“HAI SCOPATO? NO - SEI CINTURA NERA DI COME SI SCHIVA LA VITA” – IL ROMANESCO STRASCICATO MA COMPRENSIBILISSIMO DI ZEROCALCARE MANDA IN TILT I POLEMISTI DA DIVANO E I SOLITI ACCHIAPPALIKE SOCIAL. ALLA FINE VIENE IL SOSPETTO CHE DIETRO ALLA VOGLIA DI POLEMIZZARE CI SIA QUEL SENTIMENTO CHE A ROMA SI CHIAMA “ANDARCI IN PUZZA”, INSOMMA UN PO' DI INVIDIA: UN’INVENZIONE STILISTICA E LINGUISTICA DEL TUTTO INEDITA PER LA TRADIZIONE ITALIANA STA AVENDO SUCCESSO, E QUESTA INVENZIONE È ROMANA…
-
Pietro Piovani per “Il Messaggero”
I linguisti hanno sempre spiegato che Roma - per ragioni storiche su cui qui non ci soffermeremo - non ha un suo dialetto. A Napoli si parla il dialetto napoletano, a Torino il torinese, mentre il dialetto romano non esiste: esiste il romanesco, che è una versione alterata, plebea dell'italiano. Se un siciliano o un veneto parlano nel loro dialetto vengono capiti solo dai conterranei, se un romano parla nel suo idioma locale è decifrabile in tutta Italia. Così ci spiega la linguistica, eppure in questi giorni sui social imperversa il dibattito sulla serie televisiva d'animazione di Zerocalcare che, parlando con forte accento romano, è per questo rimproverato di essere incomprensibile “fuori dal Raccordo anulare” (vecchia iperbole che forse andrebbe aggiornata, vista la rilevante quota di popolazione romana che ormai vive oltre il GRA).
Niente di nuovo, già negli anni Sessanta il centralino della Rai riceveva furiose telefonate di protesta dai telespettatori settentrionali quando andava in onda il teatro di Eduardo: “Non si capisce!”. Curiosa lamentela se si pensa che i De Filippo hanno sempre portato le loro messe in scena davanti alle platee del Nord, e con grande successo. Ma oggi queste rimostranze - come in diversi hanno notato - risultano ancora più strane se si pensa che ormai il pubblico si è abituato a divorare film e serie tv in coreano con i sottotitoli.
E invece c'è chi sente il bisogno di farsi tradurre «se beccamo» (“ci incontriamo”), chi sostiene che la caratteristica del romano sia«strascicare le parole» (dimenticando, tanto per fare un esempio, un geniale strascicatore milanese come Enzo Jannacci), e chi ritira fuori il luogo comune della presunta egemonia culturale romana. Alla fine viene il sospetto che dietro alla voglia di polemizzare ci sia quel sentimento che a Roma si chiama “andarci in puzza” (sottotitolo per i milanesi: “aversene a male”), insomma un po' di invidia: un’invenzione stilistica e linguistica del tutto inedita per la tradizione italiana sta avendo successo, e questa invenzione è romana.