“MI DICONO CHE HO UN GATTO MORTO IN TESTA, MA MI SENTO MEGLIO” – FRANCESCO FACCHINETTI, (FIGLIO DI ROBY, VOCE DEI POOH) PARLA DEI SUOI PROBLEMI TRICOLOGICI: “HO PROVATO DI TUTTO PER FERMARE LA CADUTA DEI CAPELLI, FIALETTE E POLVERINE COLORATE. SPORCAVO IL CUSCINO, IMBARAZZANTE. POI HO TROVATO LA SOLUZIONE CON UNA PATCH CUTANEA (UN PARRUCCHINO) E L’HO AMMESSO” – QUANDO LA SORELLA LO CACCIÒ DI CASA, LA TERAPIA DI COPPIA PER COLPA DEL CELLULARE, QUANDO FECE SCHIANTARE LA MACCHINA DEL PADRE E LA CONSULENZA A BERLUSCONI...
Estratto dell’articolo di Giovanna Cavalli per il “Corriere della Sera”
A un concerto dei Pooh di colpo mancò la corrente.
«Dietro il palco c’era questa leva gigante del generatore, con la scritta Off. “Vediamo che succede se la tiriamo giù”, ci siamo detti io e Daniele Battaglia, bambini, afferrandola a quattro mani. Pof . Buio. Silenzio. Abbiamo confessato il misfatto solo dieci anni dopo», si ri-autodenuncia Francesco Facchinetti, 43 anni, conduttore radio e tv, dj, doppiatore (se serve pure attore), imprenditore, cacciatore di talenti e a breve, per non farsi mancare niente, agente di calciatori.
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Anni fa siete partiti per la Lapponia.
«Papà si avvicinò a una renna per accarezzarla e quella gli mollò un calcio in faccia che per poco non perde un occhio. Poi gli organizzai un volo sul girocottero, quella specie di elicotterino che ti costruisci da solo. Funziona. A 300 metri da terra il pilota ha spento il motore lasciandosi precipitare per qualche istante, prima di riaccenderlo. Quel matto di papà si è divertito».
[…] La sua migliore scorreria da baby Unno.
«Dodi aveva una bellissima Golf cabrio parcheggiata in giardino. Spalancai lo sportello, tolsi il freno a mano e restai a guardare l’auto correre e schiantarsi nel bosco. Ringrazio il cielo che nessuno dei miei figli ha ripreso da me». […]
Nascere figlio dei Pooh è stato un marchio?
«Una figata, dai. Però non ho mai osato paragonarmi a papà, lui è una rockstar, un genio della madonna. Lo apprezzavo persino nella fase da punkabbestia, quando ascoltavo i Sex Pistols e frequentavo il laboratorio anarchico. Nessuno lo sapeva, capirai, i Pooh, il simbolo borghese. Quando lo scoprirono fui cacciato».
La cosa più insensata che ha fatto?
«A 18 anni sono partito per Cuba, solo e senza meta. “E ora che faccio?”. Impari ad affidarti alla Provvidenza. E scopri che la vita è piena di sorprese. A Los Angeles, mi sono ritrovato alla festa di compleanno di Quincy Jones che mi suonò al piano Man in the Mirror di Michael Jackson».
[…] Ha condotto quattro edizioni di X Factor. A 43 anni ha capito il suo qual è?
«Non sono un uomo di talento, sono portato a fare troppe cose insieme, però ho un pregio: sono un visionario, riesco ad immaginare prima quello che potrà accadere. Cecchetto l’aveva capito: “Diventerai come me”. Io invece sognavo di essere Jovanotti».
[…] Vive attaccato al cellulare, per questo siete finiti in terapia di coppia.
«Ho smesso di parlare al telefono tre anni fa, comunico solo per WhatsApp, dalle sei del mattino a mezzanotte, spaziando tra fusi orari diversi. Lei si inserisce in questo flusso lanciandomi dietro cose, verbali e no. E io le ricordo: guarda che se sto a casa tutto il giorno poi è peggio». […]
Con la sua ex Alessia Marcuzzi avete allestito una gioiosa famiglia allargata.
«Io e Alessia siamo molto simili, abbiamo una grande considerazione di noi stessi, un forte amor proprio, che ci ha portato a realizzarci nella vita. Se decidi di fare un bambino con una persona, è chiaro che c’è amore, c’è passione, c’è tutto. E tra noi è stato così. Quando è finita, è rimasta una grande amicizia, l’affetto. Resto sempre legato alle persone con cui ho condiviso una parte di vita, ancor più se è la madre di mia figlia. E il nostro obbiettivo era ed è il bene di Mia. Creare una zona protetta ci è venuto naturale».
Sua sorella Alessandra ha raccontato di quando la cacciò di casa, esasperata.
«Mamma mi aveva già buttato fuori e lei mi accolse come un pulcino bagnato. Appena arrivato, lanciai la borsa e spalancai la porta. Prendendo in pieno uno specchio del Cinquecento grosso tre metri che si era comprata con i primi risparmi.
Si ruppe in cinquantamila pezzi, lei si buttò in ginocchio a piangere. Facevo feste su feste, disastri continui, capirai, era una casa in centro a Milano e io avevo 19 anni. I vicini presentarono non so quanti esposti per schiamazzi, la donna delle pulizie fece la spia, svelandole che ci dormivamo in ventidue».
[…] Era stempiato, poi si è ripresentato con il ciuffo e lo ha raccontato ai quattro venti.
«Ho sempre avuto questo problema dei capelli che mi trapanava il cervello. Li perdevo e ho provato di tutto. Fialette, polverine colorate, un disastro, sporcavo il cuscino, imbarazzante. Poi ho trovato la soluzione con una patch cutanea e l’ho ammesso, pazienza se mi dicono che ho in testa un gatto morto, mi sento meglio». […]
Insegnò a Berlusconi i segreti del web?
«Mi aveva scelto come punto di riferimento per la sua discesa in campo digitale e mi convocò ad Arcore. Gli dissi: “Presidente, lei è l’italiano più famoso al mondo, più di Leonardo da Vinci, ma ha meno follower della Boschi”. Si illuminò. Però ero un consulente costoso e alla fine non se ne fece niente».