“MASS”, DI TUTTO UN POP - NON È UN'OPERA E NEPPURE UN MUSICAL. È CANTATA MA ANCHE BALLATA. SI CHIAMA “MESSA”, MA ASSIEME AL LATINO PARLA ANCHE EBRAICO. E AL CANTO GREGORIANO MESCOLA IL POP, IL ROCK, IL BLUES - RULLO DI TAMBURI, MICHIELETTO PORTA IN SCENA A CARACALLA "MASS" DI BERNSTEIN. COMMISSIONATA DA JACQUELINE KENNEDY NEL 1971, NELL'AMERICA DI NIXON E DEL VIETNAM, DIVENNE UN CASO POLITICO, LETTA COME OPERA PACIFISTA, ANTIPATRIOTTICA. “L'FBI SI CONVINSE CHE LE PAROLE 'DONA NOBIS PACEM' CONTENESSERO UN CODICE CIFRATO” - LA BISESSUALITA' DI BERNSTEIN E IL RACCONTO DELLA FIGLIA NINA - VIDEO

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Paolo Scotti per “il Giornale”

 

michieletto

Non è un'opera e neppure un musical. È cantata ma anche ballata. Sembra un oratorio, ma potrebbe trasformarsi in uno spettacolo. Si chiama «messa», ma assieme al latino parla anche ebraico, e al canto gregoriano mescola il pop, il rock, il blues. «E non basta aggiunge Damiano Michieletto -. In partitura è prevista perfino della musica registrata».

 

Insomma: che diamine è questa Mass, che il 1 luglio debutterà alle Terme di Caracalla in Roma? Una cosa è certa: se c'è un regista ideale per venire a capo del rebus costituito da questo multiforme quanto inafferrabile lavoro, concepito nel 1963 da Leonard Bernstein, su commissione di Jacqueline Kennedy, e mai prima d'ora rappresentato scenicamente in Italia, è proprio il nostro inventore di teatro musicale più complesso, denso e sorprendente: Damiano Michieletto.

 

«Cos' è la Mass? si chiede il regista - Bernstein la definisce pezzo teatrale per cantanti, musicisti e ballerini. Doveva essere una messa tradizionale; poi il grande musicista scosso dall'assassinio di Robert Fitzgerald Kennedy e (si dice) dalla contestazione alla guerra nel Vietnam, alla liturgia latina aggiunse versi suoi, di Arthur Schwartz e Paul Simon, inserì danze e, secondo una moda di quegli anni, anche delle musiche registrate».

 

Spettacolo anticonvenzionale per il più anticonvenzionale dei nostri registi lirici?

MASS di Bernstein MICHIELETTO

«Beh, stavolta è stato Bernstein, ad inventarsi tutto». Almeno un vantaggio, però, l'insolito lavoro lo riserva: stavolta nessuno potrà accusare Michieletto d'essersi allontanato da una tradizione che in questo caso non esiste.

 

«La Mass fu molto criticata, venne letta ideologicamente, pare che il presidente Nixon abbia rifiutato di partecipare alla prima. Ma per me è stato stimolante, e naturalmente impegnativo, misurarsi con un lavoro che sfugge a qualsiasi etichetta, abbracciando generi molto distanti fra loro, secondo uno spirito multiculturale che è tipicamente americano».

 

E obbligando ad un enorme sforzo produttivo: con i suoi ottanta orchestrali, ottanta coristi, venti voci bianche, venti solisti street singer e trenta ballerini, Mass porterà in scena ben duecentotrenta artisti. «Una magnifica opportunità riflette il regista - poter disporre di tante diverse forze all'interno di una sola realtà: il Teatro dell'Opera di Roma».

 

MASS BERNSTEIN 4

Finora rappresentata in Italia solo in forma di concerto, per il debutto dello stesso Michieletto a Caracalla, la liturgia di Mass non prevedede una vera e propria trama. «Solo una traccia, suggerita dalle didascalie».

 

Un Celebrante, interpretato da Markus Werba (mentre l'orchestra sarà diretta da Diego Matheuz) sta per officiare una Messa. Qualcosa glielo impedisce: entra in crisi, solo dopo grandi tormenti arriverà a proclamare «la Messa è finita, andate in pace».

 

«Ho cercato di dare una fisionomia teatrale a questo schema, essenziale ma dal chiaro messaggio ecumenico spiega Michieletto -. Il mondo è diviso: ha bisogno di Dio, e non lo trova. Per questo ho immaginato un muro che attraversa tutta la scena, attorniato da alte gru, ai cui lati siede il coro e sul quale scorrono immagini dei muri che dal Messico, alla Palestina, all'Ungheria - separano gli uomini. Ma anche simbolo di quei muri che noi stessi erigiamo dentro di noi». Durante una festa attorno ad un tavolo, che è anche altare, alcuni street singers cercano di dividere i partecipanti alla Messa, che è invece il rito per eccellenza della condivisione. «Deridono il Celebrante, lo crocifiggono: se davvero sei il Cristo gridano - scendi dalla croce.

 

michieletto mass

Ma altri uomini attraverseranno il muro. Porteranno con sé del grano, mostreranno una luce lontana. il grano della vita. La luce della speranza. Forse della Resurrezione». Nelle sue regie, Michieletto allude spesso a temi cristiani, stavolta evidenti.

