“ALLA FENICE L’OFFENBACH DI MICHIELETTO È UNO SPETTACOLO ECCEZIONALE” – MATTIOLI: “PECCATO CHE SUL PODIO FRÉDÉRIC CHASLIN VADA IN SENSO CONTRARIO. RESTA L’INSOSTENIBILE PESANTEZZA DELLA SUA ORCHESTRA E LA RIDUZIONE DEI MILLE COLORI DELLA PARTITURA A UNO SOLO..." - P.S: “IL GRIGIORE PROVINCIALE DEI TEATRI ITALIANI HA FATTO SPARIRE DALLE NOSTRE SCENE LE SUBLIMI OPÉRA-BOUFFE DI OFFENBACH, E VABBÉ, NON VE LE MERITATE, SORBITEVI PURE LA TREMILIONESIMA TRAVIATA”
-Alberto Mattioli per il Foglio - Estratti
Michieletto laughs!, come la Garbo, in questa produzione internazionale dei Contes d’Hoffmann di Offenbach, alla tappa veneziana dopo Sydney e prima di Londra e Lione, gran prima stagionale della Fenice onorata dalla presenza del presidente della Repubblica. Nell’incompiuta opera terminale, il “geniale buffone”, il “Mozart degli Champs-Elysées” (copyright rispettivamente di Nietzsche e di Rossini) spinge l’ironia fino alla tragedia; il riso è disperato e il pianto divertente; il cabaret diventa dramma e viceversa: tutto pane, anzi baguette, per i denti di Michieletto, al suo meglio sia come padronanza tecnica sia come visionarietà interpretativa.
L’opera è, in effetti, il Bildungsroman del protagonista. E dunque un vecchio Hoffmann un po’ barbone ricorda i tempi in cui era un ragazzino innamorato della compagna di scuola (Olympia, esilarante) e con il cappello d’asino in testa quando scopre, buon ultimo, che si trattava di un automa. Poi è un giovane in love con l’étoile Antonia, qui ballerina malata alle gambe e costretta alla sedia a rotelle, e infine uomo fatto, in tutti i sensi, nell’atto di Giulietta, che resta una cortigiana in lamé.
Se superDamiano dà il meglio moltiplicando le idee e facendo recitare anche i sassi, il resto della squadra diverte e si diverte: le scene di Paolino Fantin sono il solito capolavoro architettonico, Carla Teti mette i diavoli metà nudi e metà in paillettes, le luci di Alessandro Carletti come al solito “raccontano” anche da sole e le coreografie di Chiara Vecchi sono un capolavoro di ironia.
Spettacolo eccezionale. Peccato che sul podio Frédéric Chaslin vada in senso contrario. Il meglio che si possa dire è che dirige un po’ meno male che la stessa opera alla Scala e il Faust qui. Resta l’insostenibile pesantezza della sua orchestra e la riduzione dei mille colori della partitura a uno solo: il grigio.
(...) Accoglienze trionfali sia alla prima di parata sia, soprattutto, alla bombatissima matinée della domenica.
P.S.: il grigiore provinciale dei teatri italiani ha ormai fatto sparire dalle nostre scene, semmai ci siano salite, le sublimi opéra-bouffe di Offenbach, quelle che gli stolti chiamano operette, e vabbé, non ve le meritate, sorbitevi pure la tremilionesima Traviata uguale alle 2.999.999 precedenti. Ma è incredibile che non si sia trovato uno straccio di editore per tradurre la monumentale biografia di Jean-Claude Yon pubblicata da Gallimard ormai tredici anni fa, e che finalmente rende giustizia a quel gran genio di Jacques Offenbach….