non ho visto la tv. Giuro, non è un modo di sottrarmi a una domanda scomoda. Forse mi ha colpito, positivamente, la capacità di comunicazione».
Migranti, diritti. E la questione femminile?
«C'è una parte dello show in cui mi concedo un sano maschilismo, perché abbiamo al governo una donna e il pubblico apprezza tantissimo il sessismo».
Rispetto all'ultimo tour teatrale del 2011 cosa è cambiato?
«Oggi è molto più difficile trovare prede. I personaggi che si danno ai social, che si rendono reperibili, risultano molto meno interessanti. Nel 2011 l'apice dello spettacolo era l'imitazione di Saviano: ma allora era davvero irriverente prenderlo per il culo. Oggi chi puoi prendere in giro senza risultare banale, scontato?».
Le è capitato di scrivere battute che poi ha preferito togliere?
«Sì. C'è un pezzo che abbiamo cambiato. Era una parte molto ardita, l'ho vista in prova e non me la sono sentita di farla, anche per una mia incolumità fisica. Un personaggio di nome deejay Kalashnikov, che parla come parlava quello di Superclassifica Show. Faceva tanto ridere, ma io ho anche famiglia. Però non temo la critica, la polemica, i messaggi sui social: io non ci sono manco, sui social. Anzi, ho capito che questo rende interessante l'oggetto di cui si discute».
Non si è mai pentito di una parodia?
«Quella di Michele Misseri tanti anni fa. Era eccessiva. Dopo ho imparato a limitarmi, a trovare una linea di confine tra ciò che è simpatico e ciò che è inopportuno».
Non ha scelto una strada facile parodiando nello show una canzone tristissima di Enzo Jannacci come "Vincenzina davanti alla fabbrica".
«Ho pensato alle Vincenzine di oggi, che sono le influencer e ho scritto "Vincenzina e lo smartphone". Ma ho scritto anche una canzone per Celentano e Mina, non so perché non l'hanno voluta».
Titolo?
«"L'arteriosclerosi". È la storia di due persone di 80 anni che rinnovano ogni giorno il loro amore perché non si riconoscono. Io l'ho trovata romanticissima».
Ma lei che musica ascolta?
«Il giaaaaas (lo pronuncia così, ndr). E il cantautorato, anche i nuovi, come Mahmood: faccio anche Vasco che interpreta una canzone di Mahmood su armonia degli Angeli. E mi piace tanto Bollani, vorrei essere lui e suonare come lui».
Anche lei però se la cavicchia come musicista.
«Ho passato tutta la pandemia a suonare il pianoforte. Il mio amico Francesco De Gregori, che mi invita spesso a casa sua, dice che dovevo fare il pianista e non quelle cagate che faccio. E siccome è De Gregori glielo lascio dire».
I giovani apprezzano?
«Ho un nuovo personaggio che funziona con i ragazzi, ma hanno riso tantissimo anche sulla parodia del Maestro Muti, pur non conoscendolo».
Sarà in tour per un anno, e c'è tanta attualità nello show, non teme questi tempi mutevoli?
«Non ho un piano B, quindi lunga vita a tutti quelli che prendo per il culo».
Perché Amore+Iva?
«John Lennon scrisse che l'amore che dai è uguale all'amore che prendi: è lo schema dell'Iva, questa la mia intuizione drammaturgica».
Quindi nessun problema con Equitalia?
«Tutto benissimo. I conti con il fisco li ho sistemati con i soldi guadagnati agli esordi».
È molto ricco?
«L'unico bene di lusso che ho è un pianoforte Fazioli. Mi hanno detto che lo abbiamo solo io e Pippo Baudo. E con questo show avrei potuto guadagnarci di più».
Cioè?
«Ho scelto i teatri invece dei palazzetti, è stata una volontà che Lucio Presta ha rispettato: volevo stare più vicino al pubblico, nei palazzetti gli spettatori ti vedono su uno schermo».
E la crisi del cinema? Moretti parla di tanti film brutti, lei come la vede?
«Si sono moltiplicati i contenitori, ma forse i contenuti non sono all'altezza. C'è troppa roba. Io vedo mia madre, donna analogica di 70 anni, che va su Prime, Netflix Ma sono cazzi loro, io adesso mi occupo di teatro».