 

La domanda insomma è inevitabile: lei è credente? «Ho avuto un'educazione cattolica, vengo da una famiglia numerosa e radicata nel Vangelo. Col tempo mi sono allontanato dalla pratica. Oggi mi considero una persona alla ricerca del mistero della vita. Che va celebrata comunque. Per questo rifiuto l'approccio pessimista, addirittura nichilista, che verso la vita hanno molti miei colleghi». Una fittissima agenda internazionale lo riporterà presto all'opera vera e propria.

 

«Oltre a due prime italiane in ottobre, l'Alcina di Handel a Firenze e il Béatrice et Bénédict di Berlioz a Genova, a marzo allestirò ad Amsterdam la prima mondiale di Animal Farm, che Alexander Raskatov ha tratto da George Orwell. In ottobre avrei dovuto andare anche a Mosca, per l'Angelo di fuoco di Prokofiev. Ma non mi sembrava opportuno. Ho comunicato al Bolshoi la mia indisponibilità. Lo spettacolo verrà posticipato. Di quanto? Due anni, almeno».

 

2 - IN ITALIA «MASS» DI BERNSTEIN «MUSICAL CHE LO FECE SOFFRIRE»

Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”

 

MASS BERNSTEIN

Mass di Leonard Bernstein divenne un caso politico, ed ebbe pessime recensioni. Una messa che non è una messa ma un'opera, un musical, un «happening». Nel 1971 in America divenne un caso politico, e fu sovrastato da cattive recensioni. Ne parliamo con Nina Bernstein, la figlia minore del grande direttore e compositore. Sarà a Roma per la prima italiana in forma scenica di un grande evento, il 1° luglio a Caracalla con l'Orchestra dell'Opera di Roma diretta da Diego Matheuz e la regia di Damiano Michieletto.

 

«Io nel '71 avevo 9 anni. Fu un momento molto doloroso per mio padre. Non c'è pezzo di musica più di quello che dia il senso del suo umanitarismo; pensava che il mondo potesse migliorare con la musica. Era sotto controllo dalle autorità, esisteva il file contro di lui di 800 pagine redatto dall'FBI. Prima, negli Anni '50, gli avevano perfino ritirato il passaporto. Fu costretto a firmare una carta in cui diceva di non essere comunista».

 

Era l'America di Nixon e del Vietnam. L'establishment lesse Mass come pezzo pacifista, antipatriottico.

JACKIE KENNEDY LEONARD BERNSTEIN

«L'FBI, per dirvi l'assurdità, si convinse che le parole Dona Nobis Pacem contenessero un codice cifrato... Jackie Kennedy voleva affidare a papà la gestione artistica del nuovo Centro delle arti a Washington D.C. intitolato a suo marito, J.F.K. assassinato otto anni prima. Papà rispose che avrebbe voluto piuttosto scrivere un pezzo. E così andò».

 

Fu stroncato dai giornali libera a lui vicini, come il New York Times .

«Per lui fu uno shock. Era furioso e depresso. Non gli perdonarono l'eclettismo, dissero che era ossessionato dal mito della gioventù. Per me, è un capolavoro. Dopo si dedicò alla direzione d'orchestra e non scrisse più musica per un bel po'».

 

È stato difficile essere la figlia di Leonard Bernstein?

«Sì, ma è stato un privilegio. Quando i miei fratelli si sono fatti le loro vite, sono rimasta da sola in casa con papà. Io andavo al liceo, ci incontravamo la sera. Aveva una doppia anima, da una parte contemplativa e malinconica, dall'altra estroversa ed esuberante. Mi fece recitare le poesie di Songfest in concerto con lui, e nel disco di West Side Story c'è la mia voce nelle parti dialogate di Maria. Non accettava le regole, e componeva tutte le notti. Era uno spirito libero».

JACQUELINE KENNEDY BERNSTEIN

 

La religiosità «Era un argomento privato di cui non parlava, qui però venne allo scoperto. Suo padre Sam, mio nonno, era praticante ebreo, leggeva sempre il Talmud». È stato difficile, come figlia, accettare la sua bisessualità?

«Nei primi tempi non fu facile accettarlo. Amava mia madre, ma il matrimonio non gli bastava. Ciò che è straordinario è che a un certo punto tornò a casa, passò gli ultimi due anni della vita di mia madre, Felicia, con lei, una regina dell'eleganza a cui avevano diagnosticato un tumore e morì nel 1978, giovane, a 56 anni. Lei scrisse una lettera in cui diceva che non voleva essere la martire di Leonard Bernstein. Ma lo amava».

 

LEONARD BERNSTEIN 2

Oggi Mass ....

«Piacerà per la contaminazione dei generi. C'è canto, danza, recitazione, ci sono richiami al gregoriano, la chitarra, versi di Paul Simon, residui di mio padre in origine destinati a Fratello sole, sorella luna di Zeffirelli, frammenti di liturgia in ebraico e in inglese.E' un progetto folle e ambizioso, un pezzo che riflette la complessità di una società, e al centro c'è la crisi della fede nel XX secolo, tema oggi attualissimo. Le parole di Mass sono il suo autoritratto: Cosa dico non lo sento, cosa sento non lo mostro, cosa mostro non è reale, cosa è reale non lo so».

BERNSTEIN FAMILY
NINA BERNSTEIN
leonard bernstein