“DICEVANO CHE ERO IL PRIMO PUNK IN ITALIA. HO CANTATO CONTRO LA GUERRA, CONTRO IL PAPA, E PURE ME STESSO” – BENNATO AL QUADRATO! – “HO INIZIATO DOPO CHE SCRISSI DEI PEZZI E MI MISI A SUONARLI DAVANTI ALLA RAI. UN DIRETTORE MI NOTO’ PORTO’ A UN FESTIVAL DOVE L’INTELLIGHENZIA DI SINISTRA PENSAVA CHE POTESSI RAPPRESENTARE L’INSODDISFAZIONE GIOVANILE. NEL ’73, ERA CONCESSO SFOTTERE IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, ANZI, ERA UNA NOTA DI MERITO” – GLI SCONTRI CON I “FIGLI DI PAPA’” AI CONCERTI, L’INCONTRO MANCATO CON IL RATZINGER PERCHE’ SI E’ SVEGLIATO TARDI E “NOTTI MAGICHE” “NON VOLEVO NEMMENO FARLA…”
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Estratto dell’articolo di Candida Morvillo per il “Corriere della Sera”
[…] Alle quattro di notte, Edoardo Bennato […]77 anni, è nel pieno di un tour, ha appena fatto due ore e mezzo di concerto saltando che neanche Mick Jagger.
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Quindi? Come fa a stare così in forma?
«Potrei dire: lo sport. E in più, appena percepisco che qualcosa non mi quadra, lo evito. A 15 anni, trovai quegli oggetti strani: le sigarette. Ne provo una e dico: che schifo. E tutti: sì, ma poi ti abitui. Siamo un pianeta di masochisti. Io sono punk e isterico perché vivo in una società che si dice acculturata, si vaccina e poi si fa male in modo violento, con alcol, fumo, droghe…».
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Lei si era appena laureato, però non si mise a fare l’architetto. Perché?
«Perché, a Londra, mi ero costruito un tamburello a pedale come gli artisti di strada. Scrissi dei pezzi punk e mi misi a suonarli davanti alla Rai: […] Passa un direttore della Rai e mi porta a un Festival a Civitanova Marche dove l’intellighenzia di sinistra pensò che potevo rappresentare l’insoddisfazione giovanile. M’iscrissi a tutti i festival, facevo quattro o cinque brani compreso Uno buono , sfottò a Giovanni Leone. Nel ’73, era concesso sfottere il presidente della Repubblica, anzi, era una nota di merito».
Stavolta, arriva il successo .
«Ero protetto da una sorta di entità che sovrintende cultura, arte e musica, poi, l’entità si rese conto che non ero controllabile. Ma recriminare non mi è concesso. […]».
L’«entità» l’abbandona perché lei non è ascrivibile né alla destra né alla sinistra, perché, in fondo, in Che bella città spernacchiava sia Faccetta nera sia Bandiera rossa?
«Nel 2016, ho scritto Pronti a salpare , sugli immigrati, e nessuno l’ha fatta sua. O, nel 2003, Fausto Bertinotti disse che tutti avrebbero dovuto ascoltare Bennato, ma pure lì, l’unica cosa che è cambiata è che ora ci sentiamo spesso noi due per parlare di geopolitica. Solo che Fausto divide il mondo in buoni e cattivi, io parlo di umanità adulta e umanità bambina. Sostengo che la famiglia umana delle latitudini dove c’è un’escursione termica forte fra le stagioni ha progredito, dovendo aguzzare l’ingegno per adattarsi ai climi mutevoli, diversamente dall’umanità bambina dove la temperatura è più costante. A partire da Cristoforo Colombo, le due umanità non si sono riconosciute ed è proliferato il razzismo».
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Lei è stato il primo italiano a essere definito punk. Che ne sapeva del punk?
«Era il ’73, pure in America arrivò dopo. Era il mio modo istintivo di non essere definito e di cantare un mondo che non è definibile. Per esempio, “sul giornale c’è scritto puoi fidarti di me. Il peggiore di tutti si è scoperto chi è”. Poi, leggi i quotidiani e ognuno ha il suo cattivo. Io ho cantato contro la guerra, contro il Papa, ho cantato: affacciati affacciati, benedici, guardaci, tanto sono quasi duemila anni che stai a guardare. E ho irriso pure me se stesso. Ho detto che sono solo canzonette e ho scritto Cantautore : tu sei saggio, tu porti la verità ah ah ah».
Nel 1980, fu il primo a riempire San Siro.
«Ho potuto farlo perché ero circondato dai compagni d’infanzia, quelli della scala B, della scala D… Abbassammo il biglietto anche a mille lire, mentre per i Pooh ce ne volevano magari dieci. E facemmo 15 stadi in 30 giorni, mezzo milione di presenze. Invece, negli anni ’70, ai concerti, arrivavano i picchiatori, fascisti pure se non erano di destra. Ci menavano quelli di Avanguardia Operaia, di Lotta continua. A Pesaro, nel settembre ’67, siccome avevamo suonato alla Festa dell’Unità, arrivarono in 15 scandendo: Bennato, Bennato, il sistema ti ha comprato .
Pensavano di farci paura, ma io dissi: chi sono questi scornacchiati? E io e i miei gli saltammo addosso lanciandoci dal palco. I figli di papà se la videro con noi figli di operai. Io mi presi una coltellata alla schiena, ma ogni volta erano pugni, sprangate».
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Della mamma di sua figlia Gaia non si sa niente. State ancora insieme?
«Certo. Gaia, 18 anni, l’abbiamo fatta crescere nell’armonia, infatti, è stupenda, sa fare tutto, è per me quello che è stata mia madre. L’ho avuta a quasi 60 anni con una ragazza che non solo l’ha fatta bella, ma che vive per lei. Suo padre me l’aveva detto: Silvana, da sempre, vuole solo diventare mamma. Io avrei voluto una squadra di calcio, sono pure un esperto di cambio pannolini. Penso che i figli ti aggancino alla realtà».
Perché ha attinto tanto alle favole? Ha usato Pinocchio, Peter Pan, Mangiafuoco…
«Perché c’è nelle favole tutta la schizofrenia di cui le parlavo. Pensi al pifferaio: salva la città dai topi, ma poi la gente non lo sostiene quando il sindaco non vuole dargli il milione che gli ha promesso. Parla della gente che, quando deve far valere i propri diritti, non lo fa».
Com’è nata «Un’estate italiana»?
«Quella sigla d’Italia ’90 non volevo farla, sapevo che non me l’avrebbero perdonata. Giorgio Moroder ci mise la musica, io e Gianna Nannini i testi. L’espressione “notti magiche” la misi io, ma era dell’amico Gino Magurno. La frase “e dagli spogliatoi escono i ragazzi siamo noi” è di Gianna. Avevo ragione, comunque: un critico musicale mi disse che ero stato un eroe finché non mi ero messo a sgambettare col pallone».
Ora, alle quattro, lei, quanti anni si sente?
«Come dice mia figlia, sempre 55. Lo disse pure a papa Ratzinger quando fu ricevuta. Padre Georg le chiese dov’ero. E lei: ha fatto tardi e non si è svegliato, pensa di avere sempre 55 anni».