“IL GOVERNO CAMBI REGISTRO: STOP AGLI ANNUNCI DI NOTTE" - GIANLUCA COMIN SPIEGA COME COMUNICARE (E BENE) IN UNA FASE DI EMERGENZA ESTREMA - "NELLA CRISI AGGIUNGERE INCERTEZZA SU INCERTEZZA PROVOCA ANSIA, RABBIA E RIBELLIONE. UNA ESCALATION CHE IL GOVERNO NON SI PUÒ PERMETTERE. BASTA POCO E GLI APPLAUSI DELL’OPINIONE PUBBLICA SI TRASFORMANO IN PROTESTE. I LIKE IN CRITICHE....
-Alessandro De Angelis per huffingtonpost.it
Houston, abbiamo un problema. Non voglio fare un discorso politico, ma semplicemente di comunicazione, in una fase di emergenza estrema. Gianluca Comin, presidente e fondatore di Comin & Partners, lei è un grande esperto: possiamo dire che il video notturno di venerdì notte, l’annuncio di Conte senza provvedimento, passerà alla storia come un moltiplicatore di ansia collettiva?
Ma guardi, stando solo alla comunicazione, perché nel merito della decisione non entro, non può non stupire il fatto che si sceglie sempre un orario che non aiuta le persone a metabolizzare al meglio le decisioni. In questa crisi non è la prima volta che il Governo comunica di sera, persino di notte, al termine di giornate concitate di informazioni e notizie, servizi televisivi a rullo e commenti di ogni tipo.
Anche secondo me, la notte è un elemento centrale, perché rivela un certo disordine istituzionale. Per tutto il giorno si rincorrono gli spifferi, poi arriva la comunicazione notturna, in certi casi a frittata fatta, come nel caso della famosa bozza che ha favorito l’esodo al sud di potenziali contagiati. Andiamo oltre l’orario però.
In situazioni come queste, e mi creda non c’è memoria nei manuali di comunicazione di crisi di epidemie così gravi ed estese, è fondamentale la chiarezza e la fiducia delle persone.
Nell’ultima decisione di stringere ancora le maglie della produzione, la modalità di annuncio è stata certamente un po’ discutibile. Comunicata alle 23.30 in maniera non del tutto definita e senza il supporto di tabelle e norme. Fin da subito ha provocato un rincorrersi di richieste e commenti su chat e social per sapere se il mio settore entra nel blocco, se posso aprire lunedì, se i miei fornitori possono lavorare, se le manutenzioni degli impianti sono garantite, se devo lasciare a casa i dipendenti. Si è amplificata l’incertezza e l’incertezza purtroppo è il sentimento dominante in ogni crisi, piccola o grande che sia.
L’incertezza legata anche alla indeterminatezza temporale di questa crisi, che riguarda sia gli individui, sia il destino del mondo produttivo, in quello che è probabilmente un cambio d’epoca. Quale è la comunicazione adatta in fase di crisi? Dia un consiglio.
Dire la verità. È semplice. Dire quello che sappiamo con semplicità, ma anche quello che non sappiamo e che aspettiamo che la scienza chiarisca. Dobbiamo evitare l’incertezza su quello che dipende dalle nostre decisioni. A volte la comunicazione va più in fretta della capacità di realizzare quanto promesso e questo crea angoscia nelle persone che non distinguono tra l’annuncio e la possibilità di ottenere quanto annunciato: pensiamo al rientro dei nostri connazionali con il sito Alitalia in crash, l’autodenuncia di chi pensa di essere contagiato e i numeri verdi intasati o, da ultimo, la chiusura delle attività produttive senza dire precisamente quali.
A mio giudizio c’è un problema a Palazzo Chigi, che si chiama ossessione da Grande Fratello, per cui conta il format e più la situazione si avvolge su se stessa più si gioca con questo format, fino al punto in cui, come appare evidente, si smarrisce il rapporto col paese ed è il format a controllare te, e non viceversa, il video per il video.
Ho letto la sua analisi. Non voglio dare giudizi sommari perché certe vicende bisogna viverle da dentro il Palazzo. Tuttavia, in situazioni così difficili e gravi bisogna mettere da parte il tatticismo e guardare solo all’obiettivo, che in questo caso è combattere il virus senza piegare il Paese e gli italiani.
Insomma, in una fase di emergenza occorrono disposizioni certe, una catena di comando essenziale, una comunicazione chiara.
Beh, sì. So che stare al Governo in una fase così non è semplice e che ci sono tanti fattori da tenere insieme, ma nella crisi aggiungere incertezza su incertezza provoca ansia e l’ansia si traduce in rabbia, la rabbia in opposizione e ribellione. Una escalation che non possiamo permetterci. Il Governo non se lo può permettere e il Paese ha bisogno di uscire presto dalla crisi.
Ecco, questo è un punto cruciale. Il Governo gode della fiducia del 70 per cento degli italiani. Che tipo di “fiducia” è? Consenso politico o abbraccio di un popolo che, in preda alla paura si affida a un punto fermo, in questo caso l’istituzione, lo Stato, il Governo?
Non bisogna confondere il supporto politico dal consenso generato dalla fiducia delle persone nel coraggio che Conte ha mostrato fin dall’inizio. In fondo anche Berlusconi toccò vette di consenso mai raggiunte prima in occasione del 25 aprile ad Onna, città martire del nazismo e poi simbolo del terremoto in Abruzzo.
Era il 2009 e fu l’inizio del declino. Dobbiamo essere consapevoli che ora ci avviciniamo velocemente alla seconda fase della crisi, quando i consensi e gli applausi dell’opinione pubblica si trasformano in proteste. I like in critiche.”
Si spieghi meglio.
Non è una situazione certamente facile per il Governo e non voglio cadere in giudizi semplicistici, ma dare un contributo positivo. Deve essere chiaro che capita sempre così: alla prima fase, nella quale le persone si affidano quasi acriticamente, si passa più o meno velocemente a quella in cui le persone si interrogano e se non hanno risposte chiare e convincenti riversano le loro ansie e paure su chi si è assunto in prima persona l’onere di spiegare.
Il Governo ha il volto di Conte. E Conte ha dato la sensazione di rincorrere gli eventi, di essere all’inseguimento della realtà, prima che sia troppo tardi: le prime ordinanze dopo che lo chiedevano le Regioni, poi tutto la confusione fatta sulle corse al parco, poi il lockdown sempre trascinato dalle Regioni.
Il presidente si è esposto in prima persona dal primo giorno e questo gli fa onore. In comunicazione di crisi si deve centralizzare l’informazione ufficiale e usare la fonte più autorevole per diffonderla. Ed il premier certo lo è.
Però?
Però, in una situazione così complessa, avere più voci non sarebbe stato sbagliato. Il resto del Governo si è visto poco o per nulla. Si è lasciato campo libero a decine di esperti e alla Protezione Civile a cui deve andare tutto il nostro supporto e simpatia, ma il bollettino pomeridiano è un appuntamento troppo freddo, i numeri la gente comune non li capisce, non li sa interpretare.
Diceva che una comunicazione basata sui like e non su un discorso di verità al paese rischia, nella seconda fase, di alimentare una rivolta. Il “like” diventa protesta.
In tutte le crisi accade così. Lo sconforto e l’impotenza, altri sentimenti che questa crisi così rilevante accende nelle persone, rischia di trasformarsi in negazione e disobbedienza. Se non considero credibile e coerente il messaggio delle autorità solo la repressione può obbligarmi a non fare di testa mia. E questo, tanto più, in una società libera e democratica, in cui siamo abituati già a rispettare poco le regole. Questo sarebbe devastante per la lotta al coronavirus. Ed è per questo che il Governo secondo me deve cambiare marcia.
Cosa significa cambiare marcia?
Significa entrare in una fase nuova. Significa dare quanto possibile risposte chiare alle domande comuni. Molto è stato fatto e bene, ma ora si apre una nuova fase, forse la più difficile. In comunicazione, la gestione di una crisi breve è già complessa, ma quando il tempo si dilata e settimana dopo settimana non si vede la via d’uscita vanno trovati nuovi messaggi e nuovi metodi.
E dunque?
Fare gli annunci il mattino e non la notte. Dedicare la giornata a spiegare bene cosa significa per ciascuno di noi, lavoratore o meno. Presentare una squadra e non singole voci. Ha notato che non c’è alcun volto femminile? Né nei collegamenti con le Regioni, né alla Protezione Civile, né nel Governo, né nelle Autorità sanitarie. Eppure sarebbe rassicurante. Bisogna poi semplificare i messaggi, anche con l’aiuto di infografiche e con la collaborazione dei mezzi di informazione.
Parliamo della risposta del paese? Nel senso: è un paese che, nei momenti di difficoltà, sa attivare le sue risorse o è un paese con scarso senso civico, che ha bisogno di leggi speciali per non andare a correre in gruppo. O entrambe le cose?
Gli italiani hanno risposto in modo eccezionale. Dalla solidarietà di condominio al diffondersi di iniziative di raccolta fondi, dal numero di medici che hanno raccolto l’appello del Governo alla comunicazione spontanea di tanti cittadini e istituzioni che hanno colmato il vuoto in cui molti sono precipitati con messaggi su scuola, cultura, giochi, attività fisiche in casa e molto altro.
Tutto questo, assieme al lavoro delle forze dell’ordine, dei sanitari, della protezione civile e di tanti volontari, ha senz’altro aiutato a ridurre i sentimenti di paura ed ansia che hanno investito all’improvviso la nostra popolazione. Non dimentichiamo che siamo passati in pochi giorni dagli appelli #L’ItaliaNonSiFerma e #MilanoNonSiFerma a #IoRestoaCasa e al blocco totale